Fanno ben sperare i risultati della piccola sperimentazione effettuata con l’immuno-trattamento più complesso mai sviluppato. Ma il successo di questo approccio pionieristico per ora è di tipo tecnico e concettuale, non ancora clinico.

Le cellule CAR-T sono la punta più avanzata dell’immunoterapia, una branca della medicina che ha vinto il premio Nobel nel 2018 e sfrutta l’abilità naturale del sistema immunitario di riconoscere le cellule tumorali e combatterle. Le forbici molecolari CRISPR, invece, sono lo strumento di correzione del DNA premiato con il Nobel per la chimica nel 2020. Combinare insieme i due filoni, potenziando l’immunoterapia attraverso l’editing genomico, è un obiettivo a cui stanno lavorando diversi gruppi in Italia e nel mondo.

La speranza è di non restare confinati nel recinto dei tumori linfatici e del sangue, su cui le CAR-T vengono usate da anni. Nel mirino ci sono anche i tumori solidi, più difficili da trattare perché più variabili e meno accessibili fisicamente.

In questo sforzo si sta distinguendo la società californiana PACT Pharma, con un trattamento che può essere considerato il più complesso mai sperimentato su esseri umani. I dati della prima fase del trial, volti a dimostrare la fattibilità e la sicurezza dell’approccio, sono stati presentati a Boston al meeting della Società per l’immunoterapia del cancro e sono stati pubblicati contemporaneamente su “Nature”.

La sperimentazione ha coinvolto 16 pazienti con tumori solidi, a carico di tessuti e organi diversi, tra cui seno e colon. Il trattamento è stato personalizzato per ciascuno di loro, seguendo procedure lunghe e complicate che in alcuni casi hanno richiesto oltre un anno.

Susan Foy e colleghi hanno iniziato sequenziando il DNA di ognuno dei soggetti e dei relativi tumori, alla ricerca di mutazioni che fossero presenti soltanto nelle cellule tumorali e non nei tessuti sani. Quindi hanno identificato, con l’aiuto di un algoritmo, le mutazioni che meglio si prestavano a suscitare una reazione immunitaria da parte delle cellule T (la categoria di globuli bianchi che, una volta rimaneggiati in laboratorio, diventano cellule CAR-T).

Questi elementi del sistema immunitario sono naturalmente deputati a pattugliare l’organismo e a uccidere le cellule con caratteristiche anomale, ma spesso da soli non sono in grado di avere la meglio. Per migliorarne le prestazioni, dunque, è utile dotarli di recettori su misura, in grado di riconoscere le specifiche mutazioni del singolo tumore.

Ricapitolando: le cellule di ogni paziente sono state prelevate, geneticamente editate in modo mirato e infine reinfuse nel corpo di ciascuno, dopo aver ridotto per via farmacologica le sue cellule T non modificate. Vale la pena notare che CRISPR ha consentito di evitare il ricorso a vettori virali e ha permesso, in un colpo solo, di eliminare i recettori naturali e di inserire i recettori modificati.

Questo per quanto riguarda i metodi seguiti. E i risultati? Fa ben sperare il fatto che le cellule CAR-T modificate siano andate a concentrarsi in prossimità dei tumori, anche se le dosi usate erano troppo basse per sortire un chiaro effetto clinico. Un mese dopo il trattamento, comunque, cinque pazienti erano rimasti stabili (dunque non erano peggiorati) e solo due avevano riportati effetti collaterali.

Il prossimo passo sarà alzare le dosi, ma non si esclude la possibilità di ingegnerizzare ulteriormente le CAR-T, sempre con l’aiuto di CRISPR, magari per sfuggire ai segnali immunosoppressivi rilasciati a volte dai tumori solidi, come ha spiegato a “Nature” Stefanie Mandl, che figura tra i supervisori del lavoro. Oppure si potrebbe ricorrere a qualche trucco per attivare le CAR-T in modo preferenziale, evitando pre-trattamenti pesanti per i pazienti, come ha spiegato un altro supervisore, Antoni Ribas.

Come ogni approccio, anche questo ha delle limitazioni. Per esempio le cellule T possono essere state indebolite troppo da precedenti cicli di chemioterapia, perciò è necessario scegliere attentamente i pazienti da sottoporre a questo trattamento sperimentale.

Poi, se la terapia si dimostrerà efficace, la vera sfida consisterà nel renderla meno proibitiva dal punto di vista dei tempi di produzione e dei costi. Anche le strategie avanzate più brillanti, infatti, devono affrontare la prova della realtà e della sostenibilità economica, per fare il salto dal laboratorio ai letti dei malati e contribuire a realizzare le promesse della medicina personalizzata.

 

Fonte: Le Scienze

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