Rapporto BES 2021: come va la vita in Italia? La salute degli italiani

Articolo del 17 Maggio 2022

Data l’ampiezza e la diversità delle aree ricomprese all’interno della definizione stessa di benessere equo e sostenibile risulta necessario suddividere l’analisi del Rapporto 2021 in più parti. Poiché la situazione contingente è tuttora caratterizzata e influenzata in modo forte e assolutamente non trascurabile dalla pandemia da COVID-19, occorre iniziare l’analisi esaminando il capitolo dedicato al dominio della Salute e, in parte, l’ultimo capitolo incentrato sul dominio Qualità dei servizi, nel quale sono comunque presenti importanti indicatori rispetto al tema della salute.

 

COVID-19, mortalità e aspettativa di vita

Il primo elemento che viene esaminato nel Capitolo 1 riguarda l’eccesso di decessi rispetto all’insieme di tutte le cause, ovvero quanti morti in più (per tutte le cause) ci sono stati nel Paese rispetto agli anni precedenti. L’eccesso di mortalità è stato stimato confrontando i dati del 2020 e del 2021 con la media dei decessi del quinquennio 2015-2019, in tal modo si assume implicitamente che la diffusione dell’epidemia produca un aumento di morti anche non direttamente riferibile al numero di casi positivi deceduti. Nel 2021 si registra, a livello nazionale, un incremento rispetto alla media 2015-2019 di quasi 10 punti percentuali: l’area maggiormente colpita è il Mezzogiorno (+12,9 punti percentuali), mentre quella dove si osserva l’aumento più contenuto è il Nord (+8,2%), seguita a breve distanza dal Centro (+8,6%). Confrontando i valori relativi al 2021 con quelli del 2020 emerge come a livello di Paese l’eccesso di mortalità sia diminuito nell’ultimo anno (-5 punti percentuali); tale dato, però, contiene a suo interno due tendenze molto diverse. Infatti, se nelle regioni del Nord Italia si registra una forte diminuzione pari a oltre 13 punti, nel Mezzogiorno si riscontra un incremento rispetto al 2020 di quasi 5 punti, mentre nel Centro si osserva un andamento piuttosto stabile (+1%). Ciò mostra chiaramente come nel secondo anno di pandemia la diffusione del contagio, non solo ha riguardato tutto il territorio nazionale, a differenza di quanto accaduto nel 2020, quando l’area più colpita fu il Nord, ma ha anche comportato una crescita considerevole dell’incidenza dei casi e dei decessi nelle regioni del Sud e delle Isole.

Strettamente legata all’eccesso di mortalità è l’aspettativa di vita alla nascita che, nel 2020, proprio a causa dell’eccesso di decessi, si è ridotta di oltre un anno, passando dagli 83,2 anni del 2019 a 82,1. Nell’ultimo anno vi è stata una leggera ripresa con il valore che oggi si attesta a 82,4. Guardando alla suddivisione di genere si osserva come per gli uomini la speranza di vita alla nascita è pari a 80,1 anni (-1 anno rispetto al 2019), mentre per le donne a 84,8 anni (-0,6 anni rispetto al 2019). Occorre comunque sottolineare come nonostante il calo riscontrato nell’ultimo biennio l’Italia resti nelle posizioni di vertice a livello europeo rispetto all’aspettativa di vita, assestandosi al quarto posto sia per quanto riguarda gli uomini che le donne.

 

Gli effetti della pandemia su anziani e adolescenti

La pandemia ha colpito in modo più duro le fasce di popolazione più anziane. Oltre il 70% dell’eccesso di mortalità complessivo, infatti, è dovuto all’aumento dei decessi tra gli over 80, e un ulteriore 21% è spiegato se si considera l’incremento di morti nella fascia di età 65-79 anni. Inoltre, il Rapporto evidenzia come al 2021 quasi la metà degli over 75 (47,8%) versi in cattive condizioni di salute soffrendo di tre o più patologie croniche, ovvero è multicronica. In particolare, si osserva un forte gradiente territoriale Nord-Mezzogiorno con le regioni del Italia settentrionale che mostrano valori prossimi al 45%, mentre quelle del Sud e delle Isole superano il 55%, il che vuol dire che una persona su due di età superiore ai 75 anni è multicronica.

