Cambiamenti climatici, cosa si può fare ancora, sapendo che il lavoro è molto e che ci impone modifiche importanti nei sistemi di produzione, nella struttura delle nostre città, e nel nostro modo di vivere? I 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (SDGs) sono molto ambiziosi e prevedono: fine di povertà e fame, salute e benessere, educazione ed emancipazione, disponibilità di acqua ed energia, crescita sostenibile e innovazione, riduzione delle diseguaglianze, etc. Abbiamo elencato tutti i mali del mondo e questo può sembrare velleitario.

La scienza però accompagna questa Agenda cercando di definire il quadro della conoscenza, capire le priorità, e le politiche attuabili prima che sia troppo tardi. Questo è il compito del Rapporto Speciale Ipcc e di altre istituzioni, quale la Fao, il Who, il Wmo. Questo non vuole dire che tutto si risolverà, ma sicuramente l’attenzione è alta. Dei vari elementi che compongono l’Agenda uno offre uno spunto importante di discussione in un Paese che necessita una rivisitazione profonda delle proprie strutture urbane: rendere le città e gli insediamenti urbani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili. L’Italia vede una popolazione urbanizzata prossima al 70% e 26 città con una densità abitativa superiore a 2.000 persone per km2. Siamo già quindi molto prossimi ai valori attesi entro il 2050 per tutto il globo. Bisogna, inoltre, rimarcare l’estrema fragilità di un territorio complesso ai rischi idrogeologici. Ma questo non è l’unico punto di rilevo, si pensi alla tutela della salute dall’inquinamento, alle acque e ai servizi energetici,  ai rischi legati al clima e ai disastri naturali.

Oggi sappiamo che le città possono dare risposte precise e puntuali a queste problematiche che si sviluppano all’interno del contesto urbano utilizzando le cosiddette soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions, Nbs). In ambito urbano, le principali criticità sono l’isola di calore urbana e le precipitazioni estreme concentrate in poche ore, seguite tendenzialmente da lunghi periodi di scarsità d’acqua che porta all’intensificarsi degli inquinanti nell’aria, dovuti principalmente alle nostre scelte relative a riscaldamenti e mobilità. L’aumento delle temperature e delle precipitazioni estreme, purtroppo, andranno peggiorando secondo quanto afferma l’Ipcc. Le Nature Based Solution, affiancate da apparati tecnologici innovativi o conosciuti, riescono a rispondere ai fenomeni estremi cui le nostre città sono soggette, portandole verso la resilienza. Integrate con strade, piazze, edifici, riescono a risolvere più problemi in un’unica soluzione, per un costo pari se non minore rispetto a quello che si sosterrebbe se si affrontasse ciascun problema singolarmente.

Ma le Nbs non bastano da sole. La politica urbana si deve concentrare su questi problemi in maniera integrata, con una leadership orizzontale dove ogni soggetto, pubblico o privato, compartecipa a ogni scelta, partendo dai principi presenti nelle strategie europee-nazionali e adattandole al luogo (Report Eklipse). Se i cittadini e i cityuser non riconoscono, tutelano, mantengono le Nbs, queste andranno perdute nel breve periodo, con i connessi benefici. Se le persone non si riconoscono con il territorio in cui vivono non si genera l’identità né si attivano i processi di tutela. Per questa ragione è importante pianificare e progettare coinvolgendo tutti i settori contestualmente. Bisogna inoltre completare il quadro operativo con gli strumenti di modellistica che possono aiutare i tecnici e i professionisti nella progettazione pratica della città e del quartiere. Va abbandonato il concetto dell’albero che “sporca”, e va preso in considerazione per gli scambi chimici, fisiologici che ha con il contesto, come elemento di progetto che ci fornisce numerosi benefici, a livello ambientale, economico e sociale.

Il cambio di paradigma è fortunatamente in corso, ma bisogna velocizzarlo, quello che manca ancora a questa cultura lo dimostrano molti viali “alberati” delle nostre città potati con la “capitozzatura”. Senza voler soffermarsi sull’aspetto estetico paesaggistico si pone di nuovo l’accento su quello fisiologico e strutturale della pianta.

 

Fonte: Almanacco della Scienza

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