L’Intelligenza Artificiale è la chiave della medicina e della scienza di domani. Porterà nel prossimo futuro una rivoluzione in ambito medico-clinico e di ricerca, consentendo l’impossibile: ad esempio potrà prevedere l’arrivo di una pandemia, permettendo di correre ai ripari prima del disastro, oppure di dimezzare i tempi di una sperimentazione clinica per farmaci e vaccini.

A spiegarlo a Tuttoscienze è Francesco Longo, professore dell’Università Bocconi, in occasione della presentazione del “Libro Bianco” della Sanità del futuro: 30 proposte, suddivise in tre sezioni, Lavoro, Tecnologie Digitali e Big Data. Una approfondita analisi, presentata a Bologna nel corso di “Area Sanità. Strategie per la salute del Paese”.

“Se avessimo potuto usare degli algoritmi basati sull’IA per trattare in tempo reale i dati epidemiologici raccolti nella pratica clinica – sottolinea Longo – avremmo potuto scoprire il Covid in Italia almeno un mese prima. Avremmo avuto così tempo prezioso a disposizione per arginare la diffusione del SARS-Cov-2”. E non solo. L’IA entra in ambito scientifico a 360 gradi, supportando la ricerca, il lavoro del medico, il rapporto con i pazienti, l’innovazione e lo sviluppo di nuove terapie.

A cominciare dagli algoritmi dei sistemi di supporto decisionale clinico (Clinical decision support syrstem): questi, a fronte delle caratteristiche cliniche e fisiche del singolo paziente, in tempo reale suggeriscono al medico la terapia più adeguata. In questo momento si stanno sperimentando tanti di questi algoritmi – dice Longo – e non è difficile prevedere che nel prossimo futuro l’uso di alcuni di questi andrà a pieno regime. “L’aspetto interessante –aggiunge – è che possono essere utilizzati in tutti gli ambiti clinici, da quelli più complessi come nella stadiazione in oncologia (stabilendo il livello di gravità della malattia) alle applicazioni apparentemente più semplici, come il supporto alle decisioni giornaliere del medico di medicina generale”.

Ci sono molte sperimentazioni in atto: nel Regno Unito è recente l’annuncio che il Sistema Sanitario metterà a disposizione i dati di imaging di 150 mila pazienti con problemi di vista (i referti fotografici delle tomografie della retina) per testare la capacità dell’Intelligenza Artificiale di fare diagnosi di retinopatia. Se funzionasse, sarebbe una rivoluzione in ambito oftalmico: attualmente la diagnosi di retinopatie passa per lo screening manuale di oftalmologi e optometristi che ogni anno analizzano qualcosa come 10 milioni di immagini. Avere un sistema basato sull’AI che lo fa in pochi minuti e in modo accurato significherebbe diagnosi rapide, interventi terapeutici tempestivi e snellimento delle liste d’attesa. Una sperimentazione pilota condotta presso la St George’s, University ha dimostrato la possibilità di dimezzare il numero di controlli manuali con nessuna mancata diagnosi. Tutto ciò si traduce in più salute per i pazienti, perché qualsiasi malattia retinica degenerativa (ad esempio la retinopatia diabetica) può essere tempestivamente diagnosticata e trattata prima che il paziente vada incontro a danni irreversibili.

Ma l’Intelligenza Artificiale può aiutare anche il rapporto medico-paziente, con l’utilizzo della customer relation. Usando le stesse tecniche adottate dagli algoritmi di Amazon o di altri siti, può aiutare i clinici a relazionarsi con il paziente in maniera vincente. “Se voglio lavorare all’aderenza alle terapie di persone anziane – spiega Longo – l’algoritmo scopre se l’anziano è più sensibile a messaggi o a una telefonata o se è più utile usare il tramite del caregiver. L’algoritmo aiuta a scegliere il canale di comunicazione e il linguaggio per convincere il paziente a curarsi in modo adeguato”.

Lo stesso vale per persuadere un no-vax a vaccinarsi e per combattere l’esitanza vaccinale. È recente l’annuncio di un “robot parlante” (chatbot): parlando pochi minuti con le persone incerte sul vaccino, ne sposta il punto di vista rendendole meno restie a vaccinarsi. Il chatbot è stato sviluppato da scienziati cognitivi dell’Institut Jean-Nicod (CNRS) e del Laboratoire de Neurosciences Cognitives et Computationnelles (INSERM).

E, ancora, l’IA può aiutare a fare programmazione sull’erogazione dei servizi. Ad esempio ci sono tante patologie in cui è importante decidere la strada terapeutica da seguire. E non basta. L’IA può entrare in campo nella ricerca biomedica: il computer, ad esempio, riesce a simulare un trial clinico. “Si parte da una sperimentazione su pochi pazienti – spiega Longo – e le reti neurali estrapolano da questi pochi dati un risultato statisticamente valido, interpretando le dinamiche sottostanti e simulando una sperimentazione clinica più ampia. In questo modo –sottolinea – si potrebbero dimezzare i tempi di una sperimentazione clinica”.

Infine l’Intelligenza Artificiale sarà fondamentale per l’epidemiologia.“Con l’IA – conclude Longo – avremmo potuto scoprire il Covid-19 molto prima. I dati del Sistema sanitario avrebbero rilevato per tempo un anomalo aumento esponenziale delle malattie respiratorie e delle polmoniti prima che il disastro si rendesse evidente”.

 

Fonte: La Stampa

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