L’impatto della pandemia di COVID-19 sulla popolazione italiana

Articolo del 06 Aprile 2021

A fine marzo Istat ha pubblicato un report sulla dinamica demografica registrata durante la pandemia di COVID-19: l’Italia ha perso, in sostanza, una popolazione pari più o meno a quella della città di Firenze, accentuando il declino in atto già dal 2015. Forte anche l’impatto su migrazioni e matrimoni/unioni civili.

Non è mai stata, ovviamente e purtroppo, una questione di se; è tuttavia utile comprendere meglio quanto la pandemia abbia impattato sulla demografia italiana. Lo si può fare grazie a un recente report Istat, che ha pubblicato i numeri ufficiali su decessi e nascite, matrimoni e unioni civili, migrazioni nazionali e internazionali: un insieme di dati che permette di scattare numerose, interessanti fotografie sulla dinamica demografica del durante la pandemia di COVID-19.

La prima è probabilmente la più facile da prevedere: la popolazione si è ridotta di ben 383.922 unità. Significa il -0,6% rispetto a inizio 2020, dato che conferma il trend in diminuzione avviatosi nel 2015 e che porta la popolazione italiana a quota 59,257 milioni di persone. La diminuzione deriva in grandissima parte dal divario tra nascite e decessi, che ha raggiunto -342 mila unità; l’unico dato peggiore dall’Unità d’Italia a oggi è quello del 1918 (-648 mila), che scontava la fine della Prima guerra mondiale e, soprattutto, l’epidemia di spagnola.

Guardando solo la faccia della moneta relativa ai decessi, si scopre che il computo totale dei morti del 2020 arriva a 746.146, numero più alto dal secondo dopoguerra nonché di ben il 15,6% maggiore del dato medio registrato nei 5 anni precedenti. Percentuale che sale al 21% isolando dai 12 mesi solo quelli relativi alla durata della pandemia, ossia da marzo in poi. Dal punto di vista regionale, il valore più esorbitante riguarda il territorio lombardo durante la prima ondata, fotografato dalla celebre carovana di camion militari a Bergamo e ribadito dalla percentuale del 111,8% di crescita del numero di morti rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019. Tutta l’area del Nord Italia, comunque, ha subito un effetto simile, con l’eccezione di Trentino e Veneto, che hanno sofferto un surplus di decessi più contenuto (9% e 19,4%); diversa la situazione nel Mezzogiorno, che si è salvato dall’ecatombe grazie al lockdown nazionale, come dimostra il fatto che le percentuali di crescita maggiore sono quelle di Abruzzo e Puglia, entrambe a quota “solo” +11,6%. Il discorso cambia considerando la seconda ondata, responsabile del 77% delle morti in eccesso rispetto alla media dei 5 anni precedenti. Qui, ancora una volta, è il Nord a pagare caro (+40%), anche se la crescita di decessi è consistente anche al Centro (+24,2%) e al Sud (+26,1%).

Avendo menzionato però una moneta, è doveroso prendere in considerazione anche l’altra faccia: il calo della popolazione, infatti, non è determinato esclusivamente dai decessi, ma anche dal minor numero di nascite. Ebbene, nel 2020 si è superato per il secondo anno consecutivo il record negativo dall’Unità d’Italia: i nuovi iscritti all’anagrafe sono stati solo 404.104, quasi 16mila in meno rispetto al 2019. È significativo rilevare che la diminuzione è diventata ingente soprattutto in coda all’anno, ossia quando si è potuto vedere l’effetto della pandemia: -10,3% di nascite a dicembre, a dimostrazione che il lockdown di marzo ha inciso negativamente sul morale e sull’ottimismo verso il futuro della popolazione italiana e, di conseguenza, anche sul desiderio delle coppie di avere dei figli.

Qualcosa di analogo accade anche con matrimoni e alle unioni civili. I primi, che già erano in calo nel 2019, sono crollati nel 2020 del 47,5%, in particolare quelli religiosi fanno segnare un -68,1%. A dire il vero, le prime settimane dello scorso anno erano state incoraggianti, con un -10,7% rispetto al primo bimestre del 2019; poi, le restrizioni, il timore dei contagi, le limitazioni ai viaggi internazionali e l’impossibilità di festeggiare “a dovere” hanno portato a un quasi azzeramento dei matrimoni in Chiesa (-96,6%). Simile l’andamento delle unioni civili.

C’è infine un’altra variabile che può influenzare le dinamiche demografiche della popolazione e quindi oggetto d’esame del report Istat, quella relativa ai movimenti migratori. I numeri del 2020 sono facilmente intuibili e seguono un corso abbastanza simile per quanto riguarda sia gli spostamenti interni alla nazione sia quelli internazionali: la riduzione è stata drastica nei primi mesi della pandemia, è stata seguita da una ripresa nel periodo estivo, per poi lasciare il posto a un trend al ribasso abbastanza stabile a fine anno.

 

FonteIl Punto. Pensioni e Lavoro

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