Siamo parte delle vibrazioni elettromagnetiche e sonore  dell’Universo in cui siamo immersi ed è sempre più evidente che anche le nostre cellule producono vibrazioni e oscillazioni.

Intervista al Prof. Carlo Ventura a cura di Valerio Pignatta

I suoi studi portano alla conclusione che qualsiasi cellula può essere ridifferenziata, ossia indotta, diciamo, a dimenticare la sua precedente condizione, e quindi a essere riprogrammata per la salute e l’efficienza biologica. Questa possibilità apre scenari molto complessi e pieni di speranza. Come è stato possibile?

Utilizzando campi magnetici opportunamente convogliati ci siamo resi conto che era possibile far acquisire a cellule staminali umane adulte (ottenute per esempio da tessuto adiposo) caratteristiche similembrionali, cosa che le ha rese in grado di orientarsi verso destini complessi, quali quello cardiaco, neuronale, muscolare, scheletrico.
Sempre utilizzando queste energie fisiche siamo addirittura riusciti a orientare verso gli stessi destini cellule somatiche umane adulte non-staminali, quali i fibroblasti della pelle.
Stiamo attualmente cercando di verificare se queste strategie possano essere applicate con successo per ripristinare elevate capacità differenziative in cellule staminali o somatiche umane adulte esposte a condizioni patologiche, ad esempio coltivate in una situazione di ipossia capace di mimare un contesto di danno tissutale.

Tutto questo è stato possibile perché le cellule (incluse le cellule staminali), producono esse stesse campi magnetici e vibrano di continuo con frequenze di oscillazione meccanica che possono cadere sia in un range udibile che subsonico.  Queste caratteristiche cellulari sono anche alla base della capacità delle cellule di rispondere a tali stimoli fisici.

Certo bisogna capire a quali profili di onde elettromagnetiche o vibrazioni meccaniche esse siano sensibili, anche in relazione al risultato differenziativo che si vuole ottenere. Questo non è facile e richiede esperimenti spesso complessi e di lunga durata.

La possibilità di induzione della riparazione cellulare ha delle implicazioni enormi nell’ambito dell’oncologia, ma anche in quello cardiologico. Ricordiamo che le malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte nel nostro Paese e non solo. Lei sta lavorando molto su questo aspetto. Che prospettive ci sono secondo i suoi studi? La trasfusione di cellule staminali nelle parti malate di un cuore infartuato a cosa viene associata e che risultati può dare?

Finora la trasfusione di cellule staminali umane adulte di vario tipo, per lo più fatte moltiplicare (espanse) in vitro in coltura prima del trapianto, che di solito avviene per infusione coronarica, si è dimostrata una procedura sicura e priva di effetti collaterali. Purtroppo, i risultati in termini di efficacia nel trattamento delle forme gravi di insufficienza cardiaca non sono stati per lo più all’altezza delle aspettative, con riprese modeste della contrattilità cardiaca, o addirittura inconsistenti o transitorie nel tempo, a seconda dei vari studi.

Noi crediamo che, in base al potere diffusivo delle energie fisiche che utilizziamo per riprogrammare le cellule staminali (finora in vitro) sia possibile raggiungere le staminali dove queste si trovano, di fatto in ogni tessuto del corpo umano, senza dover necessariamente ricorrere a un trapianto di cellule esogene, ma piuttosto riattivando la capacità delle cellule staminali tessuto-residenti di innescare un percorso di autoguarigione.

Questa possibilità è sicuramente molto attraente per le implicazioni che potrebbe avere nelle malattie del cuore e cardiovascolari in genere, dal momento che anche il cuore, come ogni tessuto, ha le sue cellule staminali residenti. Stiamo lavorando in questo campo, e stiamo attualmente passando dagli studi in vitro a quelli su modelli animali di infarto miocardico, prima di poter procedere agli studi sull’uomo. Questi di per sé non sarebbero problematici date le basse energie in gioco, sia a livello dei campi elettromagnetici sia delle vibrazioni meccaniche utilizzate.

Per quanto riguarda il campo oncologico, stiamo lavorando su cellule staminali tumorali, di fatto ritenute all’origine del processo metastatico tumorale, che spesso segna una tappa di non-ritorno in molti pazienti. La nostra speranza è di poter utilizzare le nostre strategie per riprogrammare anche queste cellule, facendole ridiventare staminali non-patologiche, ossia capaci di riparare anziché distruggere e invadere i tessuti del corpo umano.

 

Fonte: SC Scienza Conoscenza

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