Dermatite atopica nei bambini. Il terzo incomodo tra genitori e figli. Le indicazioni dei dermatologi.

Articolo del 04 Novembre 2020

La dermatite atopica è la patologia più frequente in età pediatrica e interessa circa il 20% dei bambini tra 0 e 10 anni. Solo in Italia 1 milione di bambini ne è affetto. Secchezza cutanea e prurito intenso sono le manifestazioni più evidenti di questa patologia infiammatoria cronica, a volte talmente invalidanti da compromettere seriamente la serenità del bambino e della famiglia. Sintomi che si traducono nella perdita del sonno dei piccoli e nell’impotenza dei genitori che non sanno come interrompere il loro grattarsi e convivono con la paura che si feriscano.
Insomma, un pericoloso terzo incomodo nel rapporto amorevole tra genitori e figli che può avere serie ricadute sulla qualità di vita di tutti i componenti del nucleo familiare.

A puntare i riflettori su questa patologia Annalisa Patrizi, Professore Ordinario di Dermatologia dell’Università degli studi di Bologna nel corso del 94esimo Congresso della SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse, quest’anno in versione digitale.

“Le cause più frequenti della patologia – spiega – sono la predisposizione genetica all’atopia, le alterazioni della barriera cutanea, l’iperreattività nei confronti di stimoli ambientali e agenti infettivi e infine la risposta infiammatoria. Con l’aumentare dell’età, la dermatite atopica spesso regredisce e si eclissa, ma può ripresentarsi in adolescenza o in età adulta; soprattutto nei pazienti con le forme più gravi ed estese la malattia sovente persiste. Nel bambino con dermatite atopica la barriera cutanea è compromessa e meno efficiente, per cui si osservano spesso infezioni a carico delle aree colpite. Il germe quasi sempre in causa è lo Stafilococco Aureo, il batterio più comunemente riscontrato sulla cute affetta da dermatite atopica – prosegue – presente in più del 90% dei pazienti; nei soggetti sani la presenza si ferma al 5-30%. A volte, inoltre, la dermatite atopica è accompagnata anche da altre patologie che compaiono in un secondo momento e che fanno parte del gruppo dell’atopia come l’asma e la rinocongiuntivite allergica. Patologie, presenti in circa il 30% dei pazienti, che non sempre si associano alle forme clinicamente più gravi di dermatite atopica”.

L’esordio della malattia è molto precoce, inizia prima dei 5 anni in più dell’85% dei pazienti e, nella maggior parte di essi, è presente nei primi due anni di vita: “In alcuni casi può esordire già nei primi mesi come crosta lattea, che dal capo diffonde a livello del volto e delle superfici estensorie degli arti con lesioni di tipo vescicoloso o essudanti. In seguito – aggiunge Patrizi – il coinvolgimento può riguardare le pieghe flessorie, tipicamente coinvolte nella seconda infanzia e nell’adolescenza. Le lesioni, via via che il bambino cresce, divengono croniche, diminuiscono le vescicole, ma la cute diventa secca e spessa, con una accentuazione dei solchi e delle pieghe detta lichenificazione. Il prurito purtroppo accompagna la dermatite in tutte le fasce d’età coinvolte, per cui compaiono anche lesioni da grattamento. Proprio a causa del prurito – prosegue – insorgono anche importanti disturbi del sonno. Il grado di classificazione lieve, moderato o severo della patologia dipende dalla quantità di superficie del corpo interessata, dalla gravità delle lesioni e dall’intensità del prurito che, in alcuni pazienti è costante e persistente durante tutto l’anno, mentre in altri si osservano periodi di remissione più o meno lunghi”.

Bastano questi dati a far comprendere quanto la dermatite atopica possa influire moltissimo sulla qualità della vita non solo del bambino colpito ma anche della sua famiglia, per cui “anche questo aspetto va considerato nella definizione della gravità della malattia” conferma la Prof.ssa Patrizi. Se in una famiglia c’è un bambino che piange per il dolore e per il prurito che lo sfiniscono e gli tolgono il sonno, spesso i genitori assistono impotenti alle sofferenze del bambino perché non sanno come intervenire, hanno paura che si ferisca, vorrebbero quindi coccolarlo ma temono di toccarlo per paura di infiammare ancora di più la pelle ferita e rinunciano con grande frustrazione ad un abbraccio, che è il gesto più rassicurante, avvolgente e consolatorio di un genitore verso un figlio.

Come uscire da questa situazione che rischia di diventare un vortice negativo per genitori e figli? “La gestione terapeutica del piccolo paziente atopico è estremamente complessa – sottolinea la Prof.ssa Patrizi – e la gravità della malattia ‘guida’ in un certo senso la terapia. Bisogna infatti valutare l’intensità del prurito e la presenza o meno di perdita di sonno, l’estensione e la localizzazione delle lesioni e il decorso clinico. Obiettivo principale è risolvere i sintomi acuti cercando di ottenere una stabilizzazione a lungo termine e prevenire le recidive, evitando il più possibile gli effetti collaterali dei farmaci utilizzati. Pertanto, bisogna innanzitutto informare bene non solo i pazienti ma soprattutto i genitori perché siano a conoscenza di come curare la pelle”. Per questo motivo il ruolo dello specialista diventa fondamentale perché deve essere il punto di riferimento soprattutto per i genitori, che devono a loro volta essere una guida e un sostegno amorevole per i loro bambini.
“Le finalità terapeutiche principali sono due – conferma l’esperta – la prima è controllare il quadro clinico della malattia limitando la gravità e la durata degli episodi di riacutizzazione e dei sintomi associati; la seconda è ridurre l’impatto della dermatite atopica sulla qualità della vita dei bambini e delle loro famiglie”.

È infine fondamentale che i pazienti aderiscano perfettamente alle terapie senza deroghe alle prescrizioni dello specialista. E perché questo accada c’è bisogno di genitori lucidi e determinati, che ascoltino il clinico e si pongano in maniera dolce e rassicurante in un percorso che, purtroppo, non è semplice, ma è fondamentale venga seguito con fiducia e dedizione perché, in tal caso, anche la serenità familiare ne beneficerà.

 

FonteQuotidianoSanità.it

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