Un respiratore non fa una terapia intensiva.

Articolo del 26 Ottobre 2020

I dati diffusi giornalmente fin da inizio pandemia fanno un distinguo tra pazienti ricoverati in reparto e pazienti ricoverati in terapia intensiva. In questi ultimi mesi tutti abbiamo sentito parlare che i respiratori sono il salvavita dei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Ma non basta un respiratore per far funzionare una terapia intensiva.

I pazienti con polmonite da corona virus hanno un quadro clinico talmente grave che oltre al ventilatore necessitano di monitoraggio multiparametrico h 24, di letto dedicato, materasso anti-decubito, presidi per il posizionamento del capo e degli arti. I farmaci in infusione continua sono anche più di sei in simultanea, tutti infusi in maniera controllata con pompa siringa, attraverso un catetere venoso centrale. I pazienti vengono nutriti artificialmente, grazie ad una pompa che spinge il nutrimento attraverso una sonda che arriva nello stomaco. Non potendo deglutire, la saliva e le secrezioni bronchiali vengono aspirate ad intervalli regolari, con un macchinario chiamato aspiratore.

Tutto questo viene effettuato da infermieri specializzati e anestesisti. Perché non tutti i medici ed infermieri sanno infilare tubi vari dentro le persone, dosare farmaci in alta concentrazione, utilizzare respiratori, macchinari e presidi complessi.

Come non ci sono i posti letto di terapia intensiva, non ci sono nemmeno infermieri e medici formati per gestire tali pazienti e tali attrezzature. Il personale deve essere in numero tale da poter garantire l’affiancamento e la formazione delle nuove assunzioni. La carenza di personale si fa sentire anche tra il personale di supporto.

Il coronavirus non si combatte solo con i farmaci, ma con le buone pratiche igienico sanitarie, attraverso la sanificazione degli ambienti e dei presidi. Gli Operatori Socio Sanitari devono essere presenti nei reparti di terapie intensive così come sono presenti gli infermieri e i medici. Serve tanto personale di tutti i profili. Servono tanti presidi e non solo ventilatori.

 

FonteQuotidianoSanità.it