Coronavirus, dall’aerosol all’eparina: il protocollo sulle cure a casa.

Articolo del 17 Novembre 2020

Per i pazienti con pochi sintomi solo paracetamolo, antinfiammatori solo se il caso si aggrava, antibiotici solo se la febbre persiste oltre 72 ore.

Misurazione periodica dell’ossigeno con saturimetri; non utilizzare idrossiclorochina; non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri; ricorrere a trattamenti sintomatici come il paracetamolo; non modificare terapie croniche in atto; corticosteroidi, eparina e antibiotici solo in precise situazioni; non sono raccomandati supplementi vitaminici e integratori (lattoferrina, vitamina D ecc) per cui non esistono evidenze solide di efficacia. Queste alcune delle indicazioni contenute nella bozza del documento “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2” alla cui stesura ha contribuito il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli.

A quali pazienti sono rivolte le indicazioni

Il documento sarà ora oggetto di confronto con le organizzazioni dei medici di medicina generale e la Federazione degli ordini dei medici. Le raccomandazioni si riferiscono alla gestione farmacologica in ambito domiciliare dei casi lievi di Covid-19 e si applicano sia ai casi confermati (con una conferma di laboratorio indipendentemente dai segni e dai sintomi clinici;), sia a quelli probabili (ovvero un caso che presenta criteri clinici compatibili con Covid-19 e abbia avuto un contatto probabile o confermato con un caso certo). Per caso lieve, si rileva nel documento, si intende: presenza di sintomi come febbre (minore di 37.5°C), malessere, tosse, faringodinia, congestione nasale, cefalea, mialgie, diarrea, in assenza di dispnea, disidratazione, alterazione dello stato di coscienza. I soggetti anziani e quelli immunodepressi, si avverte, possono presentare però sintomi atipici e quindi vanno valutati con particolare attenzione e cautela. Inoltre, i soggetti ad altro rischio di progressione, necessitano di una valutazione specifica sulla base dei fattori di rischio individuali.

No all’idrossiclorochina

La stessa Aifa ha sospeso l’autorizzazione all’utilizzo di idrossiclorochina per il trattamento dell’infezione da Covid-19 al di fuori degli studi clinici, sulla base di solide evidenze della letteratura scientifica e in coerenza con quanto viene raccomandato dalle Linee Guida internazionali. È stato infatti provato un quadro di sostanziale assenza di ogni beneficio clinico associato al trattamento in questione, per giunta con possibili impatti negativi determinati da effetti collaterali anche gravi e potenzialmente letali per il paziente.

No antibiotici e cortisone

Per gli asintomatici o paucisintomatici il farmaco di elezione è il paracetamolo per i sintomi febbrili, gli antinfiammatori solo se il quadro clinico del paziente Covid inizia ad aggravarsi, cortisone solo in emergenza per evitare di aggredire il sistema immunitario del malato. Nessun antireumatico, nè antibiotici. Eparina per le persone che hanno difficoltà a muoversi.Si consiglia una idratazione e nutrizione appropriata e di non modificare terapie croniche in atto per altre patologie (es. terapie antiipertensive o anticoagulanti), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni pre-esistenti. Per quanto riguarda i farmaci, si indica di non utilizzare routinariamente corticosteroidi, il cui uso a domicilio può essere però considerato in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, soprattutto se in presenza di un peggioramento dei parametri dell’ossigeno.

Eparina solo nei soggetti immobilizzati

Ed ancora: non utilizzare eparina se non nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto, e non utilizzare antibiotici (il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di una persistenza della sintomatologia febbrile per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica). Si indica anche di non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente. Inoltre, si rileva nella bozza, non esistono, ad oggi, evidenze solide di efficacia dei supplementi vitaminici e integratori alimentari (vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo non è quindi raccomandato.

Gli stadi della malattia

Nel testo sono contenute anche le diverse classificazioni della malattia: l’infezione viene ritenuta lieve se il paziente ha febbre ma assenza di dispnea e alterazioni radiologiche. È moderata se il malato ha la polmonite con evidenza radiologica e l’ossigenazione del sangue si attesta sui valori di soglia. Severa quando l’ossigenazione è al di sotto della soglia, è presente un’alta frequenza respiratoria e si riscontrano infiltrazioni polmonari. Viene infine definita come malattia in stadio critico se sono presenti insufficienza respiratoria, shock settico o insufficienza multiorgano.

Sarà il medico di base a decidere se il paziente va ricoverato

Il documento dà anche le indicazioni per stabilire un’alleanza terapeutica con il paziente e il suo caregiver. Sarà la valutazione del medico di medicina generale, caso per caso, a indicare quando il paziente non può essere più curato a casa ma deve essere portato in ospedale. Il protocollo era atteso da tempo, lo stesso sindacato dei medici italiani (Smi) nelle scorse settimane aveva chiesto a gran voce all’Istituto superiore di sanità di fornire linee guida chiare per tutti. Ma adesso che la bozza sta circolando, i camici bianchi esprimono sconcerto e irritazione per non essere stati coinvolti nel tavolo di lavoro, oltre a non condividere le indicazioni terapeutiche.

 

Fonte: IlSole24Ore

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