I ricercatori di Labio 4.0 di Pomezia e Università di Roma Tor Vergata hanno messo a punto un anticorpo contro il virus Sars-CoV-2 ottenuto dal sangue dei medici dell’Ospedale di Bergamo infettati durante la pandemia.

Dal sangue di dieci medici e operatori sanitari dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è stato ricavato un nuovo anticorpo sintetico anti-Covid 19 inalabile. Lo sviluppo è stato descritto in un articolo pubblicato dalla rivista scientifica Molecular Therapy ed è frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori del centro polifunzionale di ricerca e sviluppo Labio 4.0 Marino Golinelli di Pomezia dell’azienda italiana Alfasigma e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata.

“Eravamo in contatto con l’ospedale di Bergamo per progetti oncologici e durante la pandemia ci hanno chiesto di provare a cercare soluzioni”, raccontano Rita De Santis e Olga Minenkova del laboratorio di Biotecnologie di Pomezia. “Abbiamo ricevuto dieci donazioni di sangue di medici e operatori sanitari sopravvissuti a Covid-19, ognuno con una storia di malattia diversa”.

“Abbiamo fornito al gruppo di Biotecnologie di Alfasigma un reagente utile per l’espressione della proteina Spike di Sars-CoV-2 che avevamo appena ottenuto dalla Cina e selezionato gli anticorpi più efficaci nel bloccare l’entrata del virus in cellule umane”, spiega Maria Gabriella Santoro, ordinario di Virologia dell’Università Tor Vergata di Roma.

Una volta identificati i tre donatori che avevano sviluppato una risposta immunitaria più efficace contro il virus, i ricercatori hanno utilizzato il loro sangue per isolare geni che codificano per gli anticorpi. “Abbiamo individuato sei anticorpi capaci di neutralizzare la proteina Spike impedendo l’ingresso del virus nelle cellule”, proseguono le ricercatrici De Santis e Minenkova. “Nei topi infettati con lo pseudovirus, l’infezione non era più misurabile dopo 48 ore dalla somministrazione dell’anticorpo mentre nei topi che non avevano ricevuto l’anticorpo o avevano ricevuto un anticorpo non attivo usato come controllo, l’infezione continuava”.

Questi ‘mini- anticorpi’ sintetici sono stati studiati per le proprietà di inibire il legame del virus alle cellule e per la capacità di contrastare l’infezione del virus sia in modelli cellulari che in modelli animali. “Lo studio – spiega Santoro – dimostra che questo anticorpo riconosce una porzione della Spike che è essenziale alla funzione di ingresso del virus nelle cellule. Sarebbe così in grado di contrastare, anche a dosi molto basse, tutte le varianti della Spike note al momento dello studio e l’infezione nelle vie aeree mediante somministrazione nelle cavità nasali”.

“Il nostro vantaggio competitivo sta nel fatto che abbiamo selezionato soltanto gli anticorpi più forti e resistenti, idonei perciò a essere utilizzati in aerosol”, aggiunge De Santis. “La possibilità di una somministrazione così agevole, rispetto a quella per via endovenosa, e l’efficacia a dosi molto basse è rivoluzionaria perché consentirebbe una sorta di ‘autogestione’ del paziente con un abbattimento anche dei costi ospedalieri”.

“Generalmente per lo sviluppo di un nuovo farmaco sono richiesti diversi anni per arrivare all’utilizzo in clinica. Tuttavia, durante questa pandemia i tempi di produzione, sperimentazione e approvazione si sono fortemente ridotti a causa dell’emergenza, come si è visto anche per la produzione e l’utilizzo dei vaccini”, conclude Santoro. Ora i ricercatori sono in attesa dei risultati di efficacia anche su Omicron.

 

Fonte: QuotidianoSanità.it

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