Quanto costano i tamponi e perché intasano il sistema sanitario pubblico.

Articolo del 03 Novembre 2020

Almeno in Lombardia, se sei asintomatico o sintomatico ma non grave, il sistema sanitario pubblico non riesce più ad assicurarti il tampone. Puoi farlo privatamente ma il costo è alto: una media di 100 euro a test, e in ogni caso di fronte a una positività rintracciata in questo modo, il sistema fatica a far partire il tracciamento contatti.
A Infodata, quando ci troviamo di fronte a dati opachi solitamente ci fermiamo. Preferiamo raccontare dati che consideriamo solidi, raccolti con una metodologia che abbiamo valutato essere indicativa. Talvolta però le domande sono talmente grandi che osiamo inoltrarci nella Selva Oscura e mostrare al cittadino perché non è possibile raccogliere certi dati, che invece giustamente il cittadino chiede.

Un altro esempio di dato opaco sono i numeri dei contagi in cinema e teatri. In questi giorni sta girando online l’immagine di alcuni numeri secondo cui in tutta Italia ci sarebbe stato solo un contagio in teatri o cinema. Purtroppo questo dato non può rispecchiare la realtà, è appunto opaco: la verità è che non vengono raccolte in modo omogeneo le informazioni sul luogo di contagio per il semplice fatto che è difficile risalire a dove è avvenuto il contagio. Tornando ai tamponi, l’impressione è che la maggior parte delle regioni sia allo stato brado, che non ci sia nessuno che tiene le redini.

L’indagine di Altroconsumo

Un’indagine di Altroconsumo condotta in 154 strutture private in sei Regioni (Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto) e pubblicata l’8 ottobre scorso mostra che richiedere un tampone molecolare classico perché venuti a contatto con un positivo, in un ambulatorio privato costa in media 94 euro. Il ventaglio dei prezzi è notevole: ci sono strutture che fanno un tampone per 60 euro, altre che chiedono anche 125 euro, mentre in tanti centri – per esempio in nessuna delle 20 strutture private interpellate in Campania – non è possibile fare un tampone.
Nella stessa Regione Lombardia ci sono strutture che offrono tamponi a 75 euro, altre a 120 euro. I test sierologici costano meno, in media 48 euro e – sempre stando all’inchiesta di Altroconsumo – i prezzi sono invariati rispetto a giugno 2020, anche se con variazioni notevoli: da 25 a oltre 60 euro, anche nella medesima regione.

Il costo sociale del tampone

Al di là del fatto che 100 euro a tampone è un costo insostenibile per una grossa parte delle famiglie, il problema è che il sistema non è pronto per integrare i grossi flussi di informazioni dei tamponi privati. I centri privati non dialogano con i sistemi sanitari regionali: forniscono il risultato al cittadino, che si trova positivo senza sapere di preciso che cosa deve fare, e che quindi subissa di telefonate le Ats, che anche quando riescono a rispondere non possono prenderlo in carico per avviare il tracciamento dei contatti, proprio perché non hanno accesso al risultato dei tamponi.

Cosa sta accadendo in Lombardia?

Quello che sta accadendo in Lombardia è un esempio classico di come ciò che fa la differenza nella funzionalità di un sistema è l’interoperabilità: quanto i sistemi dialogano fra di loro, pubblico con privato, locale con regionale e con nazionale. In questa situazione i tamponi eseguiti privatamente non aiutano i sistemi sanitari stessi, anzi aumentano il caos. E al cittadino non serve molto, se comunque si traduce in uno “stai a casa e aspetta”.
Nel frattempo si avvicina l’inverno, e come era prevedibile, il trend degli interventi per problemi respiratori e infettivi gestiti dalle Sale operative regionali (Soreu) lombarde mostra che le richieste di assistenza nell’Area metropolitana a Milano con Aat di Milano e Monza Brianza sono raddoppiate in meno di un mese.

Lo stesso vale per i test antigenici. Un test antigenico è un tampone (non un test del sangue, che si chiama test sierologico) che ha tempi di risposta più rapidi del test molecolare (circa 15 minuti), costa meno e sebbene possa fare degli errori, è ritenuto, in mancanza di opzioni migliori, un buon modo per attuare uno screening indicativo in presenza di flussi importanti di richiesta di tampone, come accade in queste settimane.

Regione che vai tampone che trovi

Non diciamo “regola”, perché il punto è che mancano proprio le regole. Da qualche giorno in Lombardia non è più possibile prenotare privatamente i test antigenici rapidi, anche se sei stato a contatto con una persona risultata positiva.
Lo ha denunciato all’agenzia di stampa Adnkronos l’amministratore delegato del Centro medico milanese Sant’Agostino, Luca Foresti. Non è che non ce ne siano abbastanza: a quanto pare il motivo della decisione è – di nuovo – che il sistema pubblico non è in grado di raccogliere in tempo reale le informazioni provenienti dai centri privati e di avviare i contact tracing per ogni persona che teme di essere positiva. Mancano ancora le indicazioni regionali (che dovrebbero arrivare prossimamente) per la trasmissione degli esiti dei test all’Ats e su che cosa deve fare una persona che risulta positiva: se sottoporsi al tampone classico o stare solamente in quarantena. Sempre che il tampone tu possa farlo, come si è visto.

Cosa è stato fatto in questi quattro mesi?

La domanda che si fa il cittadino è perché in quattro mesi di apparente quiete le regioni non hanno previsto che le cose si sarebbero messe nuovamente in questo modo, su quali scenari statistici si sono basate le regioni per pianificare l’attività di test, per potenziare il sistema di scambio di dati in sicurezza, strutturando un sistema di gestione territoriale dei flussi.

Va detto che forse il collo di bottiglia è a monte. Dice bene Pietro Greco, giornalista scientifico navigato, che quasi solo nel panorama giornalistico italiano sottolinea che in caso di pandemia nemmeno un coordinamento a livello nazionale forse può bastare. «Almeno le pandemie vanno gestite a livello centrale e in coordinamento strettissimo con l’Europa e con il resto del mondo. Occorrono un governo europeo e un governo mondiale della sanità, almeno in caso di pandemie – scrive su «strisciarossa» -. Altro punto dolente è il caos di un sistema sanitario gestito in parte dallo Stato e in parte da una ventina tra Regioni e Provincie Autonome. Ci sono stati errori soggettivi, ma un carro tirato da troppi cavalli che tirano tutti in direzioni diverse, talvolta opposte, non si muove».

 

Fonte: 24+ de IlSole24Ore

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