Mascherine chirurgiche, di stoffa, Ffp: la loro efficacia dipende da noi.

Articolo del 17 Novembre 2020

Nel pieno della seconda ondata della pandemia Covid-19, che ancora una volta sembra cogliere il paese impreparato, è facile cadere preda di un senso di impotenza (e forse di rabbia). Ma così non è: c’è qualcosa di molto importante che ciascuno di noi può fare per frenare i contagi: comportarsi responsabilmente. Il che in primo luogo significa rispettare le tre “semplici regole” della prevenzione – distanze, mani pulite, mascherine – che però poi, così semplici non sono da attuare sistematicamente, inderogabilmente. Chi più, chi meno, diciamolo, tutti qualche volta deroghiamo. Eppure proprio dalla nostra assiduità nell’applicarle che dipende l’efficacia di queste misure. In particolare dell’uso delle mascherine, inizialmente ritenuto discutibile e poi imposto per legge su tutto il territorio nazionale, all’aperto come al chiuso. La loro utilità nei contesti reali, nell’uso quotidiano al livello di società è difficile da quantificare proprio perché non dipende unicamente dalle loro caratteristiche tecniche – vale a dire – dalla loro capacità di schermare droplet aerosol. La loro efficacia antipandemica dipende anche, e talvolta in misura preponderante, da come sono utilizzate: non basta indossarle svogliatamente ma bisogna calzarle bene e maneggiarle con cura. Sono proprio le evidenze scientifiche accumulate in questi drammatici mesi di pandemia a dircelo, suggerendo anche un possibile ulteriore effetto positivo del “buon uso” della mascherina.

Mascherine: gli altri siamo noi

Le mascherine possono aiutare a contenere la diffusione del virus perché forniscono uno schermo, sia in ingresso che in uscita, alle droplet di saliva su cui viaggia il coronavirus. La loro capacità schermante dipende dal tipo mascherina (chirurgiche, FFP1, FFP 2, FFP3, di stoffa) e dai contesti in cui vengono utilizzate. Così, per esempio, sappiamo che le mascherine chirurgiche non hanno la funzione di filtraggio in entrata, mentre quelle della categoria FFP sì (le FFP1, 2 e 3 si distinguono per la capacità filtrante, via via maggiore per particelle con diametro superiore ai 0,6 micrometri, dall’80% al 95%). Se dotate di valvole, inoltre, le mascherine FFP proteggono solo chi le indossa, perché gli sfiati in uscita non sono filtrati e scaricano droplet, arosol (e i virus che potrebbero portare con sé) attorno a noi.

L’utilizzo diffuso a livello di comunità delle mascherine, anche quelle di stoffa – purché siano dotate di più strati e aderiscano bene al viso – risponde invece più a un principio altruistico, di protezione del prossimo dal contagio, che a un principio di prot ctezione personale. Infatti, sebbene indossare la mascherina protegga poco chi la indossa dal rischio di infettarsi con il virus, serve a proteggere gli altri dalle sue droplet. L’adozione della mascherina a livello comunitario, fuori dai contesti ospedalieri, si basa sul fenomeno che gli esperti chiamano “controllo della sorgente”.

In sostanza, indossare una mascherina riduce drasticamente la quantità di droplet ed eventualmente aerosol che un individuo emette nell’ambiente, e quindi limita la circolazione del virus e la possibilità di trasmissione diretta e indiretta. Se tutti indossano una mascherina, quindi, si crea una sorta di cordone di sicurezza che impedisce al virus di muoversi e diffondersi nell’ambiente, diminuendo le possibilità di contagio, insieme, anzi in aggiunta, al distanziamento fisico e alle corretta igiene delle mani. Lo stesso utilizzo delle mascherine va inteso infatti come una misura igienica in più nella lotta al coronavirus, la cui efficacia dipende tanto da quella delle mascherine stesse che dalla loro diffusione: maggiori sono entrambi i fattori, maggiore è il contributo che possono fornire a livello di comunità, come hanno ricordato Trisha Greenhalgh dell’Università di Oxford e Jeremy Howard dell’Università di San Francisco.

Un altro effetto protettivo è possibile?

In realtà, accanto alla riduzione del rischio di infezione, negli ultimi tempi si è cominciato a parlare anche di un altro possibile ruolo delle mascherine: abbassando la carica virale potenzialmente in grado di infettare chi ci circonda potrebbero abbassare il rischio di infezioni gravi. Ovvero, con meno virus la malattia Covid-19 potrebbe essere meno forte, e questo potrebbe addirittura favorire l’immunizzazione della popolazione (sebbene quella del funzionamento delle mascherine come una sorta di “vaccino” sia per ora solo un’ipotesi, da prendere con la dovuta cautela e sull’immunità innescata dal coronavirus sappiamo ancora poco).

La scienza delle mascherine

Districarsi tra la quantità di pubblicazioni in materia non è semplice: in alcuni casi le ricerche sono lacunose, in altre l’adozione delle mascherine come misura di protezione pubblica si aggiunge a quelle di distanziamento e restrizioni, per cui non è facile discriminare il contributo dei singoli interventi.

Ma c’è chi sottolinea, come lo stesso Howard, che a volte, di fronte alle buone idee non c’è bisogno di molti calcoli. Lo confida a Nature, che dedica all’efficacia delle mascherine un lungo articolo, con un’emblematica immagine: le mascherine come paracadute. E non a caso, scrive l’autrice Lynne Peeples, ricordando come anche i paracadute non sono mai stati testati in uno studio clinico randomizzato. Ciò non toglie che ci si debba arrendere a non avere indicazioni in materia: molte di quelle disponibili, dagli esperimenti negli animali, all’analisi delle curve epidemiche, agli esperimenti in laboratorio, lasciano pensare che le mascherine funzionino. E anche alcune esperienze sul campo, citate spesso, come il caso dei parrucchieri positivi al coronavirus, che non hanno trasmesso l’infezione a nessun cliente, o l’assenza di acutizzazioni delle infezioni in seguito alle proteste del movimento Black Lives Matter, in cui molti manifestanti indossavano le mascherine, sebbene all’aperto, dove il rischio è minore.

Come non indossare una mascherina

Ma le mascherine non sono una panacea. Sono uno degli strumenti di lotta alle infezioni, se usate bene, pulite, cambiate, indossate e rimosse secondo le raccomandazioni: vanno toccate solo dagli elastici, con le mani pulite, lavate prima e dopo il loro utilizzo, non maneggiate mentre indossate. E di certo, non portate appese al braccio, sotto il mento o al collo: gli americani Cdc lo hanno addirittura ricordato con un’infografica. E, anche quando sono seguite tutte le raccomandazioni, non lasciarsi ingannare a credere di essere protetti al 100%. Sia perché il rischio zero non esiste, sia perché le mascherine senza distanziamento e pulizia delle mani possono fare ben poco.

 

Fonte: Galileo

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