Nella Giornata mondiale degli oceani, uno studio fa emergere un nesso tra le fioriture di alghe e la diffusione della pratica dell’acquacoltura.

Circa 5.000 specie di microalghe, microscopici organismi fotosintetici che vivono nei mari, costituiscono la base delle catene alimentari oceaniche, aiutano nella regolazione della CO2 atmosferica e producono quasi la metà dell’ossigeno che respiriamo. Ci sono però altre 250 specie considerate dannose per l’uomo e per la fauna marina, perché in grado di produrre potenti tossine che mettono a rischio la salute degli organismi acquatici – e perciò anche la sicurezza alimentare umana – oltre ad arrecare danni semplicemente con la loro presenza (per esempio, perché rendono difficile l’accesso alle acque costiere).

TROPPE, TUTTE INSIEME. A preoccupare in particolare sono le fioriture algali (Harmful algal bloomsHABs), gli eventi di crescita incontrollata che – anche nel caso delle microalghe non tossiche – producono una biomassa vegetale tanto abbondante da ridurre drasticamente i livelli di ossigeno in acqua, otturare le branchie dei pesci, danneggiare i coralli e le piante acquatiche, cambiare il colore dell’acqua e contaminare mari e spiagge con cumuli di materiale vegetale puzzolente in decomposizione.

UNA CORRELAZIONE DA TENERE D’OCCHIO. Da tempo ci si chiede se questi eventi stiano aumentando, quali siano le cause per le quali si verificano e se l’uomo vi stia contribuendo. Un’analisi senza precedenti di quasi 10.000 fioriture algali avvenute negli ultimi 33 anni, condotta dell’Intergovernmental Oceanographic Commission dell’UNESCO, descrive la distribuzione geografica di questi eventi e fa emergere una relazione netta, anche se tutta da approfondire, tra la frequenza con cui si presentano e la crescita dell’industria dell’acquacoltura, cioè l’allevamento controllato di organismi acquatici (pesci, molluschi, crostacei, alghe).

Lo studio, redatto in 7 anni di lavoro da 109 scienziati di 35 diversi Paesi e pubblicato in occasione della Giornata mondiale degli Oceani sulla rivista scientifica Communications Earth & Environment, è stato lanciato in concomitanza con un portale interattivo in cui questi eventi vengono segnalati.

EFFETTI E DISTRIBUZIONE. Questi gli effetti negativi per l’uomo delle 9.503 fioriture algali considerate nello studio: il 48% aveva comportato la diffusione di tossine su animali marini; il 43% aveva provocato un importante aumento della biomassa, decolorazione dell’acqua e un impatto socioeconomico; il 7% aveva causato mortalità di massa tra animali e vegetali; il 2% un impatto di altro tipo, come la produzione di schiuma o mucillagini, sostanze vischiose di origine vegetale, che trattengono l’acqua, gonfiandosi. Le fioriture algali sono andate aumentando in Centro e Sud America, nella zona dei Caraibi, nel Mediterraneo e in Asia settentrionale. Sono rimaste pressoché invariate sulla costa orientale degli USA, sulle coste alantiche dell’Europa e nel sud-est asiatico. Sono diminuite sulla costa occidentale degli USA, in Australia e Nuova Zelanda.

ALLEVAMENTI IN MARE. Gli scienziati hanno anche notato che, nel periodo compreso tra il 1985 e il 2018, la produzione di cibo e alghe in acquacoltura è aumentata di 16 volte, passando in questo arco di tempo da 11,35 milioni di tonnellate a 178,5 milioni di tonnellate globali di organismi marini. I maggiori incrementi nella produzione si sono verificati nel sud-est dell’Asia, in Centro e Sud America, nella zona dei Caraibi, mentre i livelli di acquacoltura in nord America ed Europa si sono stabilizzati. Secondo gli autori del lavoro, il numero di fioriture algali registrate era fortemente correlato, dal punto di vista geografico, con una produzione più intensa di organismi acquatici in quelle stesse regioni del mondo: insieme alla domanda di pesce cresce anche la frequenza di fioriture algali potenzialmente pericolose.

POCHE CERTEZZE. Su questa relazione occorreranno comunque studi più approfonditi. Infatti il maggiore sfruttamento degli allevamenti marini comporta per forza di cose un più attento monitoraggio delle fioriture algali (a tutela della salute dei consumatori) e quindi una maggiore disponibilità di dati. Inoltre, anche se l’eccesso di nutrienti chimici è un effetto collaterale noto dell’acquacoltura, i dati su questo fenomeno non sono ancora abbastanza completi per essere certi di una relazione causa-effetto.

 

Fonte: Focus

LEGGI TUTTE LE ALTRE NEWS