Pasta simbionte dagli effetti anti-infiammatori.

Articolo del 12 Novembre 2020

La pasta è probabilmente l’alimento che maggiormente ci rappresenta nel mondo e – insieme a cereali, legumi, frutta e verdura – è alla base della Dieta Mediterranea, patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO. La pasta viene considerata un ottimo “staple food” – ossia alimento di base – perché contiene principalmente carboidrati complessi (amido), ha un indice glicemico medio-basso, migliorando la risposta glicemica post-prandiale e riducendo il rischio di patologie cardiovascolari. Essendo la pasta quotidianamente presente sulle tavole degli italiani, si presta benissimo al ruolo di “veicolo” di ingredienti funzionali per l’organismo.

In questo studio, per la prima volta, sono stati aggiunti nell’impasto della pasta un prebiotico (beta-glucani da orzo) – e un probiotico (Bacillus coagulans), trasformandola in un alimento simbionte in grado di modulare la flora microbica dell’intestino ed esercitare un’azione anti-infiammatoria ed immunomodulante. La vera innovazione di questa formulazione è l’aggiunta di un probiotico ad un prodotto che verrà cotto: l’utilizzo, per la prima volta, del Bacillus coagulans sotto forma di spora nell’impasto ha permesso al probiotico di sopravvivere alla cottura della pasta e alle varie barriere fisiologiche del tratto gastrointestinale, permettendogli di giungere a livello del colon, dove ha potuto espletare le sue funzioni biologiche.

Gli effetti metabolici del consumo giornaliero della pasta simbionte – rispetto ad una pasta di controllo – sono stati valutati per 12 settimane su un gruppo di soggetti adulti, ma in uno stato di sovrappeso/obesità. L’ipotesi innovativa dello studio è legata alla capacità da parte di un alimento ad alto consumo come la pasta, in grado di modulare il metabolismo glicemico, di modulare anche la risposta infiammatoria/immunitaria dei soggetti grazie ai composti simbionti presenti nell’impasto. Non solo, ma è stato anche valutato come venisse modulato il microbiota, ossia l’insieme dei ceppi batterici che popolano il basso tratto gastrointestinale, il cui metabolismo influenza fortemente numerosi parametri metabolici, soprattutto quelli legati ai lipidi. Ulteriore forza dello studio è stata la scelta di non modificare le abitudini alimentari e lo stile di vita dei soggetti partecipanti allo studio, al fine di porsi in una condizione di “real life”, dove l’unica variabile fosse il consumo giornaliero della pasta simbionte.
I risultati non hanno mostrato differenze significative nei parametri considerati, né all’inizio dello studio né ai vari tempi di campionamento, quando è stata presa in esame tutta la popolazione. Tuttavia, focalizzandosi solamente sui soggetti con una maggiore alterazione metabolica, quali ad esempio gli obesi, i risultati hanno mostrato che, dopo 12 settimane di intervento, quei soggetti che avevano consumato la pasta simbionte avevano valori ematici di proteina-C-reattiva (un marker di infiammazione sistemico) e rapporti colesterolo-LDL/-HDL (marker di rischio cardiovascolare) significativamente più bassi rispetto ai soggetti obesi in intervento con pasta controllo. Inoltre, i soggetti iperglicemici che mangiavano pasta innovativa per 12 settimane avevano un valore significativamente più basso di resistina plasmatica (un nuovo marker di rischio cardiovascolare) rispetto alla pasta controllo. I risultati microbiologici hanno dimostrato che il Bacillus coagulans è arrivato vivo e vitale a livello del colon e si è osservato un aumento dell’abbondanza di ceppi microbici benefici.

In conclusione, questo studio ha mostrato come l’utilizzo di un alimento altamente consumato come la pasta possa essere utilizzato come vettore di probiotici e prebiotici, amplificando lo spettro dei suoi effetti funzionali sul metabolismo glicemico, lipidico ed esercitando un’azione anti-infiammatoria. Effetto che si esplica preferenzialmente in soggetti caratterizzati da un’alterazione dell’omeostasi metabolica ed immunitaria, come i soggetti sovrappeso ed obesi, target preferenziale di ogni strategia di prevenzione delle malattie cardiovascolari.

I risultati di questo studio suggeriscono l’importanza di utilizzare alimenti ad alto consumo, arricchiti di ulteriori composti funzionali, al fine di ottimizzare gli interventi nutrizionali di prevenzione cardiovascolare senza modificare drasticamente le abitudini alimentari dei soggetti, aumentando le probabilità di successo.

 

Fonte:  Scienza in Rete

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