SALUTE: Antibioticoresistenza, politiche di prevenzione ed estensione vaccinazioni.

Articolo del 20 Luglio 2020

Continuare nelle azioni di contrasto del fenomeno dell’antimicrobico resistenza (AMR) anche in epoca Covid-19, potenziare il sistema di sorveglianza e di prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza nell’ospedale e nel territorio, aumentare le coperture vaccinali per proteggere operatori sanitari e cittadini, soprattutto se sono pazienti più fragili. Da ultimo, ma non meno importante definire standard e indicatori di monitoraggio per la valutazione costante delle attività delle strutture sanitarie sugli interventi per ridurre le dimensioni dell’AMR, sia a livello nazionale sia a livello regionale.

Di questo si è parlato il 15 luglio scorso in occasione della seconda edizione del forum “Politiche di immunizzazione e gestione delle infezioni correlate all’assistenza. Conoscere, informare e agire per contrastare l’AMR all’epoca del Covid-19”, realizzato da The European House – Ambrosetti, con il contributo di Pfizer, che quest’anno si è tenuto in versione digitale. All’incontro hanno partecipato Gianni Rezza (Min. Salute), Angelo Pan (ASST Cremona), Paolo Bonanni (Università Firenze), Antonio Gaudioso (Cittadinanzattiva), Annalisa Pantosti (Iss), Roberto Novelli (XII Commissione Affari Sociali – Camera dei Deputati), Ruggero Razza (Regione Sicilia), Evelina Tacconelli (EUCIC), Angelo D’Argenzio (Regione Campania) e Storti Nadia (ASUR Marche).

Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) l’AMR resta una sfida prioritaria per i sistemi sanitari ed una delle dieci minacce alla salute a livello globale. L’Italia è tra i Paesi europei con i più alti tassi di resistenza agli antibiotici, con una differenziazione a livello regionale. Tra le cause principali del fenomeno vi sono sicuramente un uso inappropriato degli antibiotici non solo in ambito umano, ma anche in agricoltura e in ambiente veterinario ed un progressivo aumento delle infezioni correlate all’assistenza.

L’arrivo dell’epidemia di Covid-19 ha messo a nudo tutti gli anelli deboli dei sistemi di sorveglianza e gestione delle infezioni all’interno delle strutture ospedaliere e di lungodegenza portando agli occhi di tutti come la gestione delle infezioni e l’AMR siano un problema di salute pubblica da non sottovalutare. Per contrastarlo quindi serve rafforzare le coperture vaccinali, intensificare il monitoraggio delle infezioni correlate all’assistenza e migliorare tutte le misure di protezione individuale.

“In questa fase di emergenza abbiamo assistito ad un rallentamento di vari programmi di sanità pubblica e abbiamo sicuramente capito quanto sia necessario rafforzare sia le strutture ospedaliere che le strutture territoriali con particolare attenzione ai dipartimenti di prevenzione”, ha detto Gianni Rezza Direttore Generale della Prevenzione Ministero della Salute. “Sul discorso delle vaccinazioni per ora abbiamo solo dati aneddotici, ma ci stiamo riproponendo di fare una survey insieme con le Regioni per capire se e quanto sia avvenuto un calo delle vaccinazioni.

Dati preliminari ci dicono di sì e non sarà facile recuperare le prestazioni perse anche perché la realtà dei fatti ci dice che non sappiamo cosa succederà nei prossimi mesi per quanto riguarda l’epidemia di Covid-19”, ha proseguito Rezza. Inoltre, “il Covid-19 ha messo in evidenza come il controllo delle infezioni in Italia sia trascurato e ne sono testimonianza i molti casi rilevati all’interno delle strutture sanitarie stesse”.

Ma, prosegue l’esperto, la vera domanda che dobbiamo porci è come si convive con il Covid affrontando i mali storici del nostro Paese. “Sicuramente aumentare la copertura vaccinale antinfluenzale sarà fondamentale per due motivi: uno per la diagnosi differenziale, cioè a dire per diversificare un paziente Covid da uno con sindrome influenzale e l’altro per evitare numerosi casi di influenza che andrebbero necessariamente a ricadere sui medici di base, sui pronto soccorso e anche, nelle annate peggiori, sulle terapie intensive. Avere in concomitanza la pandemia da Covid-19 e una epidemia influenzale stresserebbe troppo il nostro sistema e dobbiamo fare in modo che ciò non accada”, ha concluso Rezza.

