Come funziona il certificato verde della Ue e perché non è un «passaporto vaccinale»

Articolo del 01 Aprile 2021

Bruxelles spera di rilanciare la mobilità e il turismo con il Digital Green Certificate, un certificato digitale per chi è immune dal Covid. Ecco come funziona.
Quando la Commissione ha svelato il 17 marzo la proposta di regolamento per un Digital green certificate, un certificato per semplificare i viaggi in tempi di Covid-19, la speranza era di sgombrare il campo dai dubbi e le polemiche piovuti sul progetto. Al momento, non sembra esserci riuscita. Il certificato continua a far discutere per i rischi di «discriminazione» che potrebbe produrre fra i cittadini o interi paesi Ue, oltre ai timori di nuove ingerenze sulle privacy individuale.
In realtà lo strumento non equivale a un «passaporto vaccinale» tout court e non prevede la cessione di informazione diverse da quelli già conosciute dalle autorità sanitarie, anche se presenta altre incognite. Vediamo perché.

Come funzionerà e cosa contiene il Digital green certificate?

Il Digital green certificate è un documento per garantire lo stato di immunità dal Covid di chi si deve o vuole spostare nel perimetro Ue in tempi di pandemia. È un documento pensato per essere provvisorio e limitato ai mesi di riassestamento dalla crisi pandemica, con una scadenza naturale fissata al termine dell’emergenza pubblicata dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Anche se viene ancora identificato come un «pass vaccinale», retaggio dell’idea originaria, il certificato verde attesta tre casistiche diverse: il viaggiatore ha ricevuto un vaccino, è risultato negativo a un tampone rapido o molecolare o è già guarito dal virus. «È sbagliato chiamarlo “passaporto” perché non è limitato ai vaccinati e si pone l’obiettivo di rimuovere le barriere e i blocchi all’ingresso» spiega Marco Borraccetti, professore di diritto europeo all’Università di Bologna.
Le copia del documento potranno essere salvate su dispositivi mobile o richieste in forma cartacea, in entrambi i casi con l’inclusione di un QR code contenente le informazioni chiave e una firma digitale che ne provi l’autenticità. La Commissione predisporrà un gateway per verificare le firme in tutti i paesi Ue, oltre ad aiutare i singoli stati nello sviluppo di software per il controllo dei QR Code. I dati contenuti nel certificato, sottolinea la Commissione, sono «nome, data di nascita, data di rilascio, informazioni pertinenti su vaccino/test/guarigione e identificativo unico» e saranno visibili, ma non memorizzabili dal paese di destinazione. Il certificato dovrebbe essere gratuito e valido in tutti i 27 paesi Ue, nella lingua dei singoli stati e in inglese, con la possibilità di introduzione anche in Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

Si può ottenere solo con i vaccini autorizzati da Ema?

A quanto si apprende dal testo della Commissione, il certificato potrebbe valere in teoria per tutti i vaccini anti-Covid. Ma con sfumature diverse. Gli stati membri sono tenuti a rilasciare il certificato ai cittadini che hanno ricevuto vaccini autorizzati dall’Ema e disponibili al commercio nella Ue (attualmente AstraZeneca, Biontech-Pfizer, Johnson&Johnson, Moderna), ma possono concederlo anche ai beneficiari di dosi di farmaci approvati dalle autorità dei singoli stati membri (come lo Sputnik in Ungheria) o inclusi nella Emergency Use Listing dell’Organizzazione mondiale della sanità, la lista dei vaccini sdoganati per «un uso d’emergenza» dall’Oms. Un altro caso contemplato è quello di un cittadino Ue che ha ricevuto il farmaco in un paese terzo: in questo caso, spetta allo stato membro verificare che il vaccino sia compatibile con i criteri utilizzati dall’Ema e rilasciare o meno il certificato. «Lo stato membro – spiega Borraccetti – deve controllare la qualità del vaccino somministrato da paesi terzi e la compatibilità con le regole Ue. Viceversa, il Digital green certificate viene esteso a cittadini che vivono e risiedono regolarmente in stati membri della Ue».

Quando sarà disponibile? Chi lo rilascia?

I tempi del suo debutto sono appesi prima all’iter di approvazione del testo a Bruxelles e poi, eventualmente, al tempismo delle autorità nazionali. Il Parlamento europeo ha dato il via libera a un’approvazione del testo sul Digital Green Certificate con procedura d’urgenza (articolo 163 dei Trattati), una misura che consente di accelerare i ritmi di negoziazione e adozione del testo da parte della stessa Eurocamera e del Consiglio Ue. Il documento, atteso in plenaria dell’Europarlamento del 26-29 aprile, dovrà incassare il via libera finale da entrambe le istituzioni. La palla passa poi alle autorità nazionali, incaricate di rilasciare il certificato ai singoli cittadini, magari attraverso «ospedali, dai centri di test o dalle autorità sanitarie».
Anche se non è emersa una data precisa, l’obiettivo fondante del certificato verde è quello di salvare la stagione turistica del 2021, dopo il tonfo già subito nel 2020 e il pressing di alcune economie per una misura che faciliti e armonizzi i viaggi all’interno del perimetro comunitario. La spinta è arrivata da paesi come Spagna e soprattutto Grecia, fra le promotrici più decise di un documento che restituisse libertà di circolazione ai cittadini già vaccinati, testati o guariti dal Covid. L’attesa è che il certificato sia disponibile almeno per giugno, ma c’è chi auspica un’accelerazione ancora più netta. Parlando al portale Euronews, il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas ha dichiarato che la Ue dovrebbe «realisticamente» mirare a un lasso compreso fra metà maggio e l’inizio del mese successivo.

