Covid, nuovi parametri per calcolare come viaggia il virus.

Articolo del 28 Ottobre 2020

A guidarci e orientarci nella lotta alla pandemia da SARS-CoV-2 possono essere teorie ed esperimenti, seppur geniali, datati 1907 e 1930? Un articolo apparso ora su International Journal of Multiphase Flow che affronta il meccanismi di trasporto di gocce da un soggetto contagiato a un soggetto potenzialmente contagiabile (host-to-host airborne transmission) sembra sbatterci in faccia questo interrogativo. Le attuali linee guida sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici (ad esempio ristoranti, scuole o teatri ) in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2 si basano su quei dati ed esperimenti.

L’articolo che propone un nuovo aggiornato modello e nuove misurazioni e calcoli della meccanica dei fluidi, è frutto del progetto internazionale di cui fa parte l’Università di Tecnologia di Vienna con il professor Alfredo Soldati, l’università della Florida, la Sorbona di Parigi, la Clarkson University e il MIT di Boston con la professoressa Lydia Bourouiba. “Un esperimento di uno scienziato inglese del 1930, far starnutire una persona su un vetro e calcolare il diametro di grandi e piccole gocce su quella macchia, in maggioranza gocce intorno ai 10 micron, è ancora alla base di documenti internazionali – si sofferma Soldati –  così il modello che riguarda il tragitto e l’evaporazione delle goccioline emesse esalando o starnutendo è del 1907”.
“La comprensione corrente – continua il professore – ipotizza che, una volta a distanza tale per cu le gocce grandi siano cadute a terra (1 metro circa) le gocce piccole siano tutte evaporate e quindi non presentino più pericoli. Tuttavia, in tutte le gocce emesse da una persona infetta ci sono tracce di muco e con esso di virus – una proteina – pertanto di un fluido complesso. In effetti, una volta evaporata l’acqua, la goccia non scompare ma si trasforma in una particella di aerosol, una particella simile alle “inquinanti” polveri sottili. Insomma, la dinamica dell’aerosol è assai complicata”.
Quel che si vede, anche dai fotogrammi degli esperimenti e dagli attuali tracciamenti, è un pulviscolo di goccioline. Alcune di queste non sono arrestate per esempio anche dalle comuni mascherine in cotone. Uno starnuto produce particelle più pesanti, che sono intercettate dalle mascherine o che, per effetto della gravità, arrivano subito a terra e una quantità di goccioline piccole che, dopo evaporazione continuano a fluttuare nell’aria distribuendosi nell’ambiente e muovendosi ad ogni corrente d’aria.

Pericolo nei luoghi chiusi

Quando si sta all’aperto gli aerosol non sembrano essere temibili, tranne il restare lungo tempo con una persona infetta non rispettando le norme precauzionali. In una tipica situazione reale una particella contenuta nella saliva impiega del tempo, alcuni calcolano in media 15 minuti, a cadere a terra. Così è probabile che si venga in contatto con il virus, per esempio in un ascensore precedentemente utilizzato per un breve periodo da soggetti infetti. Fortemente problematici sarebbero – avvertono gli studiosi – ambienti chiusi con alta umidità relativa come aule per incontri, anche nelle scuole, poco ventilate. E in inverno è peggio per l’umidità relativa.

Presidi fondamentali

Mascherine e distanziamento restano un presidio fondamentale, trattengono le gocce più grandi e quindi con maggior presenza di virus, ma questa seconda ondata nonostante il diffuso uso di mascherine e di distanziamento può forse dipendere dal meccanismo di contagio via aerosol”, continua il professore.È tempo di adattare i modelli alle ricerche più recenti per meglio comprendere la propagazione di CoVid 19, la concentrazione o carica virale alle diverse distanze e tempi. E permettere così scelte anche di politica sanitaria più corrette.

Sperimentare e capire

“Per modelli sempre più precisi – insiste Soldati – occorrerebbe sapere anche quanto virus è contenuto nel nostro muco, con ovvie variabilità personali, e su questo vedo scarsi dati. In più c’è la questione del grado di umidità che cambia i tempi e la permanenza in aria del mix di gas, liquido e virus. Anche quando le gocce d’acqua sono evaporate rimangono aerosol che possono contenere il virus. Le maschere, ripeto, sono utilissime per fermare le gocce più grandi, come è importante la distanza. Ma i nostri risultati mostrano che il virus ha ed ha sempre avuto meccanismi di trasferimento indiretti, più subdoli. Con i modelli ora presentati e le simulazioni che stiamo sviluppando è possibile calcolare la concentrazione di aerosol a differenti distanze e in tempi diversi. Serve proprio questo tipo di comprensione, oltre agli studi di virologi ed epidemiologi, per scelte e decisioni così delicate che incidono sulla nostra salute e sulla vita di tutti i giorni”.

 

Fonte:  La Repubblica