Pane composito: E se sostituissimo la farina di grano?

Articolo del 23 Aprile 2023

Il pane è uno dei cibi più antichi e ampiamente consumati dall’umanità.

Nel mondo occidentale, la farina di grano raffinata è sempre stata la materia prima standard per la produzione di pane. I chicchi di grano contengono glutine, una proteina complessa costituita da due proteine principali: la gliadina e la glutenina.

Durante l’impasto della farina di grano con acqua, la gliadina e la glutenina si combinano per formare una struttura a rete tridimensionale, che conferisce elasticità e consistenza all’impasto e consente di trattenere l’anidride carbonica prodotta dalla lievitazione. Queste proprietà viscoelastiche sono necessarie per la produzione del pane lievitato.

Il consumo di pane è aumentato rapidamente nei paesi in via di sviluppo per via dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione.

Tuttavia non è tutto rose e fiori. L’Africa importa oltre il 60% del suo fabbisogno di farina di grano, di cui una percentuale significativa dipende dalla produzione di grano in Russia e Ucraina. Pertanto, la fame globale è destinata ad aumentare radicalmente a seguito delle conseguenze della pandemia COVID-19 e del conflitto militare su larga scala tra Russia e Ucraina.

Il concetto di ridurre le importazioni di grano sostituendole in parte con colture autoctone nella produzione alimentare nei paesi in via di sviluppo può contribuire a mantenere la biodiversità e la sicurezza alimentare, promuovendo la diversificazione della dieta e la riduzione della dipendenza dalle importazioni.

Nei paesi sviluppati, i consumatori sono sempre più consapevoli dei benefici per la salute e per l’ambiente dei prodotti da forno prodotti in parte con ingredienti non a base di grano, molti dei quali a basso indice glicemico, ricchi di proteine, fibre alimentari e vari composti bioattivi.

Nonostante questo, è importante capire che la sostituzione del grano nei prodotti da forno è un processo che racchiude diverse sfide di natura tecnico-funzionalesensoriale e nutrizionale. Vedremo meglio nei prossimi paragrafi di cosa si tratta.

Partiamo subito nel vedere con cosa possiamo sostituire il grano.

Sostituti del grano per una produzione alimentare sostenibile

Nel contesto della produzione di pane, quello prodotto utilizzando una combinazione di grano e sostituti della farina di grano è definito come pane composito.

Nonostante l’interesse crescente per il pane composito negli ultimi anni, il suo sviluppo è stato limitato principalmente alla cottura casalinga. Tra i vari fattori, la scarsa accettabilità da parte dei consumatori su larga scala e la mancanza di familiarità con i benefici del pane composito rappresentano ostacoli significativi.

La trasformazione verso sistemi alimentari più sostenibili e resistenti al cambiamento climatico richiede una maggiore adozione di diete a base vegetale nella maggior parte del mondo. L’utilizzo di proteine a base di piante in sostituzione di proteine animali contribuisce alla sostenibilità ambientale del prodotto finale.

Per esempio, alcune leguminose e prodotti ricchi di proteine ricavati dai semi di colza sono fonti naturali di triptofano, un amminoacido essenziale che spesso risulta carente nella dieta di alcune popolazioni dell’Africa subsahariana che basano la propria alimentazione sul mais, noto per la sua carenza di triptofano.

Vediamo quali tipi di proteine vegetali sono adatte come alternative alla farina di frumento e come si differenziano per contenuto proteico e proprietà funzionali.

Legumi

Le leguminose sono state particolarmente studiate, poiché sono in grado di fissare l’azoto dall’aria e di ridurre le emissioni di gas serra nell’ambiente agricolo.

Inoltre, contengono elevate quantità di fibre alimentari e proteine, ma sono considerate proteine incomplete, poiché carenti di aminoacidi essenziali come metionina e cisteina. Tuttavia, le proteine ​​vegetali possono essere integrate con altri cereali, come il grano, per aumentare la loro completezza proteica.

Includere le leguminose nella produzione di pane composito migliora il profilo amminoacidico del prodotto finale. Inoltre, vengono migliorati anche i livelli di acidi grassi insaturi e di composti bioattivi come vitamine, minerali, composti fenolici e flavonoidi, che sono benefici per la salute metabolica.

Sostituire la farina di frumento con farine di leguminose, quindi, ha dimostrato di migliorare la qualità del pane e può essere adattato alle esigenze locali utilizzando colture indigene.

Sottoprodotti dei cereali e semi oleosi

I cereali come il grano, il riso e il mais rappresentano più del 50% dell’apporto calorico mondiale. Durante il processo di lavorazione, i loro sottoprodotti come la crusca vengono utilizzati principalmente come mangime per animali e per la produzione di biocarburanti. Tuttavia, questi sottoprodotti contengono grandi quantità di proteine che potrebbero essere utilizzate per l’alimentazione umana.

