UE e lotta ai tumori, anche il vino alla sbarra. In arrivo un’etichetta con i rischi per la salute

Articolo del 23 Febbraio 2021

Tempi duri per gli amanti del vino e in generale per produttori e consumatori di bevande alcoliche. Se i rischi per la salute derivanti dal consumo di alcool sono ormai tendenzialmente conosciuti dalla popolazione, dal prossimo anno potrebbero essere, letteralmente, “nero su bianco”.

Nei giorni scorsi, infatti, la Commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides al termine della conferenza stampa di approvazione del Piano UE per la lotta ai tumori, ha reso nota l’intenzione della Commissione europea di proporre un obbligo di etichettatura relativa agli ingredienti e una dichiarazione nutrizionale sulle bottiglie di alcolici nel 2022 e, per il 2023, una dicitura recante le avvertenze per la salute.

Tuttavia, come rassicura la Commissione Europea, il vino non cesserà di far parte della nostra cultura alimentare. L’ottica è, invece, quella di fornire una informazione chiara e comprensibile, che aumenti la consapevolezza sui danni causati dal consumo di alcool, pur senza bandirlo. Abbiamo chiesto un commento approfondito sulla questione al dottor Paolo Delrio, direttore dell’UOC Oncologia Chirurgica Colorettale e del Dipartimento di Oncologia Addominale presso l’Istituto Nazionale dei Tumori Pascale di Napoli.

Quali evidenze ci sono circa l’oncogenicità degli alcolici e in particolare del vino?

«Il rapporto tra l’assunzione di alcolici e cancro è dimostrata da numerosi studi epidemiologici ed è ormai chiaro che nei soggetti bevitori di alcool è maggiore l’incidenza di tumori di varie sedi. Il rischio di cancro è strettamente collegato alle quantità assunte, quindi è maggiore nei soggetti che sono forti bevitori. Purtroppo, anche per assunzioni definite moderate, soprattutto in caso di altri fattori di rischio associato come il fumo, il rischio non è basso».

Come definire un’assunzione moderata?

«Alcune organizzazioni nazionali ed internazionali definiscono come moderata l’assunzione giornaliera di 300 ml di birra o 150 ml di vino o 60 ml di una bevanda superalcolica. Anche il vino infatti contiene alcol, sicuramente in percentuali di volume minore ad alcune altre bevande (il vino dal 10 al 19% mentre i “superalcolici” superano tutti il 21 % fino al 90% di alcool). Finché l’assunzione rientra in questi limiti il rischio può essere definito basso, ma mai totalmente assente».

Su quali organi e in che modo l’uso di alcol incide sul rischio di sviluppare tumori?

«Quando assumiamo una bevanda alcolica il nostro corpo metabolizza l’etanolo in un composto chimico, denominato acetaldehyde: questa sostanza è in grado non solo di danneggiare il DNA, ma impedisce anche all’organismo di riparare il danno. La mancanza di riparazione può generare una proliferazione incontrollata delle cellule. Inoltre, la presenza dell’etanolo può alterare la capacità dell’organismo di assorbire alcuni nutrienti come le vitamine, ed aumentare il livello di ormoni estrogeni nel sangue. Da ciò deriva che i principali organi bersaglio dell’alcol sono la bocca, gola e faringe, l’esofago, il colon ed il retto, il fegato, probabilmente il pancreas ed infine la mammella nella donna».

Negli ultimi tempi, per quanto riguarda gli alimenti, oltre alla carne rossa anche gli insaccati sono finiti sul “banco degli imputati” per il potenziale cancerogeno. Anche qui, quanto c’è di vero e quali sono i meccanismi d’azione?

«In alcuni processi di lavorazione della carne, per insaporirla o conservarla, è purtroppo previsto l’uso di sostanze nocive. L’affumicatura, il sale ed i conservanti tra cui i nitriti ed i nitrati sono da tempo noti come fattori favorenti lo sviluppo di tumori dell’apparato gastrointestinale. Fortunatamente, specialmente in Italia, i processi di lavorazione dei salumi insaccati (come il salame) e non insaccati (come il prosciutto) sono di elevata qualità e ben regolamentati. Da ciò ne deriva che il consumo moderato di carne ed insaccati, bilanciato da una corretta integrazione con frutta e verdura, non rappresenta un rischio aumentato di sviluppare un tumore».

 

Fonte: Sanità Informazione

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