Le 3 “P” degli urologi contro il tumore della prostata. Al via anche in italia la campagna Movember.

Articolo del 27 Ottobre 2020

In Europa ci sono 2 milioni e mezzo di persone a cui è stato diagnosticato il tumore della prostata. E il loro numero cresce al ritmo di 450 mila nuovi casi ogni anno, con una mortalità di 107 mila persone. In Italia i numeri non sono meno allarmanti: questa forma di carcinoma è la prima per importanza negli uomini e colpisce 37 mila nostri connazionali ogni anno, provocando 7 mila morti.

Questa la fotografia scattata da un recente documento pubblicato nell’aprile del 2020 dalla Società Europea di Urologia (SIU), con il patrocinio della Fondazione Movember, che ogni mese di novembre promuove la campagna internazionale di sensibilizzazione sulla salute dell’uomo (che prende il nome dalla fusione delle parole inglesi “moustache”, cioè baffi, simbolo maschile per eccellenza, e “november”, novembre, il mese in cui si svolgeranno le attività di promozione dei vari temi).

Eppure, sottolinea la Siu, nonostante questi dati descrivano una realtà tuttora preoccupante, è importante sottolineare come l’incremento di casi registrato negli ultimi anni stia gradualmente rallentando grazie a tre fattori, che potremmo definire “fattori P”: una maggior diffusione della diagnosi Precoce (dovuta all’introduzione del PSA) e di uno screening sempre più Personalizzato, una migliore conoscenza della biologia della malattia e quindi un Perfezionamento delle strategie terapeutiche. Tre elementi che hanno concorso anche ad aumentare la qualità di vita dei pazienti affetti da carcinoma prostatico e a diminuire i costi per i sistemi sanitari nazionali.

Per promuovere anche in Italia la campagna della Movember Foundation, a partire dal 3 novembre la SIU mette a disposizione dei cittadini un numero di telefono diretto e una email dedicata (movember@siu.it), oltre a una serie di iniziative e informazioni sui propri media digitali, web & social. Sono state pianificate anche alcune dirette web sul sito SIU (www.siu.it) per raccontare in modo semplice il trattamento della malattia spiegare le più recenti novità terapeutiche.

La diagnosi precoce. La chiave è dunque nella diagnosi precoce, che può essere effettuata tramite programmi di screening: “Lo studio europeo randomizzato di screening per cancro alla prostata (ERSPC) ha dimostrato che mediante il dosaggio del PSA è possibile ridurre la mortalità cancro specifica del 21%; in base a questo studio, a oggi per prevenire la morte di un paziente per cancro prostatico occorre sottoporre a screening 101 pazienti oppure effettuare 13 diagnosi di tumore di prostata. E si tratta di risultati migliori rispetto a quelli assicurati dagli screening per cancro al seno o al colon”, osserva Walter Artibani, Segretario generale della Società Italiana di Urologia (SIU).

Stop a screening generalizzati con il test del PSA. Tuttavia, sarebbe impossibile e controproducente sottoporre a screening tutta la popolazione maschile a rischio, un numero evidentemente spropositato: “È necessario piuttosto introdurre una stratificazione del rischio individuale, in modo da selezionare e indirizzare allo screening una popolazione specifica che possa realmente trarre beneficio dalle indagini a cui viene sottoposta.
E ne guadagnerebbe anche la qualità dell’esame”, fa notare Francesco Porpiglia, responsabile dell’Ufficio Scientifico della SIU e ordinario di Urologia dell’Università degli studi di Torino. “A riprova di ciò, un recente studio pubblicato su Cancer Medicine ha mostrato come lo screening del PSA non porti ad alcun beneficio apparente nei pazienti con più di 64 anni o meno di 55 anni, sia dal punto di vista del rapporto costi-benefici sia per un alterato (o comunque non favorevole) bilancio costi-efficacia nei pazienti di età inferiore a 55 anni. Questo significa che se si sottopone tutta la popolazione a uno screening del PSA, il beneficio di una diagnosi si avrà soltanto nella fascia compresa tra i 55 e i 64 anni, mentre per gli altri intervalli di età c’è il rischio di sottoporre a terapia medica o chirurgica pazienti non appropriati (cioè quelli sui quali non si avrebbe nessun miglioramento della sopravvivenza, perché la malattia non impatta clinicamente su di loro) oppure di arrivare a troppo poche diagnosi rispetto ai costi da sostenere”.

Gli esami di precisione. Una volta identificate le fasce di età in cui effettuare lo screening mediante PSA, resta da decidere il successivo iter per arrivare nel modo più preciso alla diagnosi di tumore della prostata, evitando di effettuare biopsie inutili o di intercettare tumori clinicamente non significativi: “A questo proposito, un buon uso della risonanza magnetica multiparametrica della prostata con mezzo di contrasto, prima dell’eventuale biopsia, può aiutare a implementare significativamente la qualità della diagnosi” – sottolinea Rocco Damiano, Responsabile Comunicazione SIU e ordinario all’Università Magna Graecia di Catanzaro –. Infatti, grazie alle informazioni fornite dalla risonanza è possibile eseguire biopsie mirate che, rispetto alla metodica standard non guidata dalla risonanza, consentono una maggiore sensibilità nel diagnosticare i tumori clinicamente significativi”.
Se invece il dubbio di tumore persiste, pur in presenza di biopsia prostatica negativa, c’è un’altra possibile strada da percorrere verso la diagnosi: “In questo caso può trovare spazio l’utilizzo di alcuni biomarcatori, sia urinari, come il PCA3 e il SelectMDx test, sia sierici, come il PHI ed il test 4K, al fine di discriminare correttamente i pazienti meritevoli di ulteriori approfondimenti”, dice ancora Porpiglia.

La qualità di vita del paziente. L’aspetto della qualità della vita è qualcosa di cruciale per il paziente di tumore della prostata: “Al suo miglioramento si è arrivati grazie a una migliore indicazione alla terapia e al perfezionamento delle tecniche chirurgiche, quali la prostatectomia radicale” – osserva il prof. Luca Carmignani, professore di urologia all’Università Statale di Milano, direttore dell’Unità Operativa complessa di Urologia presso l’Ospedale Policlinico San Donato e presidente della Fondazione SIU –. Ed entrambi i fattori hanno sicuramente concorso ad aumentare i tassi di continenza e potenza sessuale che gravavano negativamente sui pazienti negli anni passati”.

I vantaggi per il Ssn. A beneficiare di questi notevoli passi in avanti nel trattamento del carcinoma prostatico, c’è evidentemente anche il Ssn: “Se analizziamo i costi per il Ssn, è evidente quanto sia importante una diagnosi precoce. Se infatti la malattia viene diagnosticata quando è localizzata alla ghiandola, il costo di una prostatectomia robotica è di circa 15 mila euro, mentre un trattamento multidisciplinare per malattia avanzata resistente alla castrazione può superare i 140 mila euro l’anno”, conclude Porpiglia.

 

FonteQuotidianoSanità.it