Sul tema delle vaccinazioni è intervenuto in modo preciso anche il professor Paolo Bonanni, Ordinario di Igiene all’Università degli Studi di Firenze e Coordinatore del Board Calendario per la Vita. “I vaccini – ha detto l’esperto – sono considerati gli strumenti con la maggiore costo-efficacia nel prevenire la morbosità e la mortalità per malattie infettive e danno un contributo essenziale anche al fenomeno dell’antimicrobico resistenza attraverso due vie: un’azione diretta che consta nell’eliminare o ridurre il rischio di infezioni causate da batteri antibiotico-resistenti, e un effetto secondario, indiretto, con vaccini che pur non essendo diretti verso batteri determinano una diminuzione del consumo di antibiotici riducendo il numero di infezioni per le quali in modo inappropriato vengono prescritti antibiotici. Il Calendario per la Vita, nella sua quarta edizione, ha identificato le popolazioni a rischio proponendo dei protocolli di immunizzazione con gli specialisti delle specifiche patologie e ha proposto nuove modalità organizzative che coinvolgo maggiormente i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelti per aumentare la copertura vaccinale nella speranza di poter estendere la somministrazione gratuita del vaccino antinfluenzale non soltanto agli ultra sessantacinquenni ma anche per i cinquantenni”.

L’impatto che le politiche vaccinali hanno sull’AMR è molteplice, spiega ancora l’esperto: “Vaccinare un soggetto contro una malattia infettiva significa che il vaccinato non è più infettato con quel ceppo batterico che se presente può acquisire una resistenza agli antimicrobici, il soggetto può non essere colonizzato e come tale non trasmette l’infezione nella comunità dando luogo ad effetto di immunità di gregge. Gli antimicrobici da soli non saranno in grado di mitigare la minaccia dell’AMR e anzi i vaccini potrebbero essere un mezzo chiave per superare questa crisi”.

Antonio Gaudioso Segretario Generale di Cittadinanzattiva è fermamente convinto che tante singole azioni non bastano se non c’è un modello di governance complessivo. “Per quanto riguarda i vaccini e l’AMR – ha spiegato Gaudioso – sarebbe auspicabile non tornare a come stavamo prima del Covid perché non eravamo messi bene. Il Covid ci ha insegnato l’importanza dell’igiene, della prevenzione, della sanificazione degli ambienti. C’è bisogno però di cambiare completamente i modelli organizzativi dei percorsi di prevenzione”, ha precisato.

“Da una indagine che abbiamo condotto sul territorio nazionale ci siamo resi conto che nel periodo Covid la maggior parte dei vaccini e degli screening sono stati sospesi senza una specifica di quando questi sarebbero ripresi. Questo è molto grave perché lascia trapelare un messaggio sbagliato, quello della scarsa importanza del vaccino e dello screening stesso. Nel nostro Paese c’è anche un problema di modelli organizzativi di erogazione dei vaccini a livello territoriale e nell’ottica di un possibile ritorno del Covid-19 non possiamo farci trovare impreparati. Servono percorsi di prevenzione e delle politiche attive condivisi da tutte le regioni. Dai problemi dobbiamo essere in grado di trovare le soluzioni e credo che quella dei prossimi mesi sarà una grande occasione di modernizzazione per il nostro Paese per quanto riguarda la prevenzione. Sarebbe necessario quindi passare da un sistema basato sugli output ad un sistema basato sugli outcome”.

Cosa fare dunque per contrastare il fenomeno dell’AMR ai tempi del Covid-19? Una risposta ha provato a darla Annalisa Pantosti, Direttore del Dipartimento Malattie Infettive, dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). “La misura più economica ma anche la più efficace per combattere le infezioni correlate all’assistenza è quella di lavarsi le mani ed il fatto che solo ora nel contesto del Covid-19 sia passata questa importanza deve far riflettere e deve farci pensare che forse abbiamo sbagliato il modo di comunicarne l’importanza a livello delle strutture sanitarie e a livello della cittadinanza”, ha dichiarato Pantosti. “Nei pazienti con infezione da Sars-Cov-2 è stato fatto un largo uso di antibiotici: i dati dell’Iss ci dicono che su 3.335 pazienti deceduti positivi al Covid-19, l’86% ha ricevuto una terapia antibiotica nonostante solo il 12% avesse una sovrainfezione batterica. L’impatto che questo utilizzo empirico di antibiotici avrà su un possibile aumento dell’AMR dovrà essere sicuramente valutato”.

Per diminuire il rischio di un aumento di AMR, ha proseguito Pantosti, “serve standardizzare nuove procedure per contrastare le infezioni correlate all’assistenza, potenziare le stewardship antibiotica e implementare l’utilizzo dei test rapidi per una corretta diagnosi e terapia. Inoltre nell’immediato sarebbe auspicabile monitorare l’impatto dell’AMR nell’emergenza Covid-19 e grazie alla collaborazione delle regioni stiamo portando avanti una raccolta dati straordinaria dei primi sei mesi del 2020 per capire meglio come si sta collocando questo fenomeno”.

