Le temperature troppo elevate o troppo rigide dovute ai cambiamenti climatici sono all’origine del 9,43% dei decessi globali, una tendenza in aumento.

I cambiamenti climatici hanno un volto più distruttivo e notiziabile – quello degli eventi climatici estremi – e uno più subdolo e silenzioso, che minaccia la sopravvivenza dell’uomo in regioni un tempo abitabili. Non è un problema di un lontano futuro: già oggi le temperature anomale (troppo elevate o troppo basse) legate alla crisi climatica sono responsabili di 5 milioni di decessi extra all’anno, sostiene uno studio pubblicato su The Lancet Planetary Health.

I 20 ANNI PIÙ CALDI. Il lavoro, condotto analizzando i dati provenienti da 43 Paesi di cinque continenti, con diverse condizioni climatiche, socioeconomiche, demografiche, differenti infrastrutture e servizi di salute pubblica, è il primo a restituire una fotografia globale della mortalità dovuta alle conseguenze delle emissioni di origine antropica nel ventennio 2000-2019, il più caldo dall’era pre-industriale, un periodo in cui le temperature globali sono cresciute di 0,26 °C a decennio.

Il team internazionale guidato da Yuming Guo, Professore di Salute bioambientale globale e biostatistica della Monash University (Australia), insieme a colleghi della Shandong University (Cina), ha per primo stabilito in modo definitivo un nesso causale tra temperature al di sopra o al di sotto di quelle ottimali (ossia quelle dove la mortalità dovuta a quanto segna il termometro è minima) e l’aumento annuale di decessi. Nel periodo di tempo considerato, il 9,43% delle morti globali è stato attribuibile al troppo caldo o troppo freddo. Si tratta di 74 decessi evitabili ogni 100.000.

CALDO E FREDDO. La maggior parte dei decessi è dovuta al troppo freddo, ma le morti per le temperature eccessivamente rigide (come quelle legate al rallentamento del vortice polare e al suo influsso sulle correnti a getto), sono calate dello 0,51%. Contemporaneamente, quelle dovute al troppo caldo sono cresciute dello 0,21%: nel breve periodo la mortalità netta è destinata a ridursi (perché è il freddo a uccidere di più), ma a lungo andare crescerà, perché la letalità legata al caldo è destinata a salire insieme alle temperature medie.

Le conseguenze più drammatiche delle temperature non ottimali non sono dappertutto uguali. Più della metà delle morti globali attribuite al caldo e al freddo anomali si è verificata in Asia; l’Europa ha la maggiore incidenza di morti ogni 100.000 decessi per esposizione al calore, e l’Africa subsahariana quella per esposizione al freddo. E le cose non sono destinate a migliorare.

EUROPA: VECCHIO, TORRIDO CONTINENTE. In base a un secondo studio pubblicato in contemporanea su The Lancet Planetary Health, a meno che non adottiamo misure forti di mitigazione climatica, la mortalità globale dovuta alle temperature in Europa aumenterà nei prossimi decenni, e il declino dei decessi attribuibili al freddo non compenserà l’aumento di quelli per il troppo calore. «Negli ultimi decenni, l’aumento delle temperature si è verificato più velocemente in Europa rispetto a ogni altro continente» spiega Marcos Quijal, coautore della ricerca. «L’incidenza del fenomeno non è omogenea, e i Paesi del Mediterraneo sono più vulnerabili degli altri. Il nostro modello prospetta un aumento sproporzionato di mortalità attribuibile al caldo nei Paesi del Mediterraneo, dovuto alla crescita significativa delle temperature estive».

 

Fonte: Focus
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