Cancro e alimentazione: 5 novità da sapere

Articolo del 10 Febbraio 2021

Gli studi dimostrano l’importanza di una sana alimentazione nella prevenzione del cancro, ma attenzione: ogni dieta deve essere personalizzata a seconda dell’età, del sesso, dello stile di vita. E la ricerca non si ferma mai.

Non ci sono più dubbi: molti studi provano che una corretta alimentazione sia un’arma di prevenzione contro il cancro. Ma il rapporto tra cibo e tumori è più profondo e complesso di quanto si possa immaginare. Ce lo ha spiegato Antonio Moschetta, Ordinario di medicina interna dell’Universita di Bari, e ricercatore della fondazione AIRC – Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro in occasione della Giornata mondiale contro il cancro.

Ecco dunque 5 aspetti da tenere presenti nel rapporto tra alimentazione e tumori.

1. Alimentazione e metabolismo del cancro

Quando si parla del rapporto tra cibo e cancro, dobbiamo soffermarci indubbiamente sul metabolismo del cancro, ossia capire qual è la benzina che il tumore utilizza per crescere e diventare aggressivo. Tale aspetto è di fondamentale importanza perché, in alcuni tumori, lo stato metabolico della persona ammalata determina l’aggressività del tumore. È per questo che una donna con obesità viscerale (girovita oltre la norma a causa dell’accumulo di grasso all’addome) ha più probabilità di ammalarsi di cancro alla mammella, mentre un uomo obeso ha un rischio aumentato di sviluppare cancro alla prostata.

Spiega Moschetta: «L’obesità viscerale caratterizza un ambiente sistemico pro-infiammatorio che può favorire l’insorgenza del cancro. Oggi, in particolare, si parla di microambiente tumorale per descrivere tutte quelle cellule che circondano il cancro, incluse le cellule infiammatorie, che possono creare delle situazioni favorevoli alla crescita del tumore.

Pertanto, dobbiamo porre particolare attenzione alla nutrizione e allo stile di vita: ciò che mangiamo può influenzare lo sviluppo di tumori non solo del tratto gastrointestinale, per i quali è scontato un rapporto diretto con il cibo, ma anche di tumori che nascono in siti molto distanti come fegato, mammella, prostata. Proprio questi tumori sono maggiormente associati ad una condizione dismetabolica, caratterizzata da accumulo di grasso a livello del girovita che favorisce la creazione di un ambiente infiammatorio pericoloso».

2. Un’alimentazione corretta migliora l’effetto delle terapie

Metabolismo, nutrizione e stile di vita adeguati non sono solo importanti per la prevenzione, ma permettono anche alle terapie di funzionare meglio. Uno studio americano condotto su 250 mila soggetti di sesso femminile ha dimostrato che a parità di tumore alla mammella (stadio, tipologia…), una donna con obesità addominale presenta possibilità di guarigione a cinque anni ridotte di quasi il 20% rispetto ad una donna senza adiposità viscerale.

«Se siamo in uno stato dismetabolico e infiammatorio, i farmaci non funzionano bene. Ciò significa che nutrizione e stile di vita, da soli, non saranno mai in grado di curare il cancro, ma favoriranno la creazione di un ambiente meno suscettibile all’aggressività della malattia, che permetterà anche alle cure di funzionare al meglio», aggiunge Moschetta.

3. L’importanza delle terapie target

La ricerca è da sempre impegnata nell’individuare quali sono i meccanismi attraverso i quali i nutrienti e gli ormoni sono capaci di spegnere i geni del nostro DNA al fine di affamare la cellula tumorale, e quindi indurla a morte programmata.

Precisa il professore: «Le terapie target che vanno ad affamare il cancro sono, nella maggior parte dei casi, dei trattamenti mirati che vanno a modulare delle strade intracellulari volte ad affamare la cellula. Tali terapie sono state possibili in seguito alla scoperta di quali sono gli interruttori sul Dna che sono accesi e spenti dai nutrienti e dagli ormoni. Un esempio di questi interruttori è il recettore degli estrogeni nei tumori della mammella. Quando è stato identificato nelle cellule del cancro, è bastato disegnare un composto chimico antiormonale per affamare e quindi curare il tumore della mammella».

Al recettore degli estrogeni se ne sono aggiunti altri, come quello dei retinoidi nella leucemia e quello degli androgeni nel tumore alla prostata. «Questi risultati indicano che siamo sulla strada giusta. Perché la cura del paziente sia efficace, dobbiamo mirare a una terapia personalizzata metabolica. Non è una terapia chimica o una chemioterapia, ma il blocco selettivo della funzione di un ormone. In questo modo andiamo ad azzerare la benzina metabolica che il cancro utilizza per crescere. E le possibilità di guarigione aumentano».

4. L’alimentazione influenza l’ambiente in cui si sviluppa il tumore

Tutte queste strade non agiscono unicamente sul cancro, ma anche sul microambiente in cui il cancro nasce. Le nuove terapie, come quella immunitaria o altre antinfiammatorie, mirano a colpire l’interazione con le cellule che stanno intorno al tumore.

«Oggi sappiamo che un determinato tumore, con una specifica mutazione, ha effetti completamente differenti in due soggetti diversi. Paragonando il tumore a una macchina, in un individuo corre a 10 km all’ora e in un altro a 120 km/h. Ed è proprio qui che nutrizione e stile vita sono protagonisti, determinando la velocità di questa crescita. In un soggetto infiammato, obeso e con il fegato grasso, quello specifico tumore corre molto più velocemente. Ciò significa che per contrastare il tumore, questo soggetto dovrà cambiare il suo stile di vita e come si comporta a tavola».

Dovrà quindi praticare più esercizio fisico e fare attenzione non solo ai grassi dell’alimentazione, ma soprattutto a carboidrati, farinacei e derivati del latte. Nella maggior parte dei casi, infatti, questi cibi hanno un contenuto troppo alto di zuccheri che, se non equilibrato da un’adeguata spesa energetica, rischia di accumularsi sottoforma di grasso viscerale. Che sia chiaro: non si intende affatto dire che la farina e il latte favoriscano il cancro, ma che l’energia che si assume sotto forma di farine e lieviti è superiore a quella che si spende con metabolismo basale o con l’esercizio fisico. Pertanto, nell’organismo, quello zucchero diventa grasso, si deposita, crea un ambiente infiammatorio e va a modulare una maggiore aggressività del cancro.

5. L’importanza della dieta mediterranea

Precisa, in conclusione, il professore: «Noi sappiamo che la dieta mediterranea o la dieta di Okinawa sono il non plus ultra per diminuire il rischio oncologico, ma in realtà ogni dieta dovrebbe essere costruita ad personam perché la personalizzazione della nutrizione è importante come la medicina personalizzata».

Gli assiomi, in altre parole, non esistono: ognuno ha il suo metabolismo a seconda del sesso, dell’età, della costituzione e dello stile di vita. Un obeso e un magro non rispondono allo stesso modo alle terapie. «Lo studio del metabolismo del cancro sta umanizzando l’oncologia. Adesso l’oncologo, dopo aver individuato il tipo di tumore, la mutazione e la tipologia di farmaco da prescrivere, deve guardare la persona nel suo complesso, perché se è obesa o magra dovrà curarla diversamente. E perché una dieta che faccia bene o male in assoluto non esiste».

 

FonteFocus

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