La psoriasi nasce dall’intestino?

Articolo del 17 Novembre 2020

Colpisce circa il 2% della popolazione e porta a desquamazione, eritema e, più raramente, presenza di pustole. Stiamo parlando della psoriasi, una malattia cronica immunologica con un’importante predisposizione genetica, caratterizzata da una proliferazione eccessiva dei cheratinociti.

Alcuni pazienti hanno interessamento delle unghie e delle articolazioni (artrite psoriasica) con un evidente impatto negativo sulla qualità della vita. Il tipo più comune di psoriasi, che rappresenta fino al 90% dei casi, è la psoriasi volgare, in cui le placche papulosquamose sono ben delineate dalla pelle normale circostante. Queste placche sono lesioni, di un colore che va dal salmone al rosa, ricoperte da scaglie bianche o argentate, sono generalmente distribuite simmetricamente sulle superfici estensorie di gomiti e ginocchia, sul cuoio capelluto e sulla regione lombosacrale.

Malattia autoimmune?

La psoriasi è considerata a volte anche una malattia autoimmune, non nel senso classico di malattia in cui il sistema immunitario perde la capacità di discriminare le proteine self da proteine estranee e porta alla distruzione dei tessuti self, ma nel senso di una perdita di regolazione che porta, in questo caso, ad aumentare la velocità di crescita delle cellule della pelle.

I pazienti con psoriasi hanno una probabilità maggiore di avere uno o due altre patologie autoimmuni, come artrite reumatoide, alopecia areata, malattia celiaca e sclerosi sistemica, ma anche malattia di Crohn, sindrome di Sjogren (occhi secchi e bocca secca) e colite ulcerosa.

Uno dei meccanismi che oggi sono chiamati in causa nella genesi delle malattie autoimmuni è il danno che porta all’aumento della permeabilità della barriera intestinale. Secondo questa ipotesi le malattie autoimmunitarie si manifesterebbero attraverso questi quattro momenti:

  1. Suscettibilità genetica dell’individuo a mal riconoscere un antigene presentato a livello intestinale
  2. Presentazione dell’antigene a livello intestinale
  3. Passaggio dell’antigene a livello della sottomucosa intestinale mediante apertura tight junctions
  4. Attivazione processo autoimmune

Alimenti, intestino e microbiota nella psoriasi

Nelle persone geneticamente predisposte, la psoriasi può essere scatenata da vari “trigger” ambientali, tra cui le infezione batteriche, un trattamento antibiotico o profondi cambiamenti nella dieta. Questi trigger suggeriscono il coinvolgimento del microbiota intestinale nella patogenesi della malattia, sebbene gli esatti meccanismi molecolari di questa interazione ospite-microbiota siano ancora in gran parte sconosciuti. Ma l’evidenza che la psoriasi non riguardi solo la pelle e sia invece una malattia sistemica con un ruolo chiave dell’intestino e del microbiota intestinale deriva da numerose altre osservazioni.

È evidente nel momento in cui sappiamo che la psoriasi si associa a tutta una serie di altre patologie che comprendono malattie infiammatorie croniche intestinali (come il Morbo di Chron), iperglicemia, insulino-resistenza e diabete, iperuricemia, ipercolesterolemia, aumento di peso e della massa corporea, obesità, sindrome metabolica, steatosi epatica non alcolica e celiachia. Le chiamano “co-morbidità”, come se fossero co-incidenze. Oppure dicono che gli stessi geni che causano l’una causano anche le altre.

È evidente nel momento in cui nei pazienti psoriasici si riscontrano alterazioni del microbiota intestinale caratterizzate da scarsa diversità microbica, riduzione di Akkermansia muciniphila e aumento del rapporto Firmicutes–Bacteroidetes. Tali alterazioni sono del tutto simili a quelle dei pazienti affetti da malattia infiammatoria intestinale; e la somministrazione di alcuni ceppi di Bifidobacterium porta alla riduzione della dell’infiammazione intestinale e sistemica e, successivamente, al miglioramento della sintomatologia cutanea.

È evidente. Eppure, nell’epoca della “medicina basata sulle evidenze”, la terapia della psoriasi continua ad essere affidata ai farmaci immunosoppressori. È vero, siamo passati dal cortisone alla ciclosporina, e poi dalla ciclosporina ai farmaci cosiddetti “biologici” che agiscono bloccando specifiche citochine (dai primi contro il TNF-alfa, agli ultimi che bloccano l’interleuchina 17 e prossimamente contro l’IL23) ma il concetto è sempre lo stesso: inibire la reazione eccessiva del sistema immunitario.

Sappiamo, ad esempio che l’aumento del TNFα può essere legato alla produzione in grandi quantità da parte delle cellule adipose “ingrassate” e fuori misura rispetto alla norma e dai macrofagi (cellule immunitarie) reclutati nel tessuto adiposo infiammato dei pazienti con obesità ipertrofica, magari anche solo addominale e periviscerale in soggetti con BMI nella norma.

Ma ancora nessuno studio ufficiale su larga scala si occupa di risolvere la causa di questa attivazione auto-immunitaria andando a spegnere l’infiammazione intestinale e a correggere lo stato di disbiosi che evidentemente sta alla base non solo della psoriasi ma anche di tutte quelle patologie che, non a caso, si riscontrano molto più frequentemente in questi pazienti.