Anche i semi oleosi, come quelli di girasole e canapa, generano sottoprodotti spesso destinati all’alimentazione animale o come fertilizzanti, ma potrebbero essere vantaggiosamente utilizzati come alimenti per l’uomo.

Utilizzare questi sottoprodotti della produzione di cereali e semi oleosi potrebbe migliorare la sostenibilità della produzione di cereali, creare nuove opportunità economiche e fornire opzioni alimentari sane e innovative per i consumatori.

Cereali minori

In molte parti dell’Asia del Sud e dell’Africa subsahariana, cereali minori come il sorgo e il miglio sono importanti fonti di alimentazione, rappresentando una grande percentuale dell’apporto calorico totale.

Questi cereali sono coltivati principalmente nelle aree semi-aride e sub-umide, grazie alla loro capacità di adattarsi alle condizioni di calore e siccità. In media, contengono il 65% di carboidrati, il 10% di proteine, il 3,5% di grassi e l’8% di fibre alimentari, e sono una fonte eccellente di micronutrienti, come le vitamine del gruppo B, la vitamina E, il magnesio, il fosforo e il ferro.

Anche l’orzo e l’avena sono cereali importanti, ma sono utilizzati principalmente come mangime per animali, mentre solo il 6% di orzo viene consumato dagli esseri umani.

Pseudocereali

Gli pseudocereali sono un gruppo di piante che, nonostante il loro nome, non sono cereali ma sono utilizzati in modo simile a quelli. Alcuni esempi comuni di pseudocereali sono la quinoa, l’amaranto e il grano saraceno, coltivati principalmente in Sud America, Russia, Cina, Ucraina e Stati Uniti.

Questi cereali sono molto tolleranti alle condizioni climatiche estreme, richiedono poco acqua e hanno un alto valore nutrizionale, specialmente sotto il punto di vista proteico.

Radici e tuberi

Patate dolcimanioca e igname giocano un ruolo importante nell’alimentazione delle famiglie, soprattutto in regioni rurali, delle nazioni dei paesi tropicali.

Non solo hanno un alto contenuto di carboidrati (fino al 90%), ma contengono anche amido resistente, in grado ridurre la risposta glicemica e la secrezione di insulina. Inoltre, alcuni tipi di amido resistente sono prebiotici affermati con effetti positivi sulla salute.

La farina di manioca è utilizzata per sostituire parte della farina di frumento nella produzione di pane, in modo da ridurre le importazioni di frumento.

Quella di patate dolci, soprattutto di quelle a polpa arancione, è utile per aumentare il contenuto di vitamina A nel pane, mentre quella di igname, in particolare di tipo viola, si impiega per ridurre l’indice glicemico del pane e aumentare il contenuto di antiossidanti.

Valorizzazione dei rifiuti: eccedenze di pane e grano esausto dei birrifici

Parlando di sprechi, sai che il pane è uno dei prodotti alimentari più sprecati a causa della sua scarsa conservazione e della deperibilità?

In tutto il mondo, circa un terzo del cibo prodotto per il consumo umano viene perso o sprecato. Il pane rappresenta il 11% di tutto lo spreco alimentare nel Regno Unito, ad esempio. Ma c’è una soluzione: riciclare il pane avanzato per produrre altri prodotti commestibili.

Lo stesso vale per il residuo di produzione della birra, noto come “brewer’s spent grain” o BSG.

Questo sottoprodotto ha un alto contenuto di proteine e fibre, che lo rendono un’ottima fonte di nutrimento per il bestiame. Tuttavia, può essere utilizzato anche per produrre altri alimenti per l’uomo, come pane, crackers e snack. Questa soluzione non solo aiuta a ridurre lo spreco alimentare, ma contribuisce anche alla riduzione dell’impatto ambientale.

Le sfide del pane composito

Come anticipato nell’introduzione dell’articolo, se le alternative al grano sono teoricamente molte, nella pratica non è così semplice adottarle. Molte di queste colture alternative si comportano in modo molto differente dal grano durante la lavorazione del pane, rendendo il processo più complicato e dispendioso. Il gusto e il profumo dei nuovi ingredienti potrebbero risultare sgradevoli, persino amari se si eccede con la loro quantità. Infine, si introdurrebbero molecole con un’attività indesiderata dal punto di vista nutrizionale.

Entriamo nel dettaglio di queste sfide.

La sfida tecnico-funzionale

In generale, le farine di altri cereali non vengono processate convenzionalmente nella produzione del pane a causa delle significative differenze nelle proprietà delle loro proteine rispetto al glutine di frumento.

L’utilizzo di sostituti della farina di frumento nella produzione del pane a livelli elevati di solito produce prodotti finali di qualità inaccettabile.