L’altra fascia di età che ha sofferto maggiormente durante questi due anni, non tanto per gli effetti diretti sulla salute causati dalla pandemia, bensì per quelli legati alle misure e alle restrizioni adottate per il contenimento del virus, è stata quella degli adolescenti, e in particolar modo i 14-19enni. L’indice di benessere mentale, che nel 2020 mostrava un miglioramento rispetto al 2019, cala drasticamente nel corso del 2021, passando rispettivamente a un punteggio di 66,6 per le ragazze (-4,6 punti rispetto al 2020) e 74,1 per i ragazzi (-2,4 punti rispetto al 2020). Inoltre, si riduce la quota di adolescenti che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatti per le relazioni amicali, scendendo dal 41% del 2020 al 34,5% del 2021; parimenti cresce la quota di chi riferisce di non avere amici su cui potere contare in caso di necessità, che sale dal 14,4% al 17,2%. Come evidenziato durante la presentazione del Rapporto dalla professoressa Linda Laura Sabbadini, Direttrice Centrale dell’Istat, ciò rappresenta una novità assoluta, legata al prolungarsi dell’epidemia e delle criticità connesse alle restrizioni e limitazioni e che sarà necessario monitorare con attenzione. Inoltre, tra gli adolescenti si riscontra un’altra tendenza preoccupante legata all’aumento della sedentarietà: tra i 14-19enni si osserva un aumento della percentuale di soggetti sedentari con una crescita di oltre 2 punti percentuali, dal 18,6% al 20,9%.

 

La rinuncia alle prestazioni sanitarie

Passando all’ultimo capitolo del Rapporto BES 2021, relativo alla Qualità dei servizi, occorre esaminare l’indicatore relativo alla rinuncia alle prestazioni sanitarie. Dalla figura riportata di seguito si nota come a livello nazionale, nel corso degli ultimi due anni, si sia verificata una crescita della percentuale di popolazione che ha deciso di rinunciare a prestazioni sanitarie pur avendone bisogno. Nel 2020 tale percentuale aveva raggiunto il 9,6% (era pari al 6,3% nel 2019), mentre nel 2021 si riscontra un ulteriore aumento pari al +1,5%, ovvero 765mila persone in più rispetto al 2020. Nell’ultimo anno l’11% dei cittadini che ha avuto bisogno di una visita specialistica o un esame diagnostico ha rinunciato a effettuarlo: nel 53,3% dei casi la motivazione che spiega tale rinuncia è riconducibile a cause connesse a COVID-19.

Inoltre, dalla figura 1 si evince chiaramente come le differenze territoriali presenti sino al 2019, che vedevano le Regioni del Mezzogiorno con valori percentuali significativamente più grandi rispetto a quelle del Nord e del Centro, sono state significativamente appianate dalla pandemia rendendo il problema omogeneo a livello nazionale. Persistono comunque alcune situazioni di forte criticità: in Sardegna quasi una persona su cinque che aveva necessità di effettuare una prestazione sanitaria ha rinunciato; in Abruzzo la percentuale è pari al 13,8%, mentre nel Molise e nel Lazio è del 13,2%.

Figura 1 – Persone che negli ultimi 12 mesi hanno rinunciato a prestazioni sanitarie pur avendone bisogno, per Regione
(Anni 2019-2021. Valori percentuali)

 Persone che negli ultimi 12 mesi hanno rinunciato a prestazioni sanitarie pur avendone bisogno, per regione

Fonte: “Rapporto BES 2021: il benessere equo e sostenibile in Italia”

Come evidenziato dal Rapporto queste rinunce e il loro incremento destano preoccupazione, in quanto sottintendono un rinvio nelle prestazioni, che potrebbe da un lato comportare un futuro aumento delle richieste, con un impatto sulle liste di attesa, e dall’altro causare incrementi in termini di mortalità evitabile per la mancata tempestività delle cure.

 

L’impatto dell’emergenza sanitaria: uno sguardo sul futuro

Dall’analisi appena effettuata emerge dunque in modo nitido come la pandemia da COVID-19, non solo sia ancora presente e attuale (basti pensare che il settimo e ultimo Rapporto prodotto congiuntamente dall’Istituto nazionale di statistica e dall’Istituto Superiore di Sanità stima per il 2022 un eccesso di mortalità pari al 9%), ma avrà anche importanti e assolutamente non trascurabili ripercussioni anche per gli anni a venire. Sarà imprescindibile prestare la massima attenzione e cura verso le fasce estreme della popolazione, ovvero gli adolescenti e gli over 65, le quali, sebbene per motivi diversi, hanno sofferto maggiormente la pandemia e necessiteranno di importanti sforzi e azioni da parte dei decisori politici.

Occorre fare, infine, una precisazione. Quelli appena presentati sono solo una parte degli indicatori che costituiscono le dimensioni salute e qualità dei servizi studiate all’interno del Rapporto BES. Per ovvie ragioni di spazio è stata effettuata una scelta rispetto a quali indicatori riportare nel presente articolo, per un’analisi esaustiva e di maggior dettaglio si rimanda al primo e all’ultimo capitolo della pubblicazione.

 

Fonte: Il Punto

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