Covid/Tracing, Testing e Treating: soluzioni operative per la seconda ondata.

Articolo del 26 Ottobre 2020

Per la prima volta in tanti anni, le risorse finanziarie allocabili al Ssn non sono IL problema. E’ necessario che la politica si assuma la responsabilità di attivare tutte le fonti disponibili – anche previste a livello europeo – per garantire che queste arrivino tempestivamente al sistema sanitario.
Il tema ora critico è come far sì che esse siano prontamente utilizzate dal sistema sanitario per far fronte alla nuova ondata di Covid-19. Per farlo, servono programmi e soluzioni immediatamente azionabili e implementabili nel tempo a disposizione.
Le proposte gestionali contenute in questo articolo sono implementabili in tempi relativamente rapidi per fare in modo che questa pandemia non presenti un conto troppo alto ai pazienti Covid e non-Covid e ai cittadini italiani in termini di mancate diagnosi e cure e di altri pesanti costi sociali.

Le 3 T
Fin dalla prima ondata del Covid-19 si è parlato dell’importanza delle 3T, ossia della capacità del sistema sanitario di agire su Tracing (tracciare i positivi e i loro contatti stretti), Testing (effettuare tamponi e altre indagini sierologiche sui sospetti positivi) e Treating (trattare al giusto livello di assistenza e di intensità di cura tutti i pazienti Covid positivi, dal domicilio sino ai ricoveri in ospedale).

Cosa sta succedendo rispetto a queste 3T all’entrata in vigore del nuovo DPCM del 25 ottobre 2020? Quanto le Aziende e i sistemi sanitari sono preparati ad utilizzare le 3T per affrontare l’enorme aumento di flussi di pazienti sospetti e positivi della seconda ondata? Quali sono le principali criticità che il sistema sta riscontrando? Quali soluzioni migliorative potrebbero adottare anche alla luce delle lezioni apprese dalla risposta delle nostre Aziende Sanitarie alla prima ondata di Covid-19?

Tracing: identificare i pazienti positivi, filtrare i contatti stretti, monitorare le condizioni
Il tracing è fondamentale per garantire che le catene dei contatti – in particolare quelli “stretti” – dei pazienti positivi al Covid siano individuate precocemente per consentire l’isolamento dei casi sospetti ed evitare che si accendano o propaghino focolai della malattia.
Le indicazioni su quali siano considerabili “contatti stretti” e quali siano le procedure da attivare per il testing non sempre sono state comunicate ai cittadini e alle istituzioni che li vedono coinvolti (scuole, luoghi di lavoro, ecc.) in modo chiaro, preciso e tempestivo.

Canale informale vs canale istituzionale
Questa scarsa chiarezza ha contribuito a creare e alimentare due canali differenti di tracing:

1) il canale istituzionale, gestito dalle Aziende Sanitarie attraverso i Dipartimenti di Prevenzione e i Servizi di Igiene e Sanità Pubblica (con la collaborazione delle amministrazioni locali), che avrebbe dovuto essere supportato anche dalla App di tracing (Immuni) scelta dal Governo italiano;

2) il canale informale che, di fronte alla difficoltà di accesso al canale istituzionale, si è creato tra i network personali dei cittadini che hanno comunicato la propria positività alla malattia ai propri contatti parentali, amicali e professionali. Il canale informale ha avuto una particolare esplosione da settembre al ripartire delle attività scolastiche e lavorative. Questa situazione ha indotto comportamenti paradossalmente opposti: da un lato, un eccessivo e non corretto ricorso al testing attraverso tamponi o sierologici per contatti non propriamente “stretti” oppure in momenti non adeguati alla diagnosi della malattia, utilizzando risorse del sistema (già sotto pressione) in modo inappropriato; dall’altro, una mancata responsabilizzazione individuale nel mantenere una situazione di distanziamento fisico e di isolamento presso il proprio domicilio nei casi di potenziali pazienti positivi al Covid ma asintomatici.

Per risolvere le problematiche e i paradossi indotti dal canale informale, è necessario potenziare tempestivamente il canale istituzionale.

