Che cosa può svelare della nostra salute una semplice stretta di mano

Articolo del 19 Gennaio 2021

Una ricerca pone l’accento non sui più scontati significati psicologici del gesto, ma sull’opportunità che ci aiuti a identificare disturbi organici già presenti e sottovalutati.

Che una stretta di mano possa dire molto sul carattere di una persona è opinione piuttosto comune, che possa dire molto anche sulla sua salute, magari pure quella futura, è meno scontato.Non si tratta certo di un invito a darci la mano, un gesto assolutamente proibito in tempo di epidemia Covid, ma delle conclusioni cui è giunta una recentissima ricerca, condotta ad Adelaide in Australia, dalla Flinders University. Lo studio suggerisce infatti l’idea che la forza della stretta non dipenda tanto o soprattutto dalla potenza muscolare, ma dal modo in cui si dorme che ha, come noto e anche ovvio, conseguenze notevoli sulla nostra salute in generale.

Quando la «presa» è debole

Insomma potreste assomigliare perfino a Schwarzenegger giovane, ma se soffrite di apnee del sonno la vostra «presa» potrebbe essere comunque debole. La ricerca (che rientra in Mailes, acronimo di Men Androgen, Inflammation, Lifestyle, Environment, and Stress, e cioè Uomini, androgeni, infiammazione, ambiente e stress, un’analisi longitudinale di 15 anni, nata per esaminare il legame tra stretta di mano, muscolatura e apnee del sonno, condotta ad Adelaide, nel Sud Australia) ha analizzato seicento uomini tra i 40 e gli 88 anni di età.

Poco ossigeno in circolo

Secondo gli autori, la scarsa forza della stretta potrebbe essere dovuta alla riduzione dell’innervazione periferica e a disfunzioni dell’endotelio (il tessuto che riveste l’interno dei vasi sanguigni), legate alla riduzione dell’ ossigeno circolante nel sangue, per via delle apnee notturne, ma anche a un’ infiltrazione di grasso nei muscoli ( da notare che chi soffre di apnee del sonno è in genere sovrappeso oppure obeso).

In attesa di conferme

Gli stessi autori dello studio, pur avendo eliminato elementi confondenti, come l’abitudine al fumo, la mancanza dai esercizio fisico, l’esistenza di specifiche patologie, ammettono però che saranno necessarie altre ricerche per confermare il legame tra apnee del sonno, ipossiemia (che include tutti i periodi di tempo con meno del 90% di saturazione di ossigeno nel sangue e quelli passati con le vie aree completamente chiuse, e cioè in apnea), muscolatura e forza della stretta di mano. Ricordano però che le apnee del sonno non sono rare: nello studio ne soffriva , in forma moderata o grave, un quarto dei partecipanti, in Italia ne soffre circa il 10 per cento degli adulti.

Il parere dell’esperto

Con i limiti appena citati, si può davvero arrivare a una diagnosi tramite una stretta di mano? E a ricondurla anche, o soprattutto, a difficoltà respiratorie notturne? «L’idea — commenta Nicola Montano primario di Medicina interna al Policlinico di Milano e professore ordinario di Medicina Interna dell’ Università Statale di Milan — di far diagnosi attraverso una semplice stretta di mano è senz’altro interessante, ma à un modo, solo più accattivante, per dire che stiamo misurando – al di là delle suggestive speculazioni fatte nello studio australiano – la forza muscolare di una persona. Questo semplice test, noto con il termine inglese di handgrip si esegue utilizzando un dinamometro a forma di manopola, che contiene una molla allo scopo di opporre resistenza. Stringendo la mano, la si tira indietro: quanta più forza di riesce ad impiegare, tanto più sale il punteggio. Si possono misurare così sia la forza massima che si è in grado di esercitare, sia per quanto tempo si riesce a mantenere una certa forza. Questo test ci fornisce delle importanti informazioni sullo stato funzionale non solo dei muscoli della mano ma anche sulla muscolatura in generale».

Informazioni limitate

Questo esame viene normalmente utilizzato nella clinica?
«In maniera molto limitata e mai per fare diagnosi. Vi si ricorre in ambito riabilitativo, quando si debbono valutare la forza residua o il recupero di forza dopo un trauma. Sono test che si utilizzano soprattutto in ambiente sportivo per la stesura di un programma di allenamento, specie in discipline in cui l’uso della mano, è correlato con la prestazione da svolgere».

Le possibili cause

Quali possono essere, oltre a quelli respiratori, i problemi che indeboliscono la stretta di mano?
« Il panorama delle possibili patologie è molto vasto: da quelle “locali” osteomuscolari, come l’artrosi e la tendinite, a quelle neuromuscolari come la miastenia, le distrofie muscolari, a quelle immunologiche come l’artrite reumatoide e neurologiche come l’ictus. Poi esiste anche una debolezza psicogena (ad esempio nell’isteria) o quella legata ai processi di invecchiamento. Quindi possiamo dire che si tratta d i un segno piuttosto diffuso ma molto poco specifico» .

I limiti del «test»

È azzardato pensare che una stretta di mano poco vigorosa, specie se si è già nella mezza età, fatte salve le differenze tra sessi, possa segnalare un problema che tenderà a manifestarsi i in futuro? O sia comunque indice di poca vitalità e quindi di una vecchiaia più difficile?
«Direi che è azzardato visto che non ci sono studi che abbiano definito degli standard assoluti di normalità e quindi possano supportare l’utilizzo clinico-diagnostico. È poi esperienza molto comune constatare che pure persone ancora giovani possano avere una stretta meno vigorosa di persone più anziane, senza che vi sia alcuna implicazione patologica».

Ieri e oggi

Ultima domanda: la nostra stretta di mano, in generale, si è rafforzata o indebolita negli anni?
«Non abbiamo nessuna dato disponibile. Se dovessi rispondere d’intuito. mi verrebbe da ipotizzare che la stretta si sia indebolita, ma non perché siamo tutti malati, o potenzialmente tali, ma perché, almeno nel nostro mondo altamente industrializzato, i lavori che richiedono il ricorso alla forza fisica sono oramai pochi: per muovere un mouse non serve l’energia invece indispensabile per maneggiare una vanga».

 

Torna in cima