Il nuovo studio su remdesevir conferma l’efficacia terapeutica e la riduzione tempi di recupero.

Articolo del 13 Ottobre 2020

The New England Journal of Medicine (NEJM) ha pubblicato oggi i risultati finali del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) statunitense di ACTT-1, uno studio clinico di fase III, in doppio cieco, controllato con placebo e con l’antivirale sperimentale di Gilead remdesivir per il trattamento di adulti ospedalizzati con COVID-19 lieve e moderato o grave.

I risultati finali dello studio ACTT-1 costruiti sui risultati preliminari pubblicati sul NEJM a maggio 2020, dimostrano che, rispetto al placebo, nei pazienti con COVID-19 il trattamento con remdesivir ha prodotto miglioramenti continuativi e clinicamente significativi su diversi parametri di valutazione. I risultati finali dimostrano inoltre che il trattamento con remdesivir ha determinato un tempo di recupero più rapido rispetto a quanto già comunicato in precedenza.

Nei risultati preliminari al giorno 15, remdesivir più lo standard di cura aveva ridotto il tempo di recupero di quattro giorni rispetto al placebo più lo standard di cura (11 giorni vs 15). L’endpoint primario dello studio era il tempo al recupero clinico fino al giorno 29.

Lo studio ha raggiunto il suo endpoint primario, dimostrando che remdesivir più lo standard di cura è stato superiore nell’abbreviare il tempo di recupero fino al giorno 29 rispetto al placebo più lo standard di cura. Nei risultati finali al giorno 29, i pazienti che avevano ricevuto remdesivir (n = 541) hanno ottenuto il recupero clinico cinque giorni prima rispetto a quelli che avevano ricevuto il placebo, con un tempo mediano di recupero di 10 giorni con remdesivir e di 15 giorni con placebo e con un aumento del tasso di recupero del 29% rispetto al placebo (rapporto tra i tassi di recupero, 1,29; intervallo di confidenza al 95% [IC], 1,12-1,49; p <0,001).

Questo risultato è stato più pronunciato nei pazienti che richiedevano il supporto con ossigeno al basale (n = 957); in questo gruppo, i pazienti che avevano ricevuto remdesivir hanno ottenuto il recupero clinico sette giorni prima rispetto a quelli che avevano ricevuto placebo, con un tempo mediano di recupero di 11 giorni con remdesivir e di 18 giorni con il placebo (rapporto tra i tassi di recupero, 1,31; IC 95%, 1,12-1,52) .

Anche l’endpoint secondario chiave dello studio, relativo allo stato clinico al giorno 15, è stato raggiuntoo. I pazienti che avevano ricevuto remdesivir hanno avuto il 50% di probabilità in più di migliorare entro il giorno 15 rispetto a quelli che avevano ricevuto il placebo (OR, 1,5; IC 95%, 1,2-1,9), e l’effetto è stato mantenuto fino al giorno 29. Il beneficio di remdesivir è stato maggiore quando il farmaco è stato somministrato entro 10 giorni dall’insorgenza dei sintomi, sebbene un beneficio sia stato osservato anche nella maggior parte degli intervalli di durata dei sintomi.

Nella popolazione complessiva dello studio si è verificata una tendenza verso una riduzione della mortalità – un endpoint secondario dello studio – al giorno 15 (6,7% vs 11,9%; HR, 0,55; IC 95%, 0,36-0,83) e al giorno 29 (11,4 % vs. 15,2%, HR 0,73; IC 95%, 0,52-1,03) nei pazienti trattati con remdesivir rispetto al placebo.

Data la varietà della gravità della malattia nella popolazione complessiva dello studio, è stata condotta un’analisi post-hoc senza aggiustamenti per test multipli, al fine di determinare se c’erano differenze di mortalità in base allo stato clinico al basale dei pazienti, e per capire meglio dove remdesivir potesse produrre il massimo beneficio. In questa analisi, i pazienti che necessitavano di ossigenoterapia a basso flusso al basale e che avevano ricevuto remdesivir hanno ottenuto una riduzione statisticamente significativa del 72% della mortalità (3,1% vs 10,5%; HR, 0,28; IC 95%, 0,12-0,66) al giorno 15 e una riduzione statisticamente significativa del 70% della mortalità (4% vs 13%; HR, 0,30; IC 95%, 0,14-0,64) al giorno 29. La differenza di mortalità in altri sottogruppi sulla base dello stato clinico al basale non è stata statisticamente significativa.

“I risultati dello studio ACTT-1 dimostrano che, nei pazienti ospedalizzati con polmonite da COVID-19, remdesivir è il primo farmaco antivirale a essere significativamente associato a un tempo di recupero più breve – cinque giorni prima per tutti i pazienti e sette giorni prima per i pazienti più gravi – e al contempo a una minore progressione verso la ventilazione meccanica”, ha affermato Andre Kalil, MD, MPH, Professore di Medicina Interna, Divisione di Malattie Infettive, Direttore del Programma di Malattie Infettive da Trapianto presso il Centro Medico dell’Università del Nebraska  principal investigator dello studio ACTT-1.

“In base all’esperienza clinica – ha aggiunto – abbiamo osservato che la risposta del paziente e il rischio di mortalità differiscono in tutto lo spettro della malattia. Grazie a questa analisi post-hocdella mortalità per sottogruppi, i dati di cui disponiamo ora suggeriscono che somministrare remdesivir a pazienti in ossigenoterapia può ridurre in modo significativo le probabilità di morte rispetto ad altri sottogruppi. Questi dati forniscono ai medici informazioni importanti, che li aiutano a ottimizzare l’approccio terapeutico al paziente”.

Sono stati soddisfatti anche altri endpoint secondari, tra cui il tempo alla dimissione, l’uso di ossigeno e l’incidenza e la durata del nuovo uso di ossigeno o di altro supporto respiratorio. I pazienti nel braccio di trattamento con remdesivir hanno avuto un tempo di dimissione più breve o un punteggio National Early Warning Score di ≤ 2 rispetto al placebo, con un tempo mediano alla dimissione o NEWS ≤2 di 8 giorni con remdesivir e di 12 giorni con il placebo (HR, 1,27; IC 95%, 1,10-1,46). Remdesivir ha ridotto la progressione della malattia tra i pazienti che avevano ricevuto l’antivirale sperimentale, producendo un minor numero di giorni mediani con supporto di ossigeno (13 giorni vs 21 giorni) e un’incidenza significativamente inferiore di nuova ventilazione o ECMO (13%; IC 95%, 10%-17 %) rispetto a quelli trattati con placebo (23%; IC 95%, 19-27%).

Nel complesso, l’incidenza degli eventi avversi associati a remdesivir è stata simile al placebo, senza che venissero identificati nuovi segnali di sicurezza rispetto all’analisi ad interim. I tassi di eventi avversi gravi (SAE) sono stati numericamente più alti nel braccio placebo rispetto al braccio remdesivir (PBO + SOC-standard of Care: 32%; remdesivir + SOC: 25%). Il tasso di interruzione del trattamento, tutti gli eventi avversi di grado 3 e 4 per tutte le cause e le anomalie di laboratorio sono state simili tra i due bracci.

 

Fonte:  QuotidianoSanità.it