La meditazione ora si fa on demand con le guide di Headspace su Netflix

Articolo del 19 Gennaio 2021

La celebre app di meditazione Headspace debutta su Netflix con otto episodi, per cimentarsi con le tecniche della mindfulness e sperimentarne i benefici.

Dimenticate l’immagine mistica dell’asceta immerso nella pratica meditativa, avvolto in candide vesti in una radura bucolica. Oggi, se volete imparare a meditare, potrebbero bastarvi un pigiama e una connessione internet. L’occasione arriva grazie a Netflix, che da questo mese ha messo a disposizione dei suoi abbonati la serie Le guide di Headspace: meditazione, pensate per chi desidera approcciare per la prima volta questo mondo, ma utili anche a chi cerca un approfondimento con una formula nuova.

Un’idea lontana dalla visione tradizionale della millenaria pratica orientale, ma che rispecchia bene una tendenza sempre più diffusa anche in occidente. Intercettando proprio questa attitudine e soprattutto uno dei principali leader nel campo della mindfulness (qual è la seguitissima app di meditazione Headspace), Netflix ha voluto aprire il 2021 con la programmazione di otto episodi dedicati proprio alla meditazione, guidati dall’ex monaco buddista, nonché co-fondatore di Headspace, Andy Puddicombe.

Una formula, quella della “meditazione on demand”, che sdogana ulteriormente la visione di questa pratica, presentandola come qualcosa di fruibile e accessibile a tutti, in qualunque ambito e contesto, anche attraverso strumenti tecnologici.

Otto episodi animati per otto tecniche meditative

La serie, come detto, è strutturata in otto episodi, ciascuno dei quali è dedicato nello specifico a una delle otto tecniche di mindfulness proposte da Headspace. Si parte imparando cos’è l’attenzione focalizzata attraverso l’uso del respiro, che aiuta a raggiungere uno stato di calma e una mente più presente, per poi passare alla tecnica della visualizzazione, che ci permette di abbandonare i nostri bagagli emotivi di rabbia e frustrazione. Il percorso prosegue con la meditazione riflessiva, esplorando modi di “innamorarsi della vita” anche attraverso cosiddette “pause di gratitudine”. Gli ultimi episodi ci aiutano a gestire lo stress e il dolore, ma anche ad essere gentili e a sfruttare al meglio il nostro “potenziale illimitato”.

La serie utilizza la tecnica dell’animazione, molto cara al brand, per la sua capacità di favorire l’immedesimazione, abbinandola sempre a musica rilassante realizzata appositamente per la serie. Una scelta che risulta particolarmente felice e che sfrutta al meglio la grande forza suggestiva delle immagini, con trovate visive molto efficaci e capaci di semplificare e rendere più chiari concetti astratti.

Gli episodi, inoltre, sono stati affidati a diversi studi di animazione, proprio per favorire diversi approcci creativi e trasformando ogni puntata in una sorta di cortometraggio a se stante e con il proprio look visivo.

Ad accompagnare le immagini c’è sempre la voce narrante di Puddicombe, che è stata sottotitolata e doppiata in trenta lingue, tra cui l’italiano. Oltre a spiegare le tecniche di meditazione e consapevolezza (la mindfulness), in ogni episodio Puddicombe racconta esperienze personali e insegnamenti appresi dai monaci tibetani e fornisce dati e basi scientifiche sugli effettivi e molteplici benefici psicofisici della meditazione. Ogni episodio termina con qualche minuto dedicato a una vera e propria pratica di meditazione guidata, da fare seduti per terra, sdraiati sul divano, o dovunque ci si trovi comodi.

Headspace, dall’Himalaya al web

Fondata nel 2010 dal sopracitato Andy Puddicombe insieme a Richard Pierson, Headspace è diventata in pochi anni un leader globale in meditazione e mindfulness, grazie alla sua app e ai suoi contenuti online. Alla base di questo grande successo (che oggi conta oltre 65 milioni di utenti in 190 Paesi nel mondo e un fatturato annuo sopra ai 100 milioni di dollari) c’è proprio l’emblematica storia di Puddicombe.

