Una nanosonda 10mila volte più sottile di un capello riesce a raggiungere zone profonde del corpo umano e a valutare, attraverso le fluttuazioni della fluorescenza, eventuali anomalie. La scoperta apre nuove prospettive per la diagnostica non invasiva.
Dal raggio di luce alla diagnosi: una tecnica non invasiva apre nuove prospettive in ambito diagnostico senza ricorrere a metodi invasivi. La metodica si basa sulle nanosonde a tecnologia a DNA e riesce a «scrutare» all’interno di organi e tessuti del corpo umano senza bisogno di interventi chirurgici o procedure più delicate per il paziente, e diventa utile in quei casi in cui i sistemi già esistenti (come i raggi X o la risonanza magnetica) non sono efficaci. Alla base della scoperta c’è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, condotto da Giancarlo Ruocco coordinatore del Center for Life Nano- & Neuro-Science – CLN²S dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Roma insieme a Marco Leonetti, ricercatore dell’Istituto di Nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nanotec) di Roma e affiliato ad IIT, con la collaborazione dei colleghi dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e dell’European Laboratory for Non-linear Spectroscopy (LENS).

La simulazione in laboratorio

I ricercatori dell’IIT e del CNR hanno simulato in laboratorio la diffusione della luce nel corpo umano, utilizzando ossido di zinco, un materiale riflettente e biocompatibile. In questo sistema la nanosonda, di dimensione 10 mila volte inferiore al diametro di un capello, si è dimostrata in grado di misurare la deformazione delle proprietà locali della luce. Il sistema viene illuminato con luce verde, che la nanosonda capta e riemette a sua volta. La lettura delle fluttuazioni nel tempo e nello spazio della fluorescenza possono dare risposte sulla natura del tessuto circostante. Un risultato importante che rappresenta il primo passo per futuri sistemi di diagnostica precoce di alterazioni macroscopiche del tessuto, di tumori o di alcune patologie neurodegenerative connesse all’accumulo di aggregati proteici, come il morbo di Alzheimer.

Prospettive future

«La nanosonda è un oggetto comunemente usato in microscopia» spiega Marco Leonetti, primo autore del paper e ricercatore di Cnr-Nanotec affiliato IIT. «Si comporta come un satellite inviato nello spazio che raccoglie le informazioni nelle sue vicinanze e le trasmette sulla Terra. Consentendo così di avere informazioni in vivo, evitando interventi più invasivi». «Con questa tecnica riusciamo a vedere cosa accade all’interno dei tessuti ricostruendo il sistema in base all’angolo di rifrazione della luce» conclude Giancarlo Ruocco, coordinatore del Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma. «Si può pensare a una futura generazione di nanosonde biocompatibili in grado di restituirci informazioni sull’insorgenza di alterazioni locali del tessuto biologico in zone inaccessibili come succede per alcune malattie neurodegenerative».

Fonte: Corriere della Sera
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