È stato appena pubblicato su MedRxiv in versione pre-print * lo studio dal titolo “A simple, home-therapy algorithm to prevent hospitalization for covid-19 patients: a retrospective observational matched-cohort study” (Un semplice algoritmo [ndr. schema sistematico di calcolo] per il trattamento domiciliare di pazienti Covid-19 per prevenire l’ospedalizzazione: uno studio di osservazione retrospettiva).

Come precisa il prof. Remuzzi, coautore dello studio,“pur essendo in attesa della pubblicazione ufficiale, abbiamo pensato di rendere noti i dati emersi alla comunità scientifica perché i risultati sull’ospedalizzazione sono di un certo interesse”.

Lo studio in questione, infatti, si propone, come altri studi attualmente in corso, per il trattamento domiciliare dei pazienti Covid-19, di presentare ai Medici di Medicina Generale una possibile cura precoce nelle prime fasi dell’infezione.

Nei primi 2-3 giorni, infatti, il Covid-19 è in fase di incubazione: la persona non presenta ancora sintomi, ovvero è presintomatica. Nei 4-7 giorni successivi, la carica virale aumenta facendo comparire i primi sintomi (tosse, febbre, stanchezza, dolori muscolari, mal di gola, nausea, vomito, diarrea). Intervenire in questa fase, iniziando a curarsi a casa e trattando il Covid-19 come si farebbe con qualsiasi altra infezione respiratoria, ancora prima che sia disponibile l’esito del tampone, potrebbe aiutare ad accelerare il recupero e a ridurre l’ospedalizzazione.

Seguire questo approccio offre vantaggi sia ai pazienti che al il sistema sanitario, il cui sovraccarico è attualmente ancora un problema.

Le evidenze dello studio clinico sulle cure domiciliari del Covid-19

Studi clinici randomizzati in pazienti con Covid-19 curati a casa, condotti per confrontare l’efficacia di diversi regimi di trattamento, non erano ancora mai stati compiuti finora.

Lo studio retrospettivo “matched-cohort” mostra quanto segue: 90 pazienti con Covid-19 lieve sono stati trattati a casa dai loro medici di famiglia, tra ottobre 2020 e gennaio 2021, secondo l’algoritmo proposto. I risultati ottenuti da questi pazienti sono stati confrontati con i risultati di pazienti che presentavano le stesse caratteristiche (età, sesso e comorbidità), ma che avevano ricevuto altri regimi terapeutici. Le analisi di questo studio sono state effettuate con il metodo “intention to treat”, cioè un’analisi statistica che, nella valutazione di un esperimento, si basa sugli intenti iniziali di trattamento e non sui trattamenti effettivamente somministrati.

Un trattamento accurato dei pazienti Covid-19 a domicilio da parte dei medici di famiglia, secondo il regime di raccomandazione proposto nel documento, ha avuto un effetto importante sulla necessità di ricovero in ospedale. Ciò si è tradotto in una riduzione di oltre il 90% del numero complessivo di giorni di ricovero e dei relativi costi di trattamento.

Il tempo mediano per la risoluzione dei sintomi principali è stato di 18 giorni per i pazienti trattati secondo le nuove raccomandazioni, mentre è stato di 14 giorni nel gruppo di controllo. Significa che trattare precocemente a casa non influenza in modo apprezzabile la durata delle malattie, quanto invece  il suo fenotipo, e cioè l’insieme di tutte le manifestazioni cliniche, con una conseguente riduzione della necessità di ospedalizzazione.

Il primo documento, ottenuto dall’esperienza di Bergamo, per la cura domiciliare del Covid-19 

Lo studio clinico pubblicato su MedRxiv ha dato ufficialità al primo documento presentato da Fredy Suter e Giuseppe Remuzzi, dal titolo “A recurrent question from a primary care physician: How should I treat my COVID-19 patients at home?”, pubblicato su Clinical and Medical Investigations.

Durante la prima fase dell’epidemia causata dal nuovo coronavirus, infatti, le indicazioni per curare i pazienti a casa sono state condivise con alcuni medici dell’ATS di Bergamo, che le hanno messe in pratica su più di cento pazienti positivi al Covid-19 con sintomi, guariti tutti senza ricorrere al ricovero ospedaliero.

Secondo quanto elaborato da Suter e Remuzzi, se la febbre non è l’unico sintomo presente, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) così come anche l’acido acetilsalicilico (aspirina), sono da preferirsi al paracetamolo. Quest’ultimo, infatti, non solo ha una bassa attività antinfiammatoria ma, secondo alcuni esperti, diminuisce le scorte di glutatione, una sostanza che agisce come antiossidante. La carenza di glutatione potrebbe portare ad un ulteriore peggioramento dei danni causati dalla risposta infiammatoria, che si verifica durante l’infezione Covid-19. Il beneficio offerto dai FANS nel ridurre l’infiammazione potrebbe, invece, tradursi in una minore progressione della malattia.

I FANS, che inibiscono in maniera selettiva l’enzima che produce i mediatori dell’infiammazione (chiamato ciclossigenasi-2 o COX-2), possono avere un miglior profilo benefici/rischi. Esempi di farmaci inibitori di COX-2 sono il celecoxib e la nimesulide (anche se meno selettivo rispetto al primo).

In questo modo, spiegano Remuzzi e Suter, si può prevenire la reazione infiammatoria che, se viene presa in tempo, è curabile a domicilio dal medico di famiglia. È proprio il medico di famiglia, infatti, che dovrà valutare lo stato di salute del paziente cercando di valutare la gravità della malattia e curandolo in modalità domiciliare fin quando possibile. In base all’evoluzione del quadro clinico, si deciderà poi la durata del trattamento.

Quando gli antinfiammatori non bastano a controllare la malattia, si passa ad altri farmaci ma non prima di aver fatto alcuni esami del sangue, con un prelievo a domicilio, per controllare:

  1. il numero dei globuli rossi e dei globuli bianchi, che danno un’idea della situazione immunologica;
  2. i livelli della PCR, o Proteina C Reattiva, per accertare l’andamento dell’infiammazione;
  3. i livelli di creatinina, albumina ed elettroliti per verificare lo stato di salute dei reni;
  4. i livelli del glucosio per la presenza di ipoglicemia e iperglicemia;
  5. i livelli degli enzimi epatici per controllare lo stato di salute del fegato;
  6. i livelli di D-dimero, PT, PTT e fibrinogeno per controllare la coagulazione del sangue.

Nella gestione domiciliare del Covid-19 è assolutamente necessario che i medici di famiglia seguano i pazienti giorno dopo giorno, come spiegato nel diagramma di flusso delle varie fasi di monitoraggio, riportato nella pubblicazione su Clinical and Medical Investigations.

 

FonteIRCCS

LEGGI TUTTE LE ALTRE NEWS