Alla scoperta delle “learning cities”, dove si sposano l’innovazione e l’inclusione

Articolo del 16 Ottobre 2021

Si svolgerà dal 27 al 30 ottobre, a Yeonsu, in Corea del Sud, la quinta conferenza internazionale del Global Network delle Learning Cities dell’Unesco. Ad annunciarlo a «Trieste Next» è stato Raùl Valdés, team leader della rete Unesco delle città che apprendono: si tratta del network internazionale che promuove la cultura dell’apprendimento continuo nella convinzione che sia questa la strada in grado di creare le fondamenta per lo sviluppo sociale, culturale ed economico. E che sia anche uno strumento essenziale per costruire «una società più equa e sostenibile», ha ribadito Valdés, anticipando che la conferenza – dal titolo «Dall’emergenza alla resilienza. Costruire città sane e resilienti attraverso l’apprendimento» – sarà un’occasione per riflettere sul ruolo delle città nel fare fronte all’attuale crisi sanitaria.

In collegamento da Amburgo, dall’Institute for Lifelong Learning dell’Unesco, Valdés ha ricordato che «229 città da tutte le regioni del mondo fanno parte del network: metropoli e piccole cittadine che fanno leva sulla formazione continua per affrontare le grandi sfide globali dell’emergenza sanitaria, del cambiamento climatico, della precarietà lavorativa…

Il ruolo delle città nel promuovere e nell’affrontare i cambiamenti necessari per perseguire gli obiettivi di sostenibilità, inclusività e maggiore benessere economico e sociale è stato anche al centro del dibattito che, in occasione del Festival della scienza di Trieste, ha visto sullo stesso palco i rappresentanti di due «learning cities» italiane: Fermo e Trieste (lo sono anche Torino, Palermo e Lucca), le quali hanno condiviso iniziative ed esperienze che concorrono a promuovere l’innovazione sociale attraverso il volano della cultura.

A Fermo, per esempio, «il percorso di learning city passa anche attraverso «Fermhamente», ha puntualizzato Mauro Labellarte. «E’ il festival che da cinque anni punta al coinvolgimento di tutte le fasce di età con iniziative che invitano a fare esperienza diretta della scienza attraverso una contaminazione dei saperi e mettendo al centro dei laboratori l’hands-on, vale a dire la possibilità di provare e sperimentare». «Quest’anno il festival torna dal 18 al 24 ottobre», ha ricordato il direttore scientifico Andrea Capozucca, e con laboratori, spettacoli, mostre e conferenze trasforma tutta la città in un’aula fuori dall’aula, in uno «strumento», un’opportunità a disposizione della comunità che apprende.

Essere una «learning city», ha sottolineato Carlotta Cesco, project manager del progetto «Learning City» del Comune di Trieste, significa adottare politiche per lo sviluppo urbano che pongono al centro l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, investire nei tre livelli di istruzione (formale, non formale e informale) e, inoltre, mettere la comunità al centro del processo di cambiamento. Un impegno che Trieste porta avanti con il suo sistema di centri di ricerca e alta formazione, con iniziative che portano la scienza in piazza, con i suoi musei – «l’Immaginario Scientifico non solo accoglie i visitatori nella sua sede in Porto Vecchio ma va nelle periferie cittadine e nelle aree interne per intercettare chi non è solito andare nei musei» – e con i ricreatori comunali.

Si tratta – ha ricordato Isabella Herlinger, coordinatore pedagogica del servizio Ricreatori comunali – di strutture gestite dal Comune che accolgono ogni pomeriggio centinaia di ragazzi e ragazze, bambini e bambine. «Sono laboratori di apprendimento molto particolari: un servizio dedicato al tempo libero, anche se si avvale da alcuni decenni del servizio di doposcuola. Sono laboratori di relazione. Al centro delle attività c’è, infatti, il gioco cooperativo».

Strumenti, dunque, per rafforzare il tessuto sociale e promuovere l’inclusione. La formazione, del resto, è un elemento fondante per promuovere l’inclusione sociale, sostenere il percorso di crescita dei cittadini e favorirne l’inserimento nel mondo del lavoro: lo ha sottolineato Ketty Segatti, vicedirettrice centrale della Direzione lavoro, formazione istruzione e famiglia della Regione Friuli Venezia Giulia, ricordando che «le politiche regionali per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita hanno come faro di riferimento gli indirizzi europei e il Fondo Sociale Europeo rappresenta lo strumento principale per sostenere queste politiche». Quando si parla di apprendimento permanente – ha concluso – la formazione sta al centro e, secondo gli indirizzi europei, è finalizzata a supportare le persone, affinchè si dotino delle competenze necessarie per affrontare il mercato del lavoro, in un’ottica di inclusività.

 

Fonte: La Stampa

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