Quali differenze tra i chemioterapici che finiscono in «mab» e le Car-T?
Articolo del 24 Ottobre 2020
Qual è la differenza fra i vari tipi di immunoterapia? Oggi guardiamo tutti a queste nuove grandi speranze ma, almeno per quello che ho capito, non tutte le immunoterapie sono uguali e non tutte le immunoterapie funzionano per ogni tipo di neoplasia. Che differenza c’è, allora, fra i farmaci che hanno nomi che finiscono in «mab» e l’’immunoterapia in cui vengono prelevati i linfociti T del paziente e «ingegnerizzati» (se ho compreso bene, perché possano riconoscere ed eliminare le cellule tumorali) e poi iniettati di nuovo.
Risponde Giordano Beretta, Presidente Associazione Italiana Oncologia Medica.
La stimolazione del sistema immunitario per combattere i tumori è una possibilità terapeutica studiata da molti anni. In passato, in assenza di conoscenze biologiche sufficienti, venivano impiegati farmaci quali l’interferone e l’interleuchina che hanno però dato risultati solo marginali.
I farmaci che terminano in «mab»
Le attuali conoscenze hanno consentito di individuare una nuova categoria di farmaci, i «checkpoint inibitori», che consentono di attivare in modo importante la risposta immunitaria. Ciò avviene con l’impiego di anticorpi monoclonali (i farmaci che terminano in «mab») in grado di sbloccare l’attività di alcune cellule del sistema immunitario che riconoscono le cellule tumorali e le attaccano. La moderna immunoterapia, pur avendo evidenziato un’importante attività, che consente di ottenere risposte di lunga durata in una percentuale di pazienti che può arrivare ad essere considerata guarita, non è però efficace in tutti i casi e presenta controindicazione all’impiego in alcune categorie di pazienti.
Tumori selezionati
Le neoplasie in cui si sono evidenziati i risultati migliori sono il melanoma, i tumori del polmone, i tumori del rene, della vescica e del distretto testa collo. In altri sottogruppi di pazienti, ad esempio, in chi soffre di tumori del distretto gastroenterico con «instabilità dei microsatelliti», (un’alterazione su base genetica che comporta l’alterata attività dei sistemi di riparazione del Dna) l’immunoterapia ha dato risultati molto interessanti, anche se, al momento, non è ancora riconosciuta da Ema (European Medicine Agency) ed Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco). Anche in questi casi però l’immunoterapia non è sempre efficace e deve spesso essere impiegata dopo un trattamento convenzionale con chemioterapia.
I limiti
Il beneficio è inoltre limitato in pazienti con condizioni generali non buone per presenza di altre patologie, per ridotto «performance status »(una scala con cui si valuta la condizione generale del paziente) o che necessitino di alte dosi di cortisone. Inoltre non può essere impiegata in pazienti con malattie autoimmuni, ad esempio artrite reumatoide, tiroidite autoimmune, perché potrebbe determinare un loro rapido peggioramento.
Le Car- T
Infine, le cellule ingegnerizzate, ovvero CAR-T (dall’inglese Chimeric Antigen Receptor T-cell), rappresentano un tipo di immunoterapia complessa, efficace e già in uso anche in Italia per curare alcune neoplasie del sangue . Per ora non trovano invece indicazione nella maggior parte dei tumori solidi: sono in corso diverse sperimentazioni, ancora alle prime fasi, ma al momento attuale non abbiamo dati sufficienti per utilizzarle. La tecnica consiste nel prelevare i linfociti T dal paziente, trattarli con metodiche complesse che li rendono capaci di individuare selettivamente un particolare antigene attraverso il legame con un anticorpo e, successivamente, moltiplicarli in vitro e reinfonderli al paziente.
Fonte: Corriere della Sera