Le prime tracce di un’immunità preesistente al virus.

Articolo del 13 Novembre 2020

L’esposizione a coronavirus stagionali può lasciare (specie nei giovani) anticorpi che riconoscono parte del meccanismo di attacco del virus della covid.

Anticorpi con effetto protettivo contro la covid potrebbero essere presenti anche in persone che non hanno mai contratto l’infezione da SARS-CoV-2: uno scenario che apre prospettive interessanti nella ricerca di un vaccino anti CoViD-19 e che potrebbe spiegare in parte perché bambini e adolescenti sembrino avere un decorso meno preoccupante della malattia.

In uno studio pubblicato su Science, i ricercatori del Francis Crick Institute e dell’University College London (Regno Unito) spiegano di aver trovato un’immunità umorale preesistente (una forma di difesa mediata da anticorpi) in una piccola percentuale di invididui che non erano positivi alla covid al momento dell’analisi.

UN RICORDO CHE TORNA UTILE. Sedici adulti sui 302 analizzati (il 5,3%) mostravano di avere una classe particolare di anticorpi, gli IgG, sviluppata in seguito a un precedente incontro con coronavirus stagionali, quelli che causano comuni raffreddori. Le immunoglobuline IgG sono una tipologia di anticorpi prodotta nella seconda fase delle infezioni, e sono indicativi di un’immunità raggiunta (sulla durata della quale non vi sono certezze).

Gli anticorpi trovati risultano reattivi anche al virus della covid, il SARS-CoV-2, perché prendono di mira una particolare proteina virale – la S2 – che facilita l’attacco alle cellule umane. Questa parte della struttura esterna del patogeno si mantiene simile tra i vari coronavirus.

La presenza di questi anticorpi potrebbe avere un impatto sulla gravità della malattia in caso di infezione o sulla capacità di disperdere il virus, ma è molto diversa dal profilo immunitario che sviluppa chi è stato colpito dalla CoViD-19. I guariti dalla covid mostrano infatti più alti livelli di IgG diretti anche verso tutte le parti funzionali del virus, oltre ad altre immunoglobuline, le IgM e le IgA.

IL FATTORE ANAGRAFICO. La presenza di pregressi anticorpi IgG capaci di una reazione incrociata al SARS-CoV-2 è parsa molto più elevata tra bambini e adolescenti: era evidente in almeno 21 dei 48 soggetti analizzati (il 43,8%). I più giovani potrebbero aver avuto più facilmente un’esposizione recente a un coronavirus, e il loro sistema immunitario è anche più abile nel respingere le nuove infezioni.

PROTEZIONE AD AMPIO SPETTRO? Un possibile effetto protettivo dovuto alla immunità incrociata ai coronavirus era stato ipotizzato anche per il virus della SARS e non è di per sé sorprendente. Ma la scoperta potrebbe aiutare a mettere a punto nuovi vaccini, ma anche aprire nuove prospettive di copertura per quelli attualmente allo studio. L’immunità incrociata agisce infatti in entrambi i sensi, ed è possibile che un vaccino per la covid protegga anche da altri coronavirus meno pericolosi, come quelli del raffreddore.

 

FonteFocus

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