Cosa ci svela il clima con la lente di tre Nobel

Articolo del 13 Ottobre 2021

Sentiamo spesso lamentele sul fatto che il carbone immagazzinato nella Terra sia sprecato dalla generazione presente senza alcun pensiero per il futuro… Possiamo trovare una sorta di consolazione nella considerazione che qui, come in ogni altro caso, c’è del bene mescolato al male. Per l’influenza della crescente percentuale di anidride carbonica nell’atmosfera, possiamo sperare di godere di età con climi più equi e migliori, specialmente per quanto riguarda le regioni più fredde della Terra, età in cui la Terra produrrà raccolti molto più abbondanti rispetto a presente, a vantaggio della rapida propagazione dell’umanità».

Correva l’anno 1908 e l’autore di queste affermazioni era Svante Arrhenius, premio Nobel per la chimica nel 1903, tra i primi a studiare l’effetto dell’anidride carbonica (meglio nota come CO2) sul clima globale. E, si dice, lontano antenato di Greta Thunberg. In un articolo scientifico pubblicato nel 1896 Arrhenius anticipò infatti la diretta correlazione tra la concentrazione di CO2 in atmosfera e la temperatura del nostro pianeta. Le ricerche scientifiche dei decenni successivi gli hanno dato pienamente ragione, almeno per ciò che riguarda la correlazione tra concentrazione di gas serra e riscaldamento globale. Un po’ meno fondata, ahinoi, era la sua ottimistica previsione con la quale ho aperto questo pezzo – contenuta nel libro «Mondi in divenire» – , ovvero che l’aumento della concentrazione di CO2 avrebbe contribuito a risolvere la crescente domanda di cibo. Oggi, purtroppo, conosciamo bene quali drammatiche conseguenze stia invece avendo l’aumento – causato dall’uomo – dei gas serra in atmosfera. Per il Goddard Institute for Space Studies della Nasa il 2020 è stato l’anno più caldo di sempre, a pari merito col 2016, con un aumento della temperatura media terrestre di circa 1,08 gradi Celsius rispetto al periodo di riferimento 1951-1980. Insomma, la Terra si sta surriscaldando e ci stiamo già accorgendo di cosa ciò comporti.

Un tema, quello dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale, che è stato al centro del premio Nobel per la fisica 2021 assegnato la scorsa settimana a Klaus Hasselmann, Syukuro Manabe e Giorgio Parisi per i loro studi sui sistemi complessi. Quei sistemi, cioè, che sono composti da tantissimi elementi in continua interazione tra loro e il cui comportamento non può essere descritto dalla somma dei comportamenti e delle interazioni individuali dei singoli componenti. Il clima è un ottimo esempio di sistema complesso. Hasselmann e Manabe, in particolare, hanno ricevuto il premio proprio per i loro pionieristici studi dedicati allo sviluppo di modelli climatici.

Seguendo e perfezionando il filone aperto da Arrhenius una settantina d’anni prima, negli Anni 50 Manabe iniziò ad approfondire la comprensione di come un aumento dei livelli di anidride carbonica potesse causare un aumento delle temperature. Grazie a queste ricerche, negli Anni 60, Manabe sviluppò modelli fisici che consideravano in maniera dettagliata i moti verticali delle masse d’aria in atmosfera e i bilanci energetici del vapore acqueo. In questo modo – tenendo conto di processi che Arrhenius non aveva considerato – fu in grado di confermare in modo incontrovertibile che il riscaldamento dell’atmosfera era dovuto all’aumento dell’anidride carbonica, perché il suo modello prevedeva l’aumento delle temperature più vicino al suolo, mentre l’atmosfera superiore si raffreddava.

Hasselmann, invece, è stato premiato per aver realizzato un modello che collega variazioni su brevi scale temporali (il cosiddetto meteo) con comportamenti di lungo periodo (il clima). Ciò ha fatto sì che la scienza si sia convinta del fatto che i modelli climatici possono essere affidabili, nonostante il meteo su tempi brevi sia mutevole e assai difficile da predire. In altri termini anche se è difficile fare previsioni meteo che indovinino se la settimana prossima – proprio quando abbiamo prenotato la nostra vacanza – il tempo sarà bello o brutto, prevedere cosa succederà al clima nei prossimi decenni è scientificamente assai più attendibile. Hasselmann ha anche sviluppato dei metodi per identificare i responsabili dei cambiamenti climatici, vuoi che siano fenomeni naturali o – assai più influenti e dannose – le attività umane.

Le ricerche di Manabe e Hasselmann, insieme a quelle fondamentali sulla teoria dei sistemi complessi svolte da Parisi, hanno posto solide fondamenta per costruire la conoscenza della fisica che regola il clima terrestre. Una conoscenza scientifica che oggi non dà più adito a dubbi. Come ha scritto l’Accademia delle Scienze di Stoccolma nel comunicato che accompagna la decisione sul Nobel «non possiamo più dire che non lo sapevamo: i modelli climatici sono inequivocabili. La Terra si sta surriscaldando? Sì. La causa è l’aumento della quantità di gas serra nell’atmosfera? Sì. Questo può essere spiegato esclusivamente da fattori naturali? No. Le emissioni dell’umanità sono la causa dell’aumento della temperatura? Sì».

Più chiaro di così…

 

Fonte: La Stampa

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