Anche Angelo Pan, Presidente SIMPIOS e Direttore dell’unità operativa di Malattie Infettive dell’ASST di Cremona, si è trovato d’accordo nell’affermare che il Covid-19 ha travolto ogni aspetto della vita quotidiana facendo però anche capire quale sia la vera “importanza di una corretta igiene, di quanto sia fondamentale lavarsi le mani nel modo corretto”. E ancora, “anche in ospedale abbiamo imparato molto meglio di prima ad usare i dispositivi di protezione individuale per ridurre il rischio di infezione”, ha precisato Pan.

“Per quel che riguarda gli antibiotici, c’è stato un sovrautilizzo di queste molecole, un utilizzo empirico di questi farmaci, per cui dovremo aspettare qualche tempo per capire cosa questo comporterà. Dove siamo ora dal punto di vista dell’AMR? – ha proseguito l’esperto – Siamo al termine dei 4 anni del Piano Nazionale di Contrasto all’AMR e quindi servirà un rinnovo; secondo i dati OSMED 2018, c’è stato un lieve calo del consumo di antibiotici nel nostro Paese, per le sepsi da MRSA siamo in una fase stabile, mentre invece serve maggiore attenzione all’utilizzo delle soluzioni idro-alcoliche negli ospedali”, ha puntualizzato. “L’Italia non ha mai fatto un gran uso di queste soluzioni ma forse la pandemia da Covid potrebbe aver modificato la tendenza. Se si fanno degli interventi corretti ben strutturati che interessino tutto il Paese per esempio sul corretto lavaggio delle mani o sul buon uso degli antibiotici possiamo salvare vite umane e risparmiare risorse ingenti”.

In questo contesto, la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ha approvato quattro mozioni presentate lo scorso 12 febbraio proprio sul tema dell’AMR. “Il problema dell’antibiotico resistenza ha visto la politica coesa e responsabile nell’attivazione di tutti gli strumenti possibili”, ha dichiarato Roberto Novelli, membro della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati. La situazione generale però, spiega Novelli, è complessa e delicata. “Non tutte le Regioni – ha spiegato Novelli – a tre anni dall’emanazione, hanno recepito il piano per il controllo sull’AMR quindi il permanere di una sanità differente da regione a regione ha ricadute sull’efficacia del Servizio Sanitario Nazionale. Per dare risposte concrete è estremamente importante avere omogeneità dei modelli organizzativi”, ha precisato. “Un altro tema centrale è quello della comunicazione. È importante informare sulle corrette abitudini di igiene personale per prevenire infezioni perché non basta dire che l’AMR causa circa 10mila morti l’anno. La consapevolezza da parte del cittadino sul valore delle vaccinazioni è fondamentale e la formazione comincia dalle scuole, comincia dal territorio”, ha concluso Novelli.

Ma come si inseriscono in questo quadro le Regioni e quali sono le politiche messe in campo per arginare il fenomeno dell’AMR che, come abbiamo visto, è sicuramente centrale nella salute pubblica? Da Nord a Sud, tutti sono concordi nell’affermare che la pandemia di Covid-19 che ha investito il nostro Paese ha inevitabilmente rallentato il consueto ritmo di vaccinazioni e per più vaccini differenti. Là dove ancor prima dell’emergenza vi erano alcune difficoltà organizzative è stato più difficile mettere in campo strategie efficaci ma questo momento di difficoltà ha dato la giusta spinta innovare e cambiare modus operandi.

In Regione Sicilia, il recepimento del nazionale contro l’antibiotico resistenza è avvenuto a fine 2018 grazie ad un decreto dell’attuale Assessore alla salute della regione, Ruggero Razza. “Contestualmente al recepimento del piano, abbiamo costituito un gruppo di lavoro composto da infettivologi ed esperti per creare delle linee di indirizzo per tutta la regione”, ha spiegato Razza. “Per dare una spinta forte alla lotta all’AMR, in regione abbiamo deciso di inserire nei contratti dei Direttori Generali tra gli obiettivi a pena di decadenza e a monitoraggio a metà di mandato l’adesione alle campagne vaccinali”, ha proseguito l’Assessore. Il link diretto tra tutto ciò e l’esperienza di coronavirus poggia sui modelli organizzativi: “se dovessimo dire cosa ha funzionato di meno, sarebbero sicuramente i dipartimenti di prevenzione territoriale perché sono sempre stati visti dai decisori politici e non solo, come una risorsa secondaria alle strutture ospedaliere. È importante quindi riorganizzare le professioni sanitarie sul territorio dal medico di medicina generale alla farmacia dei servizi, agli infermieri di famiglia. In questo disegno – ha concluso Razza – serve certamente un lavoro di coordinamento a livello centrale”, con l’auspicio che sia l’Agenas a farlo.

