Tecnicamente siamo nel campo dell’ingegneria biomedica, ma l’immagine che, forse, rende meglio quello che è in grado di fare la “macchina” ideata e sviluppata da CellPly, azienda bolognese fondata nel 2014 dal professor Roberto Guerrieri e dall’ingegner Massimo Bocchi e impegnata nella realizzazione di strumentazioni scientifiche per il supporto e lo sviluppo di terapie oncologiche innovative, è quella del sarto. Un sarto 5.0 capace di cucire addosso ai pazienti malati di leucemia una cura specifica, personalizzata ed efficace, con più probabilità di successo. Una prima applicazione di partenza che potrebbe aprire nuovi orizzonti anche nel campo dello sviluppo di immunoterapie e terapie cellulari. È inoltre in corso, finanziato da Regione Emilia-Romagna, un progetto, che rientra sempre nell’ambito della caratterizzazione del sistema immunitario, per lo sviluppo di un test utile a trattare i pazienti Covid-19 ospedalizzati con terapie ad hoc.

“L’idea di partenza che ci ha portati a sviluppare questa piattaforma – spiega al fattoquotidiano.it Massimo Bocchi, presidente e amministratore Delegato di CellPly che può contare su un team operativo di 10 persone, tra ingegneri e biologi – era quella di sviluppare una tecnologia che consentisse ai medici di identificare la terapia più adatta a ciascun paziente in modo personalizzato e alle aziende farmaceutiche di generare farmaci più rapidamente e con più alte probabilità di successo, misurando l’effetto delle terapie in vitro prima dell’impiego dei farmaci in clinica”. Questa piattaforma sembra in grado di prevedere in maniera standardizzata e automatizzata, la risposta del paziente affetto da leucemia a diverse terapie in parallelo e indipendentemente dalle caratteristiche genetiche dei pazienti. I primi risultati ottenuti arrivano dalle piattaforme installate all’Ospedale sant’Orsola di Bologna e all’Ospedale Charité di Berlino, la più grande clinica universitaria europea dove tuttora sono in corso attività di sperimentazione clinica sulle leucemie acute e altri tumori del sangue. “I risultati ottenuti – spiega ancora Bocchi – hanno permesso di dimostrare la validità dell’approccio proposto e la capacità di prevedere con elevata accuratezza e in 24 ore se un paziente risponderà a una terapia oncologica”. L’innovazione, la peculiarità del sistema, secondo i suoi creatori e sviluppatori, è proprio quella di prevedere l’efficacia di una terapia analizzando come le cellule vive prelevate da un paziente rispondono in vitro alle terapie. La macchina è in grado di isolare cellule tumorali e immunitarie vive prelevate dal paziente in minima quantità all’interno di 20mila micropozzetti e di analizzare tramite algoritmi proprietari l’attività di diversi farmaci e immunoterapie in parallelo. “Il sistema sviluppato per la prima – aggiunge Bocchi, che si è formato nella Silicon Valley dove ha lavorato per un’azienda biotech che già più di dieci anni fa puntava sulla medicina personalizzata – consente di eseguire questo test complesso in maniera completamente automatizzata e tale da rendere la metodica riproducibile anche in laboratori diversi”.

Il professor Lars Bullinger, direttore del Dipartimento di ematologia e oncologia dell’Ospedale universitario Charité di Berlino, sta personalmente utilizzando uno dei due prototipi sviluppati dall’azienda grazie anche ai contributi ricevuti, fra gli altri, dalla Commissione Europea (2,3 milioni di euro nell’ambito del programma Sme Instrument) e dal Premio Marzotto (300mila euro), oltre che dai capitali raccolti da investitori Italiani. E proprio il clinico spiega al fattoquotidiano.it i primi risultati che sta ottenendo: “Stiamo utilizzando la piattaforma – spiega – per testare campioni di leucemia acuta di nuova diagnosi e recidiva e, inoltre, stiamo implementando anche protocolli per utilizzare la piattaforma per i test farmacologici in vitro di altre neoplasie ematologiche come il mieloma multiplo”. Bullinger precisa che nei pazienti con neoplasie ematologiche è “elevata l’esigenza, insoddisfatta, di prevedere meglio la risposta alle terapie e iniziando con la terapia sbagliata, ad esempio nei pazienti con leucemia aggressiva, si rischia di non arrivare in tempo a una cura che avrebbe potuto salvarli”. La possibilità che appare offrire il test di scegliere il trattamento giusto per il paziente giusto può “aumentare – spiega ancora Bullinger – non solo il successo di una terapia e la qualità di vita dei pazienti, ma può anche far risparmiare molti soldi al sistema sanitario. Le nuove terapie sono molto costose e andare per tentativi può essere controproducente per il paziente e il sistema sanitario nel suo complesso”.

Il team dell’azienda bolognese, in tal senso, mentre stava testando le applicazioni del suo sistema su farmaci chemioterapici e terapie targeted, ha scoperto che la piattaforma può anche essere utilizzata per le immunoterapie che oggi rappresentano una delle aree a più forte crescita nell’industria farmaceutica. “Con la stessa tecnologia utilizzata per misurare le funzioni delle cellule tumorali è possibile osservare – osserva Bocchi – anche le cellule del sistema immunitario e vedere come interagiscono con il microambiente tumorale in maniera miniaturizzata”. I primi risultati di questi studi sono stati presentati al congresso di ematologi dell’American Society of Hematology e hanno permesso all’azienda di avviare lo sviluppo di applicazioni anche nell’area delle terapie cellulari e degli anticorpi monoclonali. “Le terapie cellulari – spiega ancora il fondatore dell’azienda – consentono di utilizzare cellule immunitarie del paziente o di un donatore opportunamente modificate per renderle killer efficaci contro il tumore. Se da un lato le terapie cellulari stanno fornendo risultati sorprendenti in oncologia, il loro costo di sviluppo e produzione è attualmente molto elevato e rappresenta un limite all’adozione di tali terapie salva vita in maniera estesa”. Un sistema che potrebbe consentire sia di accelerare i tempi iniziali di sviluppo della terapia e del processo che di caratterizzare in modo estremamente dettagliato le cellule immunitarie opportunamente stimolate o modificate anche in un contesto di controllo di qualità durante la produzione. “La tecnologia – precisa Bocchi – consente di creare migliaia di strutture miniaturizzate ciascuna contenente anche una sola cellula immunitaria e di valutare quanto ciascuna cellula immunitaria sia efficace contro il tumore”.

L’estensione dell’uso della tecnologia alla caratterizzazione del sistema immunitario potrebbe quindi dare una mano a combattere anche altre patologie, ad esempio il Covid-19. Come dimostra un progetto in corso e finanziato dalla Regione Emilia Romagna che “sta supportando – conclude Massimo Bocchi – lo sviluppo di un test per i pazienti Covid-19 ospedalizzati. Lo scopo è di valutare in maniera personalizzata lo stato di infiammazione dei pazienti misurando le caratteristiche delle cellule immunitarie per supportare i medici nel processo di cura”. I primi risultati saranno disponibili a breve.

 

FonteIl Fatto Quotidiano

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