La parola equilibrio deriva dal latino, dai termini “aequus”che vuol dire uguale, e “libra”, che vuol dire bilancia. Nell’accezione più propriamente classica, con equilibrio mentale ci si riferisce alla capacità dell’essere umano di trovare un’omeostasi tra le pressioni interne rispetto a quelle esterne. Per pressioni esterne intendiamo tutta quella infinita serie di dictat, valori, tradizioni, leggi (pubbliche o morali), norme, modelli, opinioni, simboli di cui è pieno il mondo che percepiamo con i nostri sensi e che rappresentano l’essere umano nella sua dimensione sociale. Per pressioni interne, invece, parliamo dei bisogni primari (cibo, sonno, sesso, protezione) e secondari (stima, socializzazione, autorealizzazione) che governano la nostra ricerca di piacere e di soddisfacimento, ma che contrastano con ciò che l’ambiente esterno autorizza o meno.

Da questo contrasto nasce quella condizione endemica di qualsiasi organo vivente chiamata stress, termine ombrello che definisce lo stato di reazione dell’essere vivente alle richieste dell’ambiente esterno. Per reazioni si intendono tutte quelle azioni che vengono messe in atto per potersi adattare in maniera funzionale. Azioni che sono finalizzate proprio al mantenimento di un equilibrio mentale difficile da conservare e da cogliere. Una difficoltà che nasce dal fatto che la nostra è una società liquida che muta continuamente, ma in maniera asincrona rispetto al nostro mutare individuale che è dipendente da fattori genetici, di personalità, umorali e psicologici.

Esistono numerose tecniche che permettono di raggiungere l’omeostasi cognitiva chiamata equilibrio mentale, in primo luogo la psicoterapia, che ha la capacità di  modellare i circuiti del nostro sistema emotivo   formando nuovi pensieri e strategie utili a contrastare il nostro mancato adattamento all’ambiente esterno, dando nuova forma al nostro equilibrio mentale.

Poi ci sono percorsi come la yoga terapia, o la meditazione, capaci di ristabilire il corretto timing dei processi fisiologici dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, la nostra interfaccia biologica che gestisce lo stress a livello neurobiologico. Un disequilibrio mentale, infatti, si manifesta sia con pensieri ricorrenti e negativi, sia con dolore fisico in zone chiave come il cuore, i polmoni, lo stomaco e i muscoli, organi che sono controllati dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

Infine, c’è l’attività fisica, che permette di sfogare sugli arti lo stress accumulato durante la giornata. Già solo il camminare produce effetti benefici a livello muscolare e, a cascata, anche a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, fino a migliorare la plasticità di strutture cerebrali chiave nel nostro sistema emotivo.

 

Fonte: Almanacco della Scienza

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