In generale, i livelli di sostituzione superiori al 10% portano a una diminuzione del volume specifico del pane e a un aumento della durezza della mollica. L’aggiunta di ingredienti ricchi di fibra derivati da legumi, orzo, avena e BSG spesso porta a un aumento dell’assorbimento dell’acqua, mentre l’effetto opposto si verifica con l’aggiunta di ingredienti amidacei, come miglio e farine di radice.

Inoltre, l’incorporazione di sostituti della farina di frumento a livelli elevati porta a un tempo di sviluppo dell’impasto più lungo, a una minore stabilità e estensibilità dell’impasto, a una diminuzione della forza e dell’elasticità del glutine e a un aumento della viscosità dell’impasto. Questi impatti negativi sono correlati a una rete di glutine indebolita.

La sfida sensoriale

Creare del pane composito che soddisfi le richieste sensoriali dei consumatori è difficile.

Il sapore è una combinazione di:

  • gusto, dato dai composti non volatili presenti nel cibo, come il dolce, il salato, l’amaro, l’acido e l’umami;
  • aroma, legato ai composti volatili;
  • chemestesi, riferito alla sensazione che proviamo quando la bocca, il naso o gli occhi vengono stimolati dal cibo.

Incorporare ingredienti a base di legumi nel pane può essere problematico, poiché possono generare sapori poco piacevoli.

Per esempio, se la farina di soia rappresenta più del 10% degli ingredienti, il pane risulterà sgradevole al palato e meno apprezzato rispetto al pane fatto solo con la farina di grano. Inoltre, i legumi contengono saponine che danno al pane un sapore amaro, astringente e metallico.

Anche l’aggiunta di ingredienti ricchi di fibre, come la farina integrale, può creare problemi sensoriali. La farina di sorgo, ad esempio, è ricca di polifenoli e tannini che danno un sapore amaro e astringente al pane. Aggiungere troppa farina di sorgo integrale al pane può quindi aumentare il sapore amaro.

La sfida nutrizionale

Gli ingredienti a base vegetale contengono dei composti fitochimici prodotti naturalmente come metaboliti secondari dalle piante. Come parte del meccanismo di difesa delle piante contro gli animali che le mangiano, questi composti che disturbano la biodisponibilità e l’utilizzo dei nutrienti e dei minerali negli animali, e per questo motivo sono chiamati antinutrienti.

Nonostante le loro proprietà ambivalenti che richiedono ulteriori ricerche, l’eliminazione o la riduzione dei fattori antinutrizionali è l’obiettivo della maggior parte della produzione alimentare.

Ecco alcuni di questi composti:

  • acido fitico: presente nella maggior parte dei semi oleosi, può legarsi ai minerali, alle proteine ​​e agli aminoacidi. Ciò riduce la loro biodisponibilità e inibisce l’attività dell’α-amilasi, portando a una diminuzione della digeribilità dell’amido;
  • glicosidi cianogeni: principale antinutriente nei semi di lino, possono produrre cianuro di idrogeno tossico dopo la loro scomposizione nel tratto gastrointestinale;
  • glucosinolati: sono stati dimostrati avere effetti goitrogeni (inibiscono la funzione della tiroide interferendo con il metabolismo dello iodio);
  • lectine: proteine presenti nei legumi, possono influire negativamente sulla digestione e sull’assorbimento dei nutrienti a causa della loro capacità di legarsi alle cellule epiteliali intestinali. In particolare, vicina e convicina sono due lectine che possono causare una grave anemia emolitica, nota come favismo, in soggetti suscettibili con carenza dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi;
  • saponine: particolarmente abbondanti nella quinoa, possono causare emolisi reagendo con gli steroli della membrana eritrocitaria e interferisce con l’assorbimento di lipidi;
  • sinapina: il principale costituente fenolico nella colza, che forma complessi con le proteine ​​tramite l’ossidazione e riduce la digeribilità;
  • tannini: composti polifenolici in grado di precipitare le proteine ​​e ridurre l’assorbimento di minerali, in particolare il ferro.

Conclusioni

Abbiamo visto insieme quali sono i vantaggi, ma anche le sfide, legati alla preparazione del pane utilizzando diversi sostituti della farina di frumento.

Molto probabilmente la loro richiesta aumenterà esponenzialmente nel prossimo futuro.

La sinergia tra la scienza della sostenibilità, la nutrizione umana, la microbiochimica e la scienza alimentare è necessaria per ampliare i risultati della ricerca per un impatto positivo su larga scala.

Il pane è stato preparato per la prima volta con i cereali selvatici disponibili localmente prima della Rivoluzione Neolitica, ma è da allora diventato dipendente da una sola coltura, il frumento, che occupa la maggior parte delle terre coltivabili del pianeta. Questo ha contribuito alla perdita di biodiversità e alla ridotta produttività ambientale con un danno irreversibile per la salute del pianeta.

 

Fonte: Missione Scienza

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