Covid. Siamo nel punto più critico di una svolta epocale.

Articolo del 21 Ottobre 2020

Abbiamo superato i 10.000 nuovi casi ed il bollettino giornaliero della protezione civile segna nuovamente decine di morti ogni giorno. Ci sembra di essere ripiombati nell’incubo di Marzo ma in realtà bisogna avere ben chiare le differenze tra questa seconda ondata di contagi e la prima.

Nella prima ci siamo trovati ad affrontare senza armi un nemico sconosciuto che in pochi mesi ha portato via 36.000 nostri concittadini ed ha stravolto le nostre esistenze ed il nostro mondo. Non avevamo Dispositivi di protezione individuale, non avevamo protocolli di presa in carico e cura domiciliare, non sapevamo che la malattia evolvesse attraverso diverse fasi (una preclinica di replicazione virale, una infiammatoria e una vascolare) e richiedeva quindi un approccio terapeutico adeguato e quanto più precoce possibile.

Oggi sappiamo che per arginare i contagi è fondamentale rispettare il distanziamento sociale, usare le mascherine e detergere accuratamente le mani. È anche importantissimo mettersi in isolamento in caso di sintomi da raffreddamento. Non ci sono luoghi a rischio ma comportamenti a rischio. Dobbiamo trasmettere ai cittadini la consapevolezza che se si rispettano le dovute precauzioni è difficile contrarre e trasmettere questa infezione, e si possono continuare quasi tutte le normali attività sociali e lavorative.

Il panico e la paura sono pericolosi perché possono portare le persone a cedere al meccanismo psicologico della negazione, finendo nella rete dei ciarlatani che pensano a questa tragedia come ad un complotto e scatenano un odio sociale verso le istituzioni che se non contenuto può sfociare in un deterioramento di quel rapporto di fiducia già troppo labile tra cittadini e Stato Italiano. Oggi la popolazione si aspetta di sentire dalla scienza delle voci il più possibile armonizzate tra loro ed autorevoli. La scienza, quando si definisce tale, parla con una sola voce e le polemiche tra esperti sono state uno degli aspetti più tristi e sorprendenti di questo tempo.

Certamente la letalità da COVID-19 è molto più bassa che a Marzo/Aprile, soprattutto per la diagnosi più precoce ed il trattamento, se necessario, già alla comparsa dei primi sintomi (ricordiamoci che a Marzo le linee guida per sottoporre un paziente a tampone presupponevano la comparsa di dispnea, già segno di danno polmonare acuto). Chiaramente però con la diffusione dei contagi aumenterà anche il carico ospedaliero e certamente assisteremo ad un aumento della mortalità. Per questo sarebbe importante che le Regioni mettano in atto immediatamente le direttive ministeriali di riorganizzazione della rete ospedaliera e di cure territoriali.

La medicina del territorio non può essere affidata unicamente ai medici di medicina generale ed ai pediatri, ma serve piuttosto una presa in carico multidisciplinare. Devono partire quelle reti di cure primarie e cure intermedie (case della salute, ospedali di comunità) che sono realtà solo in pochissime regioni (non a caso quelle che hanno risposto meglio all’emergenza).

Bisogna mettere in sicurezza le Residenze Sanitarie Assistenziali, dove nella prima ondata si sono verificati molti dei contagi e dei decessi poiché luoghi che ospitano i soggetti fragili che sono i più vulnerabili in caso di infezione. Bisogna riorganizzare le reti ospedaliere prevedendo ospedali covid dedicati con accesso diretto per evitare di trasformare i pronto soccorso ed i reparti ordinari in veri e propri focolai. Non possiamo permetterci di sospendere nuovamente l’attività ambulatoriale e di ricovero ordinaria.

Si stima che la mortalità per mancata diagnosi e cura di patologie non legate al covid salirà quest’anno in maniera esponenziale. Bisogna rafforzare l’opera di testing e tracciamento, per arginare al massimo la diffusione dei contagi. Oggi riusciamo ad effettuare più di 100.000 tamponi al giorno. Appena disponibili i test molecolari rapidi potremo ottenere i risultati in meno di un’ora e questo ci permetterà di controllare con più efficienza i luoghi sensibili (scuole, RSA, ospedali).

Parlare di “lockdown” in questa fase è anacronistico. Bisogna evitare i comportamenti a rischio che creano assembramenti e ridurre al minimo tutte le occasioni di contagio limitando gli incontri non strettamente necessari.

Le scuole, gli esercizi commerciali (inclusi quelli di cura alla persona), i mezzi di trasporto a lunga percorrenza, sono luoghi sicuri se vengono rispettate le misure di sicurezza previste (distanziamento, mascherine, lavaggio delle mani). Vanno invece aumentati i controlli per evitare gli assembramenti all’esterno delle scuole, di sera nei luoghi della movida, nelle sale giochi e bingo; bus e metro non possono riempirsi al massimo della propria capienza e se i numeri dei contagi continuano a salire dovremmo valutare la DAD per gli studenti agli ultimi anni delle superiori e all’università e lo Smart working per i lavoratori che possono lavorare in remoto; il lockdown in questa fase non è la soluzione ideale ed avrebbe effetti collaterali devastanti a livello socio-economico e psicologico.

Ci aspettano mesi complicati ma abbiamo un alleato prezioso che si muove facendo passi da gigante ogni giorno: la scienza.
Sono stati messi a punto diversi protocolli per limitare la sintomatologia clinica ed i danni da covid, prevedendo l’uso di cortisonici, eparina, plasma convalescente, nuovi protocolli di ventilazione. Sono stati testati diversi antivirali contro il virus Sars-COV-2 ed il più promettente sembra essere il Remdesivir, che in un report pubblicato su New England Journal of Medicine a conclusione di uno studio controllato di fase-3 mostra un calo della mortalità del 25%).

Si parla di essere davvero vicinissimi alla produzione di un vaccino, con ormai otto candidati arrivati alla fase 3 della sperimentazione clinica, tanto che il nostro stesso governo ne ha annunciato la disponibilità entro fine anno. In USA sono stati sviluppati diversi anticorpi monoclonali che neutralizzano il legame del virus con il recettore e dai primi dati degli studi di fase 3 si evince una riduzione tra il 72% ed il 85% il rischio di ricovero ospedaliero se somministrati al momento del tampone positivo. Sarà importante fare tutto il possibile affinchè questi nuovi presidi di prevenzione e terapia di COVD-19 possano essere implementati nei tempi più rapidi possibili.

Saranno mesi “lenti”, di trasformazioni sociali che ci investiranno in prima persona e le misure di sicurezza che dovremo rispettare ancora per molto tempo ci ricorderanno a lungo la nostra fragilità ed i nostri limiti. Siamo però nel punto più critico di una svolta epocale e se riusciremo a comprendere come il comportamento del singolo influenza il destino dell’intera collettività allora potremo fare tesoro di questa esperienza e trasformare questa tragedia in opportunità di cambiamento profondo, a tutela della nostra salute e della sopravvivenza del mondo che ci circonda.

 

FonteQuotidianoSanità.it