La dieta nella psoriasi e nelle malattie autoimmuni

Se come già detto i medici dermatologi hanno sempre prestato poca attenzione all’alimentazione, il paziente psoriaco se n’è spesso interessato probabilmente in seguito alla diffusione di numerosi libri che suggerivano abitudini alimentari, a volte molto drastiche e con poche basi scientifiche, in grado però di portare a qualche miglioramento.

È il caso, ad esempio, degli scritti non proprio scientifici del “veggente” Edgar Cayce o del libro “Guarire la psoriasi: un metodo naturale” del Prof. Pagano (che a Cayce stesso si ispirava). Moltissimi pazienti psoriasici sono guariti facendo l’idrocolonterapia ed eliminando dalla dieta una serie di alimenti considerati “tossici” (la carne rossa, i pomodori, i carboidrati raffinati, i grassi idrogenati), così come altri sono guariti con una dieta priva di glutine e ricca di frutta fresca e vegetali, o con la supplementazione di pesce o olio di pesce o di vitamina D, o, più recentemente con la dieta “paleo”.

Studiando le abitudini alimentari comuni, gli interventi effettuati con le relative risposte della patologia e le personali sensazioni dei pazienti si riscontra spesso un miglioramento in seguito alla riduzione di glutine, alcool e solanacee e all’aumento di olio di pesce per i suoi acidi grassi omega-3, verdure e vitamina D. Anche se non è del tutto chiaro come alcool, solanacee e glutine possano peggiorare la patologia, studi precedenti hanno legato tutte queste componenti dietetiche e anche lo zucchero ad alterazioni della composizione del microbioma intestinale, a infiammazione dell’epitelio intestinale e alla upregolazione del sistema immunitario. Questi alimenti non sono però da demonizzare ed escludere completamente e per sempre, è necessario trovare un equilibrio nel proprio stile di vita e abitudini alimentari per non rischiare di seguire diete restrittive inutilmente.

I primi passi per un miglioramento

Come primo passo verso il miglioramento del quadro sintomatologico deve esserci una modifica delle abitudini alimentari verso una dieta varia ed eubiotica; è necessario cambiare stile di vita abolendo il fumo e riducendo gli alcolici. Queste modifiche dovranno portare a un graduale cambiamento della composizione corporea favorendo il raggiungimento del normopeso qualora fosse presente un eccesso ponderale e alla riduzione del tessuto adiposo ipertrofico, in particolare addominale e periviscerale.

Nella psoriasi, e in tutte le malattie autoimmuni in generale, occorre partire da una base di dieta antiinfiammatoria da adattare poi al caso specifico valutando se vi siano o meno sintomi intestinali. In particolare nella psoriasi occorre prestare molta attenzione ad alcuni aspetti peculiari di questa dieta.

Primo punto fermo nel trattamento della patologia autoimmune, anche se piace molto il detto “buon vino fa buon sangue”, evitare l’alcool almeno nelle fasi di riacutizzazione della patologia. Il consumo regolare e giornaliero, come per ogni alimento al di fuori dell’acqua, può non essere ben tollerato. L’ideale sarebbe consumare bevande alcoliche a bassa gradazione solo occasionalmente, sfruttando un momento di convivialità e sempre all’interno di un pasto bilanciato, mai assunto a digiuno. Il possibile peggioramento che può provocare il consumo regolare di alcolici è probabilmente da deputarsi al suo effetto negativo sull’eubiosi intestinale, come già visto nelle cause della disbiosi, e al contenuto di zuccheri in forma liquida a rapidissimo assorbimento.

Secondo punto fermo: riduzione degli zuccheri e controllo del carico glicemico dei pasti. Questo è alla base della dieta eubiotica e di una dieta antinfiammatoria per patologie autoimmuni.

Come terzo punto può essere valutata una riduzione iniziale del consumo di prodotti contenenti glutine. In diversi studi si nota una correlazione tra psoriasi e celiachia  e in alcuni le lesioni cutanee psoriasiche dei pazienti miglioravano dopo 3-6 mesi di dieta senza glutine, senza aver seguito nessuna terapia farmacologica specifica.

A questi punti vanno ad aggiungersi altri consigli nutrizionali come la riduzione delle solanacee ossia gli ortaggi in grado di produrre solanina, un “pesticida” naturale che consente a questi di difendersi contro funghi e insetti, che risulta tossico anche per l’uomo. La solanina ha dimostrato di avere effetti negativi sull’intestino del mammifero e di aggravare la malattia infiammatoria intestinale (una comorbidità comune nei pazienti psoriasici) nel modello animale.

Nei protocolli “paleo” vengono di norma ridotti i latticini, non solo per il lattosio, ma anche e soprattutto per le caseine presenti in questi prodotti. Latte e derivati risultano irritanti per la membrana intestinale e stimolano una risposta insulinica. Anche i legumi vengono ridotti in queste diete, per la presenza di antinutrienti (lectine e saponine) e alcuni carboidrati fermentabili (detti FODMAPs) che superano anche l’ammollo e la cottura, salvo che si utilizzino dei metodi fermentativi o di lievitazione (nel caso delle farine) che ne facilitino la digestione.

Oltre ai consigli  su cosa limitare, è fondamentale implementare il consumo di tutte quelle fonti ricche in omega-3, quindi pesci grassi e pescati (no allevamento) consumati in modo regolare, senza cotture prolungate a temperature eccessivamente alte.

 

Fonte: L’altra medicina

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