In seguito a una serie di eventi tragici e di gravi lutti, all’età di vent’anni, Puddicombe lasciò gli studi per iniziare un percorso personale che lo avrebbe portato a diventare, nel giro di dieci anni, un monaco Buddista. Esperienza che gli permise di venire a patti col suo dolore e di “cambiare prospettiva, concentrandomi meno su me stesso e portando maggiore felicità agli altri”. Tornato a Londra nel 2005, dopo la lunga permanenza presso una comunità di monaci tibetani sull’Himalaya (in cui la pratica della meditazione durava fino a 16 ore al giorno), Puddicombe decise di mettere al servizio degli altri ciò che aveva imparato.

In un contesto in cui meditare era ancora vista come una cosa “da hippie”, la sua passione e la sua perseveranza gli diedero ragione, fino all’incontro con il futuro socio Richard Pierson (manager arrivato da Puddicombe proprio per risollevarsi da una condizione di burn out), alla creazione della app Headspace e a un successo in costante crescita.

Lo dice la scienza

Un aspetto fondamentale nell’attività di Headspace è da sempre l’approccio scientifico. Spiega Puddicombe: “Non volevamo solo demistificare la meditazione e incoraggiare una società in cui le persone si sentissero a proprio agio nel parlare della loro salute mentale, ma volevamo anche migliorare il rigore di ricerca, per comprendere meglio il funzionamento della meditazione, in modo che fosse trattata allo stesso livello di qualsiasi altro tipo di medicina o intervento”.

Da qui la scelta della società di investire in studi clinici (25 già pubblicati e altri 50 in cantiere) portati avanti insieme a partner di prestigio, incluse le università di Harvard e Oxford, che negli anni hanno dimostrato in modo sempre più accurato come la pratica della meditazione aiuti a ridurre lo stress e l’ansia e ad aumentare la capacità di concentrazione.

Meditazione, una pratica che ci unisce

Il percorso di Puddicombe, verso l’Himalaya e ritorno, ora giunge a un nuovo importante traguardo, grazie allo sbarco su Netflix, che ha già annunciato altre due serie realizzate con Headspace per il 2021. Una sarà dedicata al sonno (che rientra già anche tra le funzioni della app), mentre la terza non è ancora stata svelata.

“Quando Rich (Pierson, il co-fondatore ndr) e io abbiamo iniziato, la cosa più eccitante era pensare a come portare la meditazione in posti dove non ti aspetteresti di trovarla, come raggiungere persone che non avrebbero mai pensato di provarla”, spiega Puddicombe, che dal 2013 ha spostato il quartier generale dell’organizzazione a Los Angeles. “Dieci anni dopo, l’idea di poter accedere a questi strumenti con Netflix sulla tua tv, indipendentemente da dove ti trovi nel mondo, rappresenta un enorme balzo in avanti “.

L’aspetto interessante di questo connubio tra Headspace e Netflix sta proprio nella portata globale delle due realtà, che ben si sposa con il  linguaggio universale della meditazione, che è condivisibile e comprensibile dalle persone, indipendentemente dalla loro cultura di provenienza o dalla posizione sociale.

“Mi sono seduto in stanze con persone di paesi, sesso ed età diverse”, racconta Puddicombe a questo proposito. “Nel momento in cui lasciamo andare il pensiero e ci concentriamo invece sul respiro, siamo tutti collegati su un livello umano molto basilare e in quel silenzio, in qualche modo, ci sentiamo uniti. Questo ci permette di uscire dal nostro mondo pensante abbastanza a lungo per avvicinarci e comprendere meglio i mondi degli altri”.

La meditazione, alleata anche nella pandemia

Sappiamo che anche l’Oms aveva citato la meditazione come uno dei pilastri per far fronte alla drammatica situazione causata dalla pandemia in atto, insieme all’alimentazione sana e al movimento fisico. Andy Puddicombe approfondisce questo aspetto, spiegando in che modo meditare possa aiutarci ad accettare e gestire il fatto che le cose sfuggano al nostro controllo.

“Ci sono elementi delle nostre vite che possiamo controllare e che, se è utile per noi stessi e per gli altri, dovremmo sempre provare a gestire. Gran parte della nostra vita, però, è fuori dal nostro controllo. Accettare questo, significa accettare noi stessi e la nostra mente. Più riusciamo ad allenare la nostra mente a questo approccio, più esso si manifesterà anche nella nostra percezione e nella nostra esperienza”.

Sostenuti da queste premesse e rassicurazioni, non resta che accendere la tv e mettersi alla prova. Tra una puntata di Bridgerton e una di Cobra Kai ora non abbiamo più scuse.

 

Fonte: Lifegate

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