Raccomandazione # 1
Il tracing è una responsabilità di salute pubblica che non può essere lasciata solo all’auto-gestione di canali informali (parentali e amicali) dei cittadini. Il canale istituzionale deve essere potenziato rapidamente sul tracing dei contatti stretti per individuare potenziali cluster positivi al Covid-19 e avviarli al processo più adeguato di testing e monitoraggio delle condizioni.

Ma come supportare quindi il canale istituzionale in tempi rapidi?

Il ruolo di Immuni
L’App di tracing scelta dal Governo è caratterizzata da:

1) download volontario da parte dei cittadini ;

2) invio delle notifiche di contatto con un paziente positivo da effettuare da parte delle autorità sanitarie preposte. Nel primo caso sono emersi problemi di diffusione dell’App, nel secondo di mancato invio delle notifiche da parte dell’App stessa.

Il collo di bottiglia, oggi, non è soltanto nel numero di download, ma anche e soprattutto nella capacità operativa di gestire le notifiche e il tracing. La sensibilizzazione al download e all’utilizzo di Immuni è quindi necessaria, ma solo se alla diffusione di questa App si accompagna un lavoro rilevante del canale istituzionale nel filtrare i casi di contatti “stretti” e, quindi, nel definire chi dovrà sottoporsi al testing e con quali modalità.
In assenza di questo, Immuni non è utile.

Il rafforzamento dei Dipartimenti di Prevenzione e/o dei Servizi di Igiene e Sanità Pubblica
I soggetti cui deve essere demandata la regia del tracing sono i Dipartimenti di Prevenzione e/o i Servizi di Igiene e Sanità Pubblica.

Per tracciare in maniera capillare e diffusa la popolazione colpita da Covid-19 e i contatti stretti sono necessarie due condizioni operative primarie:

1)la definizione di protocolli clinici e check list che possono supportare e velocizzare – grazie ad algoritmi che “automatizzano” la risposta – l’identificazione della sintomatologia dei pazienti e della necessità di procedere con il testing e il monitoraggio delle condizioni lungo l’arco della malattia;

2)professionisti e operatori, adeguatamente formati, dedicati al lavoro di contatto con i pazienti per via telefonica e/o telematica.

Protocolli e check list
Rispetto alla prima condizione, è necessaria una forte integrazione tra i Dipartimenti di Prevenzione e i professionisti ospedalieri (in particolare infettivologi, rianimatori e pneumologi) per elaborare linee guida e protocolli clinici utili a filtrare i pazienti verso il testing e/o ai diversi livelli di cura (il treating dal livello domiciliare all’ospedale a seconda della sintomatologia). Questi protocolli e check list devono essere necessariamente digitalizzati per garantire una gestione dinamica del registro dei pazienti positivi e dei loro contatti e per aggiornare in tempo reale le loro condizioni di salute e organizzare, di conseguenza, la risposta dei servizi sanitari: dalla prenotazione del tampone o del sierologico, all’accesso delle USCA a domicilio, all’isolamento in un patient hotel sino alla necessità di ricovero ospedaliero.

Personale e call center per il potenziamento dell’infrastruttura
Rispetto alla seconda condizione, è indispensabile allocare un numero adeguato di professionisti e di operatori al lavoro di tracing del dipartimento di prevenzione, con numero telefonico dedicato, tenuto conto dell’aumento dei contagi e dei contatti.
Una delle maggiori problematiche interne che hanno incontrato le Aziende Sanitarie nel perseguire questa strategia è stata la carenza strutturale di personale a presidio dei dipartimenti di prevenzione. La crisi dovuta al Covid-19 ha acuito tale criticità, evidenziando un notevole shortage di professionisti e operatori allocati a queste funzioni che, in taluni casi, non ha permesso di raggiungere livelli di efficienza adeguati nelle risposte. Le politiche pubbliche sanitarie a livello nazionale e regionale hanno, infatti, storicamente coinvolto in modo marginale lo sviluppo dell’area della prevenzione, a favore di altri ambiti di intervento, e non hanno garantito una reale integrazione con altre aree come quella ospedaliera.
Tale carenza – in questo momento di crisi – è affrontabile in diversi modi dalle Aziende Sanitarie, alcune delle quali hanno già sperimentato una o più soluzioni di questo genere:

