Arrivano i semi col giacchetto che resistono alla siccità. Sono ricoperti da due strati: uno setoso, che come un bozzolo custodisce oltre al seme anche batteri buoni che nutrono il seme e lo aiutano a germogliare (bio-fertilizzanti), mentre il più esterno è gelatinoso ed è in grado di trattenere l’umidità – anche minima – e in terreni inospitali.

L’invenzione, che per ora ha “corazzato” semi di legumi (in particolare ceci e fagioli), si deve all’italiano Benedetto Marelli, milanese di nascita e oggi al Massachusetts Institute of Technology di Boston. Resa nota sulla rivista “Nature Food”, l’idea è stata promossa ai primi test su campioni di suolo arido ed ora è in fase di sperimentazione sul campo in terreni del Marocco. I risultati sono attesi tra un anno.

“La nostra invenzione – ci spiega Marelli – consente di aumentare la resistenza dei semi e dei germogli in condizioni climatiche sfavorevoli e di facilitare il recupero per scopi agricoli di suoli non più produttivi. La copertura che applichiamo è composta di due strati – racconta – : il più vicino al seme è fatto di seta rigenerata e racchiude e stabilizza i batteri che, delicati di natura, di rado sopravvivono fuori dal suolo. Il secondo strato è fatto di biopolimeri estratti dagli scarti del cibo. Questi mimano i biopolimeri presenti sulla superficie dei semi del basilico e della chia. Così come questi semi si usano nelle ricette e nelle bevande per fare dei gel – precisa Marelli – noi abbiamo usato i componenti della superficie dei semi di chia e basilico per creare uno strato capace di assorbire acqua dal terreno (anche se arido) e fornire un ambiente fertile per la crescita dei batteri. Questi – continua – si auto-replicano aumentando di numero e colonizzano la pianta, aumentandone la resistenza a condizioni climatiche non favorevoli e provvedendo a fornirle azoto. Queste caratteristiche portano anche ad una riduzione della quantità di fertilizzanti sintetici necessari per l’agricoltura”. Si deve considerare, infatti, che tra l’1 e il 3% dell’energia mondiale va a produrre fertilizzanti a base di azoto e, quindi, è sempre più cruciale ridurne l’uso, sostituendoli con fertilizzanti naturali.

“La nostra innovazione – prosegue il ricercatore – consente dunque di stabilizzare i bio-fertilizzanti e rilasciarli in maniera precisa nel suolo a contatto del seme così da massimizzarne l’efficacia”. Applicare il giacchetto al seme, d’altra parte, è semplice e poco costoso: lo strato più interno si applica per immersione e quello più esterno viene spruzzato sulle sementi con uno spray.

Il sistema è così semplice che può essere applicato a qualunque tipo di seme per renderlo capace di resistere alla siccità, un problema ormai sempre più pressante in agricoltura. “Ci sono diversi studi che predicono che il bacino del Mediterraneo sarà particolarmente colpito dal cambiamento climatico – spiega Marelli -. Questo riguarderà il Nord Africa, il Medioriente e anche l’Italia”.

“Possiamo anche progettare semi che rispondono a diversi tipi di clima e addirittura è possibile fare su misura l’involucro di rivestimento a seconda delle previsioni di precipitazioni in una particolare stagione di semina”, conclude Resta ora da studiare se i batteri buoni sul seme vengano anche trasmessi alle successive generazioni della pianta, in modo da svincolare i coltivatori locali dalla necessità di usare i semi col giacchetto a ogni stagione di semina.

 

Fonte: La Stampa
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