C’è un limite alla quantità di armi che il coronavirus può affinare, nel passaggio da una variante all’altra? Ecco cosa dice la scienza.

Ogni volta che una nuova lettera dell’alfabeto greco conquista gli onori della cronaca sappiamo che una variante di coronavirus ha soppiantato la capacità di diffusione delle precedenti. La variante Alpha (o inglese, in base alla vecchia denominazione) era fino al 50% più trasmissibile rispetto al ceppo originale di Wuhan, quella Delta (o indiana) ha compiuto un salto di qualità ulteriore, imponendosi rapidamente sulla vecchia versione del virus. Fino a quando andrà avanti così? Esiste un limite alla capacità di evoluzione del coronavirus o proseguiremo di male in peggio?

LA PERFEZIONE NON SERVE. Come spiegato in un articolo su BBC, l’evoluzione “in corsa” dei patogeni è un fatto naturale e inevitabile. Quando un virus compie il salto di specie è come un impiegato in un nuovo ufficio il primo giorno di lavoro: anche se ha un curriculum eccellente ha ancora molto da imparare. La prima variante è sufficiente a innescare, come una miccia, la pandemia, ma a quel punto ha già esaurito il suo compito, e lascia spazio alle successive. È stato così con la variante di Wuhan, ma anche l’esordio di altre pandemie, come Ebola o l’influenza, ha seguito lo stesso copione.

QUANTI CONTAGI DA UNA PERSONA POSITIVA? La capacità di un virus di trasmettersi è espressa dal suo numero di riproduzione di base (R0), il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile. Quello del virus comparso a Wuhan era 2,5; la variante che ha causato la prima ondata di contagi in Europa aveva un R0 di 3, la variante Alpha di 4-5, la Delta di 5-8. Non ha molto senso immaginare quanto questa tendenza possa peggiorare, ma ricordiamo che si può fare di meglio: il virus del morbillo ha un R0 compreso tra 14 e 30, e la capacità di diffondersi in modo esplosivo.

VARIE STRATEGIE. Un virus dispone di diversi assi nella manica, per migliorare la sua trasmissibilità: può puntare tutto sulla capacità di sopravvivere nell’aria più a lungo, per aumentare le probalità di contagio; perfezionare le modalità di accesso alle cellule del nostro corpo, o aumentare la sua carica virale, in modo che tossendo o parlando ne diffondiamo in quantità maggiori.

Un virus può anche cambiare il momento, nel corso dell’infezione, in cui passa da un organismo all’altro (il SARS-CoV-2 ha il superpotere di infettare ancora prima che la persona positiva sviluppi i primi sintomi). Oppure può tentare di disabilitare il nostro sistema di allarme: la variante Alpha, ancora prevalente in Italia, è diventata così trasmissibile perché inibisce nelle cellule umane la produzione di interferone – la prima linea di difesa dell’organismo, una proteina che segnala l’avvenuta infezione.

NON SI PUÒ ECCELLERE IN TUTTO. Tutti questi trucchi però comportano dei costi, in termini evolutivi. Di solito avviene un compromesso (trade-off) per cui un virus più abile in un campo lo diventa meno in un altro. Senza contare che i vaccini, distribuiti nella più ampia e rapida campagna vaccinale della storia, mettono il virus in tutte le sue varianti sotto pressione. Non è da escludere che le trasformazioni evolutive che il virus affronterà per provare a sfuggire alle difese immunitarie sviluppate grazie ai vaccini indeboliscano la sua abilità di trasmissione – come è successo per la variante Beta o sudafricana, provvista di una mutazione che la rende più capace di eludere alcuni anticorpi, ma non così abile a diffondersi.

COME ANDRÀ A FINIRE? In cambio della sua capacità di contagio esplosivo, il virus del morbillo ha perso la capacità di reinfettare: le difese dei vaccinati durano per tutta la vita. Al contrario quelli dell’influenza mutano continuamente per aggirare la protezione immunitaria, ma mantengono un R0 basso, attorno all’1. Il coronavirus è in una fase intermedia ed è difficile prevedere quale strada sceglierà. Nei Paesi con un alto numero di vaccinati, la corsa delle varianti dovrebbe essere frenata da una robusta immunità di popolazione. Ma nei contesti in cui i vaccini non sono ancora diffusi, la lotta alla covid potrebbe non essere affatto alle battute finali.

 

Fonte: Focus

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