Chi ha il certificato può viaggiare senza limiti?

L’obiettivo dichiarato della Commissione è quello di arrivare a una revoca coordinata delle restrizioni che hanno sospeso la libera circolazione nella Ue, appunto con lo strumento di un pass interoperabile e valido su scala comunitaria. I possessori di un certificato verde digitale, auspica la Commissione, dovrebbero essere esentati dalle restrizioni sugli spostamenti in tutti i paesi Ue, ottenendo in automatico gli stessi diritti dei cittadini del paese visitato che hanno già ricevuto un vaccino, sono risultati negativi a un test o guariti dal Covid. Non è automatico, però, che gli stati membri accettino di rimuovere o anche solo allentare le misure di sicurezza predisposte a livello nazionale. I singoli paesi possono decidere di imporre comunque quarantene o nuovi test ai viaggiatori, a patto di comunicarlo e giustificare la propria scelta all’esecutivo comunitario.

Quali problemi può creare?

Per come è strutturato nella proposta della Commissione, il certificato verde digitale sembra smentire i rischi di «discriminazioni» fra paesi Ue e classi di cittadini in base alla possibilità (o alla volontà) di ricevere un vaccino. Nel frattempo, però, sono rimaste altre incognite.
Una delle prime, come già accennato, è il rischio che si crei una sorta di puzzle normativo fra i paesi che accetteranno il certificato come una sorta di pass partout e quelli più restii ad abbassare la guardia, chiedendo tamponi e quarantene aggiuntive anche ai suoi possessori. Se economie come quella greca o spagnola hanno spinto fin da subito per un pass che garantisca una semi-libertà di movimento, altre potrebbero avvalersi del diritto a mantenere la proprie strette. Magari creando contraddizioni fra i divieti di trasferimenti interni e la libertà di spostarsi all’estero, in analogia con quanto già successo in Italia per le ferie pasquali. «È chiaro che le autorità hanno il diritto e il potere di decidere le proprie strategie interne di contenimento del virus. L’importante è che ci sia coerenza fra quelle interne e le regole esterne» spiega Borraccetti dell’Università di Bologna.
Un secondo ostacolo nasce, paradossalmente, da uno dei termini-chiave della proposta di regolamento: la «fiducia». Un sondaggio di France 24, un emittente nazionale francese, ha rivelato che il 68% dei cittadini del Paese è ostile a un certificato che «minaccerebbe» la propria privacy. L’accusa è debole sul piano pratico, visto che i dati contenuti nel digital green certificate sono esclusivamente relativi al proprio stato di immunità sul Covid e possono essere solo visualizzati e non raccolti dalle autorità nazionali. Ma può diventare pesante sul versante politico, sommandosi magari alle polemiche sulla violazione della libertà di movimento che sarebbe implicita al certificato in sé. Nei negoziati con il Consiglio Ue, anche il Parlamento Ue ha sottolineato l’importanza di evitare qualsiasi infrazione o discriminazione al principio di libera circolazione (del resto già ammaccato e sospeso ampiamente sotto l’emergenza pandemica).
Un terzo ostacolo è rappresentato dai costi personali del digital green certificate. La Commissione ha prescritto che il documento dovrà essere rilasciato a titolo gratuito. Ma per ottenerlo,a meno che non si sia già passati dal Covid, bisogna passare necessariamente per un vaccino o per un tampone: il primo è gratuito ma ancora distante nei mesi per una buona quota della popolazione Ue, il secondo può arrivare a costi considerevoli (o, in alternativa, a liste d’attesa altrettanto lunghe e problematiche). Se non sarà previsto l’obbligo di rilasciare sia il certificato che il test in forma gratuita, si potrebbe trasformare in un motivo di discriminazione economica fra chi può o non può pagare in autonomia un tampone in in tempi rapidi. «Se tutti potranno ricevere il certificato gratuitamente, allora tutti dovranno avere la possibilità di ricevere il test gratuitamente – dice Borraccetti – Altrimenti si rischia di creare una discriminazione, ma “di classe”, fra i cittadini Ue».
Fonte24+ de IlSole24Ore

LEGGI TUTTE LE ALTRE NEWS