Com’è il vaccino Oxford-AstraZeneca e le differenze con quelli di Pfizer e Moderna

Articolo del 25 Novembre 2020

Ora sarà una bagarre di prezzi e richiesta di autorizzazione per l’uso di emergenza, ma anche la logistica avrà la sua importanza.

L’annuncio dell’arrivo di un terzo vaccino contro il coronavirus, dopo quello di Pfizer e Moderna, era nell’aria. La notizia è stata data il 23 novembre in una conferenza stampa dal Ceo di AstraZeneca, Pascal Claude Roland Soriot. Ora sarà una bagarre di prezzi e richiesta di autorizzazione per l’uso di emergenza, ma anche la logistica avrà la sua importanza.

Ma cosa ha di diverso dai due competitor statunitensi? A parità di sicurezza ed efficacia, AZD122, questo il nome del terzo vaccino che la farmaceutica anglo-svedese sta sviluppando in collaborazione con l’Università di Oxford e l’italiana Irbm, potrebbe essere più facile da distribuire e più economico. Ma andiamo con ordine.

Il vaccino, riferisce l’azienda, ha avuto un’efficacia media del 70% nella prevenzione della malattia. Ma c’è un dettaglio da approfondire. Sono infatti stati utilizzati due diversi regimi di dosaggio, che hanno prodotto risultati diversi. Il vaccino è stato efficace al 62% nei partecipanti che hanno ricevuto due dosi “piene”, mentre per chi ha ricevuto una mezza dose seguita da una dose completa, il vaccino è stato efficace al 90%.

Vaccini a confronto

Una distribuzione maggiore

«Lo schema di metà dose che ha funzionato meglio può significare che più persone potrebbero ricevere il vaccino» ha commentato Adrian Hill, che ha guidato il team di Oxford. Si tratta di risultati intermedi di uno studio che ha coinvolto 25.000 persone, di cui 131 hanno contratto la malattia. «Nessuno di questi, però, ha manifestato una forma grave», ha precisato l’azienda. «I risultati di oggi si aggiungono ai dati già pubblicati la scorsa settimana su The Lancet. Stiamo preparando la sottomissione dei risultati alle autorità regolatorie e a una rivista per la pubblicazione affinché siano disponibili alla comunità scientifica – afferma Lorenzo Wittum, presidente e ad di AstraZeneca Italia – Siamo soddisfatti dei risultati e del lavoro di squadra che AstraZeneca ha intrapreso già da aprile per rispondere all’emergenza globale con l’obiettivo di favorire un accesso ampio ed equo del vaccino in tutto il mondo con la fornitura di 3 miliardi di dosi nel 2021, al costo di produzione.

I vantaggi

L’accordo con l’Europa è di 300 milioni dosi, con un’opzione di altre 100 dopo l’approvazione». AstraZeneca ha una capacità produttiva di un miliardo di dosi e l’infialamento verrà fatto in Italia, nello stabilimento Catalent di Anagni. Altri due produttori partner, in India e Russia, ne hanno un miliardo ciascuno.

Il vaccino di AstraZeneca ha tra i vantaggi non solo il prezzo (dovrebbe costare 2,8 euro per dose contro i 30 dollari di Moderna e i 20 per quello di Pfizer), ma anche la conservazione: richiede solo la refrigerazione standard. Questo perché il vaccino “inglese” si basa su una tecnologia consolidata per i vaccini, mentre i concorrenti hanno bisogno di congelatori per la conservazione e il trasporto per evitare che l’Rna e la particella lipidica che lo trattiene si degradino.

Anche Pfizer ha presentato una domanda (il 20 novembre) per un’autorizzazione all’uso di emergenza (Eua) alla Fda statunitense. Moderna la richiederà nelle prossime settimane. Molti ricercatori si aspettano che le autorizzazioni vengano concesse, ma essendo stati testati solo per un paio di mesi, è troppo presto per sapere per quanto tempo saranno efficaci. Inoltre, è bene ricordare che i risultati riportati fino ad oggi provengono dalle tre aziende e al momento i dati di fase 3 non sono stati ancora pubblicati.

 

Fonte: 24+ de Il Sole24Ore

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