Rimanendo al Sud, la Regione Campania prevedeva un piano regionale della prevenzione già dal 2016 che ha facilitato il recepimento del PNCAR 2017-2020. “Abbiamo puntato a rafforzare l’efficacia della sorveglianza e la tracciabilità dei casi di infezione e a migliorare il controllo della trasmissione, l’appropriatezza prescrittiva dei trattamenti ed il monitoraggio degli esiti in caso di AMR il tutto grazie ad una piattaforma web”, ha spiegato Angelo D’Argenzio, Direttore Prevenzione e igiene sanitaria Regione Campania. “Per quanto riguarda le vaccinazioni durante il Covid-19 abbiamo verificato che nelle coorti di nuovi nati che avrebbero dovuto sottoporsi a prima dose di esavalente tra marzo e maggio le percentuali rispetto agli anni precedenti non sono state molto diverse, mentre per la prima dose del vaccino anti morbillo-parotite e rosolia per i piccoli che dovevano essere vaccinati sempre tra marzo e maggio, si è riscontrato un gap rispetto agli anni precedenti. Questa è solo un’analisi parziale, ma ci fa capire come il periodo del lockdown abbia determinato una riduzione delle vaccinazioni nei nuovi nati rispetto al 2019. È necessario dunque riprogrammare le attività dei centri vaccinali per garantire il recupero delle vaccinazioni perse”.

Per certi aspetti, simile è la situazione nelle Marche. “Le Marche sono forse una regione fortunata dal punto di vista della gestione perché vi è una Azienda sanitaria unica”, ha detto Nadia Storti, Direttore Generale ASUR Marche. “Nel percorso di controllo di infezioni correlate e dell’antibiotico resistenza, abbiamo cercato di puntare all’aumento delle coperture vaccinali in tutta la popolazione in ogni fascia d’età, ma soprattutto tra gli operatori sanitari in quanto il tasso di copertura era molto basso. Come coordinamento regionale, già a inizio 2017 avevamo costituito una commissione tecnica interaziendale per lavorare alla lotta alle infezioni correlate all’assistenza coinvolgendo tutte le strutture del territorio. Inoltre abbiamo imposto obbligatorie le vaccinazioni tra gli operatori sanitari e questo ha fatto salire di molto le percentuali di copertura vaccinale”, ha spiegato Storti.

Venendo ad oggi, ha proseguito, “l’emergenza da Covid-19 ha fatto sì che tante strutture venissero convertite in ospedali covid per cui molte attività di vigilanza sono state sospese. Gli spazi che in emergenza venivano utilizzati per tamponi sono diventati spazi per le vaccinazioni in modo da poter recuperare tutte le prestazioni perse e da avere luoghi dedicati alla vaccinazione antinfluenzale di cui, tra l’altro, abbiamo già acquistato le dosi. Infine, per incrementare la copertura vaccinale, abbiamo fatto una mappatura del territorio per identificare le fragilità nella popolazione, sia per età che per patologia”.

Infine in Veneto, esiste una rete capillare per la gestione e prevenzione delle infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici. “Abbiamo creato una rete infettivologica regionale con un interscambio tra ospedale, hub e spoke, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e RSA con un occhio particolarmente attento verso le campagne vaccinali”, ha spiegato Evelina Tacconelli, Presidente EUCIC e Direttore dell’UOC Malattie infettive dell’AOU integrata di Verona.

“In questo contesto abbiamo deciso di sviluppare una rete multidisciplinare di stewardship antibiotica. La struttura regionale che abbiamo creato parte da un gruppo multidisciplinare che svolge attività di coordinamento sui gruppi di specialisti degli ospedali hub che controllano a loro volta gli ospedali spoke per meglio lavorare con il territorio. Il gruppo multidisciplinare regionale ha anche il compito di sviluppare protocolli regionali e linee guida sul corretto utilizzo degli antibiotici e di creare dei PDTA per la gestione delle patologie infettive. Il Veneto ha dimostrato che la maggior parte degli obiettivi del piano 2017-2020 sono raggiungibili lavorando sul paziente, cercando di sviluppare dei protocolli diagnostici calibrati a seconda della persona, sui batteri applicando le indicazioni sulla sorveglianza attiva, sul monitoraggio dell’introduzione di nuove molecole antibatteriche ed infine sull’attenzione del ruolo della società”, ha concluso.

Fonte: QuotidianoSanità.it