Covid: esistono vaccini di serie A e di serie B? Gli scienziati: «Non esistono differenti fasce di efficacia. Le somministrazioni funzionano tutte»

Articolo del 10 Febbraio 2021

A sollevare la questione della «differenza di efficacia» tra i diversi vaccini attualmente disponibili in Italia sono stati i sindacati del personale scolastico, delle forze di polizia e delle altre categorie ora incluse nella campagna di immunizzazione degli under 55. «Come se ad alcuni segmenti della popolazione venisse somministrato un prodotto più efficace e ad altri uno che funziona meno. Si tratta di una colossale fake news, una totale menzogna antiscientifica», affermano al centro vaccinale di Bolzano dove da lunedì si estenderà (nei palazzetti dello sport e nei siti di somministrazione dell’Alto Adige) l’immunizzazione alle persone con meno di 55 anni che fanno parte per il lavoro svolto della categorie più esposte al contagio.

La spiegazione scientifica

«Non esistono vaccinati di serie A e di serie B», sottolinea alla Stampa.it il professor Roberto Cauda, ordinario di Malattie Infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli di Roma. «Le percentuali di efficacia che circolano nei mass media riguardano gli studi presentati per la registrazione alle agenzie regolatorie dei farmaci- precis al’infettivologo-. Le vere percentuali sono quelle che scaturiscono dalla vaccinazione di milioni di persone. E la risposta è eccellente per tutti i vaccini somministrati nelle campagne delle varie nazioni». La «leggenda metropolitana alimentata dai social» non tiene conto né delle evidenze scientifiche né della storia delle vaccinazioni. «Le sperimentazioni i sono sempre fatte- puntualizza il professor Cauda-. La precedente immunizzazione di massa è stata quella effettuata per l’antipolio e all’epoca le regole per l’approvazione di un prodotto erano sicuramente meno stringenti di oggi. La vaccinazione ha fatto scomparire la poliomielite. Le informazioni devono essere corrette oppure l’opinione pubblica viene pericolosamente fuorviata. Le percentuali di efficacia riscontrate con i vaccini anti-Covid sono ampiamente sufficienti per il controllo della patologia. E più si estende l’immunizzazione ad una fascia maggiore di popolazione, più la campagna produce risultati in termini di contrasto alla pandemia».

Criteri di efficacia

«La distinzione tra chi ha più di 55 anni e chi meno nell’ individuazione delle fasce da vaccinare risponde esclusivamente al criterio della scarsa disponibilità di dosi di vaccini- evidenzia il professor Cauda-. Il sistema immunitario degli under 55 è più reattivo di quello degli anziani, per i quali è quindi più indicata una vaccinazione che stimoli maggiormente la risposta immunitaria. Abbiamo l’esperienza dei vaccini anti-influenzali che vengono potenziati con adiuvanti per la popolazione di età elevata proprio perché ii sistema immunitario rallenta di pari passo con l’invecchiamento». Ma dal punto di vista scientifico «non c’è da preoccuparsi per le differenze di fascia», chiarisce l’infettivologo, «e infatti nel Regno Unito stanno vaccinando tutta la popolazione con AstraZeneca indipendente dall’età delle persone. La differenza riguarda solo il numero di anziani sui quali è stato sperimentato il vaccino AstraZeneca rispetto a quelli Pfizer e Moderna. Con una logica prudenziale l’agenzia europea del farmaco Ema ha consigliato di usare i vaccini sperimentati su un numero più ampio di anziani. Ma non ci sono ostacoli scientifici all’estensione della somministrazione di AstraZeneca a tutte le fasce della popolazione sulla base degli ottimi risultati della immunizzazione. La scienza è sempre in evoluzione continua. Lo abbiamo visto con gli anticorpi monoclonali che fino a poco fa erano una cura sperimentale e ora sono stati approvati dall’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco».

Logica prudenziale

Sostiene il direttore della Uoc di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli: «La distinzione in fasce di età risponde ad una logica prudenziale, ma non è che un vaccino funziona più per una certa fascia di età che per un’altra. Nelle registrazione dell’Ema troviamo una raccomandazione, non un’esclusione. Non esiste una vaccinazione da preferire ad un’altra e nulla vieta che la raccomandazione d’uso possa cambiare. I vaccini sono legati sia agli anticorpi sia alle cellule quindi la protezione può durare più a lungo. Ogni giorno conosciamo meglio il virus. Per esempio gli ultimi studi dimostrano che più ne isoliamo in un tampone e più sintomi presenta più il paziente contagiato ha capacità di trasmettere la malattia».

 

FonteLa Stampa

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