1)spostando e allocando un numero significativo di operatori amministrativi e sanitari (non impegnati nelle attività ordinarie) al tracing telefonico;

2)impiegando personale non SSN che per caratteristiche possa supportare il sistema (come, ad esempio, studenti agli ultimi due anni di medicina o specializzandi non impegnati in attività o tirocinio sanitari);

3)esternalizzando su call center anche privati (per loro vocazione specializzati nella gestione di grandi volumi di contatti, dotati di piattaforme per la gestione dati e grande flessibilità e modularità organizzativa) che seguano le indicazioni previste dai protocolli clinici elaborati e rimandino ogni eventuale problematica clinica al personale esperto delle Aziende.

Raccomandazione # 2
Il potenziamento del canale di tracing istituzionale necessita di: i) sensibilizzazione sulla diffusione più ampia della APP Immuni, ii) rafforzamento del ruolo di regia del Dipartimento di Prevenzione e/o Servizi di Igiene e Sanità Pubblici. Operativamente sono necessari: a) protocolli clinici e check list con algoritmi automatici per l’individuazione dei sintomi e l’invio dei pazienti al percorso più adeguato di testing e/o monitoraggio; b) un numero crescente di personale e operatori formati per effettuare il contact tracing telefonico, anche esternalizzando su call center privati; c) sistemi digitalizzati di prenotazione del test e di raccolta degli esiti.

Chatbot e sistemi di comunicazione con i cittadini
Per evitare che numeri telefonici dedicati al tracing possano essere “presi d’assalto” da parte di cittadini per richieste di informazioni, appare indispensabile investire in sistemi di comunicazione bidirezionale attraverso chat o chatbot automatizzate che permettano di porre domande sulla malattia, sui sintomi e sull’andamento dell’epidemia. Anche l’utilizzo di social network per avviare un canale di comunicazione con i cittadini, con il supporto delle Amministrazioni Locali, può essere un utile mezzo per garantire la diffusione di informazioni senza un sovraccarico del sistema. La comunicazione deve essere quanto più possibile inclusiva per fasce più fragili della popolazione che possono soffrire di barriere culturali o linguistiche (ad esempio, traduzione delle informazioni sulla malattia e sull’accesso alle prestazioni e servizi di mediazione culturale rivolti a specifiche minoranze linguistiche presenti nel territorio di riferimento).

Raccomandazione # 3
Il numero telefonico del contact tracing non deve essere utilizzato come canale informativo per i cittadini non coinvolti nei cluster di sospetti positivi. Per avviare sistemi di comunicazione sul Covid-19 è necessario utilizzare sistemi di chat e chatbot automatizzate e/o i canali social delle istituzioni sanitarie.

Recuperare il ruolo di MMG e PLS nell’assistenza ai pazienti non-Covid
Per la tenuta del sistema sono stati coinvolti nella gestione del tracing anche i Medici di Medicina Generale (MMG) e i Pediatri di Libera Scelta (PLS), soggetti convenzionati con il SSN, sia individualmente sia nelle forme associative e cooperative che possono consentire la gestione per turni nell’arco della giornata. Un’ottimale allocazione di personale nei sistemi di contact tracing dell’area della prevenzione potrebbe alleggerire i MMG e i PLS dal compito della valutazione dei pazienti Covid, consentendo loro di concentrarsi sull’assistenza ai propri pazienti non-Covid sia cronici sia occasionali. Questo permetterebbe di garantire un filtro ottimale rispetto ai Pronto Soccorso – impegnati nella risposta ai pazienti Covid-19 – e alle attività di specialistica ambulatoriale procrastinabile o non urgente (prevedendo un collegamento diretto con gli specialisti delle Aziende Sanitarie), per evitare un vuoto di cure e di monitoraggio su pazienti non infetti che si è verificato durante la prima ondata di diffusione del virus.
Qualora ciò non fosse possibile, i protocolli telematici per il tracing e la valutazione dei pazienti Covid con algoritmo automatizzato devono essere messi tempestivamente a disposizione di MMG e PLS che possono in tal modo svolgere, in piena sicurezza, il loro ruolo di gatekeeping del sistema di risposta al Covid-19, prenotare i tamponi e gli screening diagnostici necessari o inviare il paziente direttamente ad ambulatori deputati alla presa in carico del paziente Covid orientati al ricovero ospedaliero.

