Mentre il ministro del Lavoro e le parti sociali si danno appuntamento al 6 aprile per discutere del protocollo sulla sicurezza che consentirà di fare le vaccinazioni sui luoghi di lavoro, le prime controversie che hanno al centro dipendenti che si rifiutano di farsi vaccinare arrivano nelle aule di tribunale.
Una delle ultime in ordine di tempo si è conclusa con la decisione del Tribunale di Belluno secondo cui l’azienda può collocare in ferie alcuni dipendenti operanti presso due Rsa che si sono rifiutati di ricevere il vaccino anti-Covid. I dipendenti hanno impugnato i provvedimenti e si sono rivolti al Tribunale per chiedere di essere riammessi in servizio. Il giudice ha respinto il loro ricorso, affermando la legittimità del provvedimento delle due Rsa.
Sulla questione degli operatori non vaccinati il Governo intende comunque intervenire. «Non va assolutamente bene che siano a contatto con malati – ha detto venerdì 26 marzo il premier Draghi – . La ministra Cartabia sta preparando un provvedimento su questo, come è tutto ancora da vedere».
In attesa di avere un quadro di regole generali, il datore di lavoro può imporre il vaccino ai dipendenti? Come si può comportare in caso di rifiuto? Quando va riconosciuto l’infortunio in caso di contagio? Vediamo di seguito le risposte ai dubbi più diffusi.

1) Il datore di lavoro può imporre il vaccino ai dipendenti?

Come sottolinea un approfondimento della Fondazione studi dei consulenti del lavoro per rispondere a questa domanda bisogna considerare:
● da un lato, l’articolo 2087 del Codice civile e l’articolo 41 della Costituzione, che sembrerebbero portare a una risposta affermativa: «L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Inoltre, «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
● dall’altro lato, l’articolo 32 della Costituzione che prevede che il cittadino sia libero di scegliere i trattamenti sanitari a cui sottoporsi, a meno che questi non siano resi obbligatori per disposto normativo (riserva assoluta di legge).
«Il legislatore italiano – spiega Luca Failla, giuslavorista e avvocato di Deloitte Legal – prevede espressamente un obbligo di legge nazionale per rendere obbligatorio un trattamento vaccinale e al momento questa legge non esiste. L’articolo 2087 del Codice civile a oggi ha certamente imposto alle aziende italiane la messa a punto dei protocolli di sicurezza discussi con le organizzazioni sindacali, e le ha obbligate a fornire ai propri dipendenti le mascherine e i guanti di protezione, la sanificazione degli ambienti e l’osservanza del distanziamento. Tali misure hanno consentito lo svolgimento della attività lavorativa in sicurezza sino ad oggi. Ritenere il vaccino indispensabile significherebbe che in una certa azienda l’osservanza di tali misure sino ad oggi osservate non è più sufficiente il che non mi pare rispondente alla normalità delle aziende italiane».

2) Se il lavoratore rifiuta di vaccinarsi l’azienda cosa può fare?

«In assenza di un obbligo vaccinale per legge, l’impresa può innanzitutto disporre che il lavoratore svolga la sua attività da remoto – risponde Maurizio Del Conte, docente di diritto del lavoro all’Università Bocconi di Milano -. Se poi, per la particolarità delle mansioni o dell’organizzazione aziendale, questa modalità non fosse concretamente praticabile, il lavoratore potrà essere trasferito in una posizione tale da evitare il contatto con i colleghi o i clienti dell’azienda. Infine, ove nemmeno ciò fosse possibile, il datore di lavoro ha a disposizione lo strumento della sospensione del lavoratore senza retribuzione per impossibilità di rendere la prestazione di lavoro che, secondo la giurisprudenza, può portare anche al licenziamento se la causa impeditiva si protrae oltre un tempo ragionevole».

Due aspetti da non sottovalutare:
● La sospensione del lavoratore è una misura estrema di tutela della salute dello stesso, ma il rischio di contenzioso per chi sceglie questa strada resta comunque alto.
● Proprio per evitare il proliferare di contenziosi, il Governso sta studiando – nell’ambito del decreto che dovrebbe rendere obbligatorio il vaccino per gli operatori sanitari a contatto con i pazienti – l’ipotesi di un cambio di mansioni per chi continua a rifiutare il vaccino, come alternativa alle sanzioni.

3) Il personale sanitario è obbligato a vaccinarsi?

Nel nuovo provvedimento allo studio del Governo e annunciato da Mario Draghi il 26 marzo dovrebbe essere previsto l’obbligo di vaccinarsi per tutti gli operatori sanitari a contatto con i pazienti, sia malati Covid sia affetti da altre malattie. A questo obbligo l’alternativa potrebbe essere la destinazione ad altre mansioni che non prevedono il contatto diretto con i pazienti.

4) Al lavoratore che non si vaccina viene riconosciuto l’infortunio in caso di contagio?

L’Inail – con la circolare 13 del 2020 – stabilisce che la presunzione dell’occasione di lavoro (necessaria per riconoscere un infortunio sul lavoro) nel caso di contagio del Coronavirus opera nei confronti solo di alcune categorie di lavoratori – come gli operatori sanitari – che se rifiutano la somministrazione del vaccino hanno comunque diritto al riconoscimento dell’infortunio e alla relativa tutela assicurativa.

5) È possibile introdurre il test sierologico e/o il tampone molecolare come misura obbligatoria preventiva?

La risposta non è del tutto certa. Il Protocollo anti-contagio condiviso da Governo e parti sociali (nell’ultima versione del 24 aprile 2020) parla chiaramente di “rilevazione della temperatura”, senza menzionare la possibilità di sottoporre i lavoratori a test antigenici, molecolari e sierologici. Tuttavia – come evidenziano Barbara Garbelli e Paola Martinucci nel focus dei Consulenti del lavoro – il punto 12 del Protocollo prevede che «il medico competente potrà suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici qualora ritenuti utili». Parrebbe possibile dunque porre come misura consigliata in azienda la somministrazione di test. A questo riguardo, infatti, il test non può essere considerato una misura invasiva e pertanto esulerebbe dalle previsioni dell’articolo 32 della Costituzione.

Tre aspetti da non sottovalutare:
● L’articolo 5 dello Statuto dei lavoratori prevede un forte limite all’introduzione del test come misura obbligatoria anti-contagio: sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
●  Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.
●  Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare l’idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici e istituti specializzati di diritto pubblico.

Per concludere, per il contenuto del Protocollo anti-contagio e per le posizioni dello Statuto dei lavoratori, «non possiamo prevedere con assoluta certezza che il tampone possa costituire una misura obbligatoria in azienda – sottolineano Garbinelli e Martinucci – , ma sicuramente può essere prevista su base volontaria dei lavoratori. Pertanto,secondo le previsioni del medico competente e in relazione all’attività svolta dall’azienda, per alcune realtà (soggette a rischio biologico come rischio specifico delle mansioni svolte) si potrebbe comunque prevedere il tampone come misura preventiva altamente consigliata».

6) Il lavoratore posto in quarantena può prestare attività lavorativa?

Il lavoratore in quarantena è tenuto a prestare attività lavorativa qualora il datore di lavoro possa far svolgere le mansioni in modalità smart working (messaggio Inps n. 3653 del 9 ottobre 2020). Se il lavoro agile non è possibile allora può scattare la malattia, «con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno».
Fonte24+ de IlSole24Ore

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