Covid e lavoro, il contagio in azienda è infortunio. L’impresa rischia processo penale e risarcimento.
Articolo del 23 Ottobre 2020
Stando all’ultimo report Inail, a fine settembre le denunce di contagio sul lavoro da Covid-19 hanno superato le 54.000 unità (54.128) con un aumento di 1.919 denunce rispetto a fine agosto di cui 1.127 relative a infezioni avvenute in settembre e le altre 792 nei mesi precedenti, per effetto del consolidamento dei dati. Questi dati riaprono il dibattito sulla necessità di uno scudo penale per i datori di lavoro adempienti, rispetto al tema delle misure di prevenzione. «Le norme vigenti, anche quelle ultimamente introdotte, non escludono la responsabilità penale del datore di lavoro, che vedrà riconosciuto il proprio comportamento lecito solo alla fine del relativo procedimento», commenta Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. «Le incertezze esistenti, su dove come e da chi avvenga il contagio, creano una situazione di grande disagio tra gli imprenditori. Ed è un problema non da poco. Per questo è urgente, considerando l’impennata dei contagi a cui stiamo assistendo, avviare una riflessione con le parti sociali per arrivare a una norma».
Rischi e interpretazioni dubbie della normativa
L’equiparazione fatta dall’articolo 42 del D.L. n. 18/2020 tra infortunio sul lavoro e contagio da Covid-19, meritevole di ricevere la copertura assicurativa Inail, potrebbe portare al coinvolgimento dell’imprenditore sul piano penale per i reati di lesioni o di omicidio colposo, nel caso di decesso. E questo anche nel caso che la responsabilità del datore di lavoro non sia oggettiva, ma abbia adempiuto a tutto quanto previsto da norme e regolamenti. Infatti, restano ancora molti i punti critici; tra questi, ad esempio, la verifica che il contagio sia effettivamente avvenuto in occasione di lavoro, considerando che il lungo periodo di incubazione del virus non permette di avere certezza sul luogo e sulla causa del contagio. Così come di escludere con sufficiente certezza l’esistenza di altre cause di contagio. Senza poi contare i casi dei soggetti asintomatici. Il tutto al netto di cause civili per risarcimento danni. Forse andrebbe studiata una soluzione per mettere al riparo dai rischi gli imprenditori che sono stati ligi al protocollo.
Soprattutto gli uomini e si abbassa l’età
I casi mortali per contagio da Covid-19 sono pari a circa 1/3 del totale dei decessi denunciati all’Inail dall’inizio dell’anno. Ad essere colpiti sono soprattutto gli uomini (84,0%) e nelle fasce 50-64 anni (69,9%) e over 64 anni (19,4%), con un’età media dei deceduti di 59 anni. In quasi nove casi su 10 (89,3%) si tratta di lavoratori italiani, mentre tra gli stranieri le comunità più colpite sono quelle peruviana (17,6&), rumena (14,7%) e albanese (11,8%). Prendendo in considerazione il totale delle infezioni di origine professionale denunciate, il rapporto tra i generi si inverte – circa sette contagiati su 10 (70,7%) sono donne – e l’età media scende a 47 anni.
Nord sotto tiro
Dall’analisi territoriale il Nord resta sotto tiro. Entrando nello specifico emerge che più della metà delle denunce presentate all’Istituto (55,1%) ricade nel Nord-Ovest, seguito da Nord-Est (24,4%), Centro (11,9%), Sud (6,2%) e Isole (2,4%). Concentrando l’analisi esclusivamente sui casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 56,7%, mentre il Sud, con il 16,0% dei decessi, precede il Nord-Est (13,8%), il Centro (11,6%) e le Isole (1,9%). La Lombardia si conferma la regione più colpita, con il 35,2% dei contagi denunciati e il 41,7% dei casi mortali. Tra le province, invece, il primato negativo spetta a quella di Milano, con il 10.8% del totale delle infezioni sul lavoro denunciate, seguita da Torino (7,8%), Brescia (5,4%) e Bergamo (4,6%).
Si riducono i contagi delle professioni sanitarie
Se la categoria dei tecnici della salute – con il 39,2% delle infezioni denunciate, oltre l’83% delle quali relative a infermieri, e il 9,5% dei casi mortali – si conferma la più colpita, seguita dagli operatori socio-sanitari (20,6%), dai medici (10,1%), dagli operatori socio-assistenziali (8,9%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, dopo il lockdown l’incidenza delle professioni sanitarie sul totale dei contagi da Covid-19 si è progressivamente ridotta. Guardando invece le attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, cliniche, residenze per anziani e disabili) con il 70,3% delle denunce e il 21,3% dei decessi codificati precede l’amministrazione pubblica (Asl e amministratori regionali, provinciali e comunali), in cui ricadono l’8,9% delle infezioni denunciate e il 10,7% dei casi mortali. Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero e le attività dei servizi di alloggio e ristorazione.