Raccomandazione # 4
Se i sistemi di contact tracing a regia dei Dipartimenti di Prevenzione e/o Igiene e Sanità Pubblica avranno un numero adeguato di operatori allocati, i MMG e i PLS potranno concentrarsi sulla gestione dei pazienti non-Covid che, durante la prima ondata, hanno sofferto la mancanza di una risposta ai propri problemi di salute occasionali e cronici.

Testing: organizzare i flussi e processi per la diagnosi del Covid
Dal punto di vista della diagnostica per il Covid-19, l’evoluzione scientifica e tecnologica ha consentito alle Aziende Sanitarie di avere a disposizione diversi strumenti. In una prima fase, l’attività diagnostica era essenzialmente svolta attraverso l’utilizzo dei tamponi molecolari che rappresentavano uno degli elementi fondamentali per la diagnosi della presenza del virus SARS-CoV-2 insieme a prestazioni di diagnostica per immagini (RX torace e TAC), prelievi ematologici per la ricerca di specifici fattori e altre valutazioni cliniche, che venivano effettuati prevalentemente in ospedale. In un secondo momento, le Aziende Sanitarie hanno potuto avere accesso a nuovi strumenti diagnostici, basati sull’analisi quantitativa della presenza di anticorpi Covid-19 effettuati tramite prelievo o tramite test rapido, che tuttavia servono a evidenziare se una persona è entrata in contatto con il virus in passato e non la situazione attuale.
Per l’analisi della positività al Covid-19 è comunque necessario effettuare un tampone e oggi sono disponibili anche quelli antigenici a rapido esito, dimostrati come valide alternative al tampone naso-faringeo da un recente studio pubblicato su Viruses (Viruses 2020, 12(10), 1184).
Nel corso dei mesi, sebbene non negli stessi tempi in tutte le Regioni Italiane, è stata allargata la possibilità anche ai soggetti privati accreditati e non accreditati con il SSN di eseguire l’attività diagnostica con tamponi e sierologici, in modalità out-of-pocket.
Nonostante la progressiva estensione in termini di test disponibili e di soggetti che possono svolgere tale attività, permane comunque un problema di risorse scarse per poterli eseguire in modo diffuso a tutta la popolazione che potrebbe averne necessità. Non si tratta solo di problematiche relative allo shortage di dispositivi, di reagenti o di tecnologie veloci per poterli analizzare, ma anche di risorse umane specializzate da dedicare a tali processi di testing.

