Con l’affinarsi delle teorie e con più accurate analisi sperimentali, discipline storicamente incompatibili si trovano sempre più spesso a collaborare, dando origine a nuovi campi di ricerca. Per esempio si integrano i risultati delle scienze della mente con quelli delle neuroscienze, riducendo la distