La dietista tiktoker contro i falsi miti sull’alimentazione.

Articolo del 21 Ottobre 2020

Oggi 16 ottobre si celebra la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, istituita dalla FAO. La mancanza di cibo che porta a malnutrizione e i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) impediscono a un gran numero di persone al mondo di alimentarsi in maniera corretta. Più di 820 milioni di persone globalmente non hanno cibo a sufficienza e soffrono di malnutrizione per scarsità di cibo. In Africa Subsahariana questo fenomeno è particolarmente rilevante: ne soffre circa il 22% della popolazione. Nei paesi maggiormente industrializzati i casi di malnutrizione (sia in eccesso che in difetto) sono principalmente legati invece ai Disturbi del Comportamento Alimentare.

In Italia circa 2 milioni di persone soffrono di questi disturbi (anoressiabulimiabinge eating disorder eccetera) e si tratta soprattutto di giovani donne. In occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione quest’anno abbiamo deciso di intervistare la dietista Arianna Davoli, che ha avuto un’idea innovativa e vincente per parlare di alimentazione alle nuove generazioni tramite un mezzo decisamente non convenzionale. Quale? La dottoressa Davoli, che si occupa di ristorazione collettiva sin dalla laurea, conseguita presso l’Università di Modena e Reggio Emilia nel 2014 e di consulenze individuali in libera professione, ha deciso di lanciare un canale TikTok per parlare di DCA, alimentazione sana e sfatare falsi miti sul dimagrimento. Su TikTok, la app cinese di proprietà di ByteDance che tanto ha fatto parlare di sé nelle ultime settimane per il ban (poi non effettivo) annunciato dal presidente statunitense Donald Trump, la dottoressa Davoli ha oltre 58mila follower e i suoi video sono visualizzati anche da più di centomila persone.

Per chi non lo conoscesse, TikTok è una piattaforma social usata soprattutto dai giovanissimi per condividere video brevi dove si possono interpretare canzoni o balletti oppure creare contenuti autonomamente. L’applicazione vede sempre più il diffondersi di video impegnati dal punto di vista politico e dei diritti civili, o, come in questo caso, di video educativi per diramare messaggi corretti sull’alimentazione.

Perché ha deciso di aprire un canale TikTok per parlare di alimentazione?

Inizialmente mi sono iscritta solo per guardare i video, da spettatrice; non avevo pianificato di aprire un profilo professionale. Poi questa applicazione mi ha sorpreso positivamente, ne ho intravisto le potenzialità e ho deciso di cogliere l’opportunità di provare a comunicare temi importanti attraverso video educativi. Per cui il 10 maggio scorso mi sono “buttata”, e ho deciso di cominciare.

Che riscontro ha?

Sto ricevendo ottimi feedback, che hanno superato di gran lunga le mie aspettative. Ho riscontrato con piacere un notevole interesse per gli argomenti che tratto (alimentazione, falsi miti sul dimagrimento, accettazione del proprio corpo eccetera), oltre a molta partecipazione e curiosità, tantissimi commenti, domande e interazioni sotto i miei video.

Cosa pensa del rapporto con il cibo di giovani e i giovanissimi?

È un rapporto non sempre facile, in alcuni casi conflittuale. L’adolescenza in particolare è un periodo “difficile”, di grandi cambiamenti che riguardano anche la fisicità e la percezione della propria immagine corporea. Sono fasce di età molto sensibili e facilmente influenzabili da messaggi sbagliati e poco sani in tema di alimentazione.

Che ruolo hanno secondo lei i social come TikTok nello sviluppo dei DCA? E nel contrastarli?

Purtroppo, e a volte per fortuna, i social sono uno strumento molto potente, ma epossono avere un ruolo nel contribuire ad aumentare il rischio di sviluppo dei DCA. Un fenomeno potenzialmente pericoloso che ho riscontrato in particolare su TikTok, e che nel mio piccolo cerco di contrastare, è quello dei video “WHAT I EAT IN A DAY”, che sono diventati un vero e proprio “trend”.  I video in questione sono incentrati sul mostrare la propria alimentazione giornaliera (spesso con annesso conteggio delle calorie), e nel 90% dei casi si tratta di diete molto ristrette e squilibrate. Questi video, in alcuni casi pubblicati anche da modelle molto seguite o influencer, possono essere estremamente dannosi per il pubblico di bambini/e e ragazzini/e, le fasce di età particolarmente sensibili e a rischio di sviluppo DCA. Il pericolo risiede nel fatto che i giovanissimi sono inevitabilmente portati a confrontare la propria alimentazione con quella della persona nel video, fino ad arrivare all’emulazione. Viene tralasciato il punto cruciale: non esistono diete valide per tutti, ogni persona ha esigenze alimentari diverse.

Lei si occupa molto di sfatare miti sul dimagrimento e incentivare una perdita di peso, laddove sia necessaria, sana e duratura. Quali sono i falsi miti più dannosi e diffusi sul dimagrimento?

Ce ne sono davvero tanti, ma i più dannosi sono:

  • pensare che un dimagrimento debba essere a tutti i costi rapido e immediato (altrimenti viene vissuto come un insuccesso)
  • che per perdere peso si debbano escludere i carboidrati (quando in realtà dovrebbero costituire il 45-60% della nostra alimentazione);
  • che per dimagrire si debba per forza “patire la fame” (bisogna in realtà focalizzarsi su un’alimentazione più sana ed equilibrata, ma non restrittiva/affamante);

Poi ci sono infinite false credenze (totalmente senza senso) come: l’acqua con il limone fa dimagrire, l’ananas brucia i grassi, la pasta fa ingrassare, il pane gonfia, la frutta fa male eccetera.

Cosa pensa dei canali di body positivity molto diffusi anche su TitTok? Tempo fa è stata accusata di favorire, con i suoi messaggi, sovrappeso e obesità. In che modo possono i canali come il suo e quelli sulla body positivity aiutare a combattere gli stereotipi sul peso?

Sono molto felice di notare la crescita dei profili che trattano l’argomento del body postive, anche se questi canali sono molto più diffusi e seguiti negli Stati Uniti. L’accusa che mi è stata rivolta di “inneggiare all’obesità” dipende dal fatto che siamo abituati a messaggi sbagliati sul dimagrimento, che incentivano diete fortemente ipocaloriche, l’eliminazione di interi nutrienti e propongono il dimagrimento rapido a tutti i costi (i famosi “7 kg in 7 giorni”) come unica strada possibile. È normale che, bombardati da questo tipo di informazioni, messaggi sani ed equilibrati come “mangiare tutto nelle giuste quantità e frequenze”, “dimagrire gradualmente e solo se necessario”, “non eliminare nessun alimento dalla propria alimentazione”, “non seguire diete troppo restrittive” possono esseri visti con sospetto e associati ingiustamente a un’alimentazione scorretta e ipercalorica. Ovviamente “favorire il sovrappeso/obesità” è anche nei fatti una critica infondata, perché la mia attività di Dietista mi porta a seguire nel 70-80% dei casi pazienti sovrappeso/obesi che necessitano di un calo ponderale. I canali di bodypositive possono essere un grande aiuto per favorire l’accettazione della propria immagine corporea e dei propri difetti, arginare l’ingiustificato senso di inadeguatezza, senza per questo rinunciare a un’alimentazione equilibrata e a un corpo in salute.

Si rivolgono a lei più ragazzi o più ragazze?

Si rivolgono a me più ragazze, e anche su TikTok i miei follower al momento sono per l’86,5% di sesso femminile e per il 13,5% maschile.

Secondo Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA) sono circa 2 milioni solo in Italia le persone che soffrono di disturbi alimentari, e secondo l’istituto Auxologico italiano, il DCA più diffuso è il binge eating disorder. Tuttavia, quando si parla di DCA, è molto facile associarli all’anoressia, a privazione e all’estrema magrezza. Secondo lei, perché?

Il motivo principale a mio avviso è che l’anoressia è una malattia “visibile”, in quanto, soprattutto nella fase più conclamata della patologia lascia segni evidenti sul corpo e sull’aspetto fisico della persona. Altri tipi di disturbi alimentari come il Binge Eating Disorder o la bulimia non hanno un così forte impatto visivo passano facilmente inosservati, anche per la reticenza da parte dei soggetti coinvolti a parlare apertamente del proprio problema (che è vissuto con estremo disagio, senso di colpa e vergogna).

 

FonteOggi Scienza