Recenti studi spiegano come il microbiota influenzi il cervello.
Questi studi potrebbero fornirci nuovi terapie per molte malattie neurodegenerative.
La neuro scienziata Jane Foster già nel 2006 lavorando su topi ha notato che i topi senza batteri intestinali( germ free) risultavano essere meno ansiosi dei loro equivalenti con normale microbiota tramite esperimenti con inserimento dei topi in labirinti arrivando alla conclusione che i batteri intestinali sembravano influenzare il loro comportamento.
Inizialmente la comunità scientifica era scettica su questi risultati e nessuna rivista aveva accettato il suo lavoro.
Successivamente (2014) anche un altro scienziato John Cryan della Universtià di Cork in Irlanda ha condotto simili esperimenti trovando inizialmente molto scettiscismo intorno a se, ma oggi l’asse intestino cervello ha uno dei punti di  forza e di innovazione delle riunioni nei convegni di neuroscienze e Cryan afferma di non essere più “il pazzo dell’Irlanda”.
Oggi migliaia di pubblicazioni dimostrano che i trilioni di batteri intestinali hanno profondi effetti sul cervello e potrebbero essere legati a molti suoi disturbi.
Negli ultimi anni questo settore di ricerca avanzata ha fatto passi da gigante e piuttosto che parlare del microbioma nel suo insieme, alcuni team di ricerca hanno iniziato a scavare per identificare microbi specifici, mappando i percorsi complessi e talvolta sorprendenti che li collegano al cervello.
Studi sui topi ma anche lavori preliminari sugli esseri umani suggeriscono che i microbi possono innescare o alterare il corso di condizioni come il morbo di Parkinson, il disturbo dello spettro autistico ed altre patologie neuro correlate.
Le terapie volte a modificare il microbioma potrebbero aiutare a prevenire o curare queste malattie, un’idea che alcuni ricercatori e aziende stanno già testando in studi clinici sull’uomo.
Siamo solo agli inizi, ma la prospettiva di nuove terapie per alcune di queste malattie cerebrali intrattabili è eccitante, afferma Sarkis Mazmanian, microbiologo presso il California Institute of Technology di Pasadena, soprattutto considerando quanto sia più facile manipolare l’intestino che il cervello.

Fonte: L’altra medicina

LEGGI TUTTE LE ALTRE NEWS