Ampliare la capillarità della macchina diagnostica
E’ certamente necessario ampliare le possibilità tecniche e logistiche in relazione ai test attualmente disponibili per la diagnosi del Coronavirus: da un lato, garantendo investimenti per l’acquisto di apparecchiature all’avanguardia e approvvigionamenti dei dispositivi necessari, dall’altro attraverso una maggiore capillarizzazione dei tamponi sul territorio con laboratori, ambulatori e drive-through, fissi e mobili, per raggiungere i potenziali contatti positivi. Infine, è rilevante dedicare più risorse umane a tale processo con professionisti sanitari adeguatamente formati.
I tamponi rapidi antigenici, per via delle loro caratteristiche (non hanno necessità di un laboratorio), dovrebbero essere erogati quanto più possibile in prossimità dei cittadini, sino ad arrivare all’effettuazione presso le farmacie (come auspicato ma ancora non regolamentato dal Ministero della Salute) o nelle scuole. In questi luoghi dovrà essere assicurata la presenza di operatori sanitari formati per eseguire le attività di testing; in quanto risorsa scarsa potrebbe essere prevista un’attribuzione per slot temporali, con uno spostamento degli operatori presso diverse farmacie o scuole.
Anche, o in alternativa, potrebbero essere previste postazioni mobili con operatori sanitari per l’effettuazione dei test antigenici presso le piazze o luoghi appositi in diverse zone delle città.
Anche le strutture private accreditate e non accreditate devono essere chiamate a concorrere all’erogazione dei tamponi molecolari e antigenici insieme alle pubbliche, contribuendo a moltiplicare la capacità produttiva anche in termini di risorse umane allocate; si pensi, invece, che in questi giorni si sta ancora definendo il coinvolgimento di strutture private in Regione Lazio, mentre in Lombardia è stata bloccata l’attività di test rapidi presso le strutture private non accreditate.
L’ampliamento della macchina diagnostica deve essere accompagnato dalla definizione di un unico sistema di tracciatura degli esiti dei tamponi a livello regionale e/o nazionale: devono essere progettati e resi immediatamente disponibili sistemi informatici che consentano alle aziende sanitarie private e ai laboratori coinvolti di immettere l’esito del paziente in un registro dei casi Covid positivi condiviso real time con le istituzioni pubbliche.
Lo studio sui test salivari molecolari allo Spallanzani di Roma ha dato risultati validi e questi strumenti diagnostici potrebbero essere prossimi al lancio. Tale innovazione (di più facile somministrazione) consentirebbe una rapidissima estensione delle possibilità di diagnostica non solo in punti di erogazione sanitari e nelle farmacie ma anche nelle scuole, sebbene i tamponi salivari ritenuti validi non siano ancora rapidi ma necessitino di essere inviati in laboratorio per essere analizzati.

Dall’estensione della capacità produttiva alla riorganizzazione dei processi
Tuttavia, anche queste soluzioni di espansione della capacità produttiva, con i numeri crescenti di contagi che stanno avvenendo in questi giorni, potrebbero non bastare. Inoltre, un’eventuale positività al tampone rapido richiede comunque un accertamento con il tampone molecolare e, quindi, il processo di testing deve comprendere anche questa eventualità.

Aziende che si confrontano ogni giorno con il tema della razionalizzazione delle risorse devono, quindi:

1)riprogettare i processi per l’effettuazione dei tamponi, garantendo tempi e modalità scorrevoli anche nei drive-through attraverso la definizione di intervalli standard e di slot prenotabili, anche grazie all’utilizzo di strumenti di operations e lean management o di business process rengineering;

2)standardizzare e stratificare le risposte di esito dei tamponi molecolari sulla base di un ordine di priorità rispetto ai soggetti richiedenti (ad esempio, risposte quasi immediate per PS e reparti ospedalieri, tempi poco più lunghi per contatti sospetti e screening in prima battuta).

Raccomandazione # 5
La logistica per l’erogazione dei tamponi deve essere tempestivamente riorganizzata con lo scopo di diffondere in tutto il territorio le occasioni per sottoporsi ai test man mano disponibili.
Ciò richiede l’estensione della rete di effettuazione dei test attraverso partnership con le strutture sanitarie e i laboratori privati accreditati e non accreditati, le scuole, le farmacie, anche prevedendo postazioni mobili con operatori sanitari formati.
Condizioni imprescindibili sono: i) la creazione di un registro informatizzato dei pazienti Covid positivi a gestione pubblica, in cui le strutture private possano immettere gli esiti dei test da loro effettuati; ii) la riorganizzazione dell’intero processo (dal filtro del contact tracing, alla prenotazione sino alla stratificazione delle risposte) per razionalizzare l’utilizzo delle risorse.

Treating: curare i pazienti nei setting assistenziali appropriati
L’ultimo tassello riguarda l’individuazione del giusto setting assistenziale rispetto al livello di cura previsto dalla sintomatologia clinica e dalle condizioni del paziente.
La rete dei servizi delle Aziende Sanitarie va, quindi, strutturata sulla base dei livelli di intensità di assistenza e di prestazioni sanitarie necessari per i pazienti affetti da Covid.

Patient Hotel, telemedicina e partnership con il privato
La creazione/riconversione in patient hotel di strutture territoriali già presenti in azienda o anche tramite accordi con altri soggetti istituzionali pubblici o con strutture ricettive private deve essere uno degli elementi cardine per garantire il contenimento delle occasioni di contagio e, al contempo, il monitoraggio dei pazienti positivi ma senza grave sintomatologia.

Oggi, per i pazienti che possono rimanere al domicilio o nei patient hotel è necessario potenziare:

•l’utilizzo di strumenti di telemedicina e telemonitoraggio, istituzionalizzando rapidamente tutte le sperimentazioni risultate efficaci in Fase 1 ed evitando di porre ulteriori vincoli burocratici per loro estensione.

•il ricorso a partnership pubblico/privato per lo sviluppo e il potenziamento di centrali operative per il coordinamento dei servizi sanitari e non sanitari (pulizie, distribuzione pasti, ecc.)

Modello Hub and Spoke per Pazienti Covid
Parallelamente, in ottica di sfruttare le opportunità derivabili dalle reti di assistenza ospedaliera, le Aziende Sanitarie dovranno identificare nuovamente le strutture ospedaliere per casi Covid a bassa-media intensità (anche con una completa trasformazione in Covid hospital), dedicando gli hub ad alta intensità di cura, con la presenza delle terapie intensive, ai casi più gravi. La riapertura flessibile dei reparti Covid nei diversi ospedali, in relazione ai flussi dei pazienti, è già iniziata.

Raccomandazione # 6
La riorganizzazione della rete assistenziale Covid deve esser definita con precisione. L’invio nel setting corretto può essere così collegato all’esito degli algoritmi di tracing e monitoraggio che definiscono: i) la permanenza a domicilio per pazienti asintomatici o paucisintomatici con possibilità di isolamento rispetto alla famiglia oppure, qualora non fosse possibile, l’invio in patient hotel per effettuare la quarantena; ii) la necessità di ricovero in ospedali della rete a seconda dell’intensità di cura prevista dal caso.

I pazienti non-Covid
In questi giorni la Regione Lombardia ha bloccato le attività di ricovero non urgenti e in libera professione nelle strutture ospedaliere che devono essere rapidamente riconvertite per le degenze Covid. Ma questa seconda ondata non può trovarci impreparati come nella prima fase: sarà necessario mantenere il più possibile le attività in risposta alle patologie e alle problematiche assistenziali dei pazienti non-Covid in elezione e in urgenza, sia in regime ospedaliero sia in quello ambulatoriale.

Alcune delle risposte possono nascere dalle azioni che erano state poste in essere già durante la prima Fase:

1)mantenimento di strutture Covid-free (anche per ricoveri) e creando reti per la gestione delle patologie tempo-dipendenti e non procrastinabili con ospedali specialistici meno coinvolti nella lotta al Covid;

2)spostamento in telemedicina di tutta l’attività ambulatoriale che non richiede la presenza del paziente presso lo specialista;

3)attivazione di collaborazioni con il privato accreditato e non accreditato, per l’utilizzo di spazi e risorse, garantendo l’operatività ai professionisti del SSN – in particolare chirurghi – non particolarmente coinvolti nell’assistenza ai pazienti Covid.

Raccomandazione # 7
Per l’assistenza ai pazienti non-Covid le soluzioni più efficaci possono essere: la riorganizzazione efficace della rete ospedaliera pubblica per le attività urgenti, l’utilizzo della telemedicina per l’attività ambulatoriale e le partnership con strutture private per le attività chirurgiche e di ricovero.

E’ un imperativo morale ed etico, per questa nuova fase, non solo garantire la migliore assistenza ai pazienti Covid ma anche mantenere le attività sanitarie necessarie ai quei pazienti che presentano problematiche sanitarie diverse dal Coronavirus – che già hanno sofferto pesantemente il blocco delle attività di screening, diagnosi e cura durante la prima ondata – e che oggi richiedono una risposta certa e tempestiva da parte dei sistemi sanitari.

 

FonteSanità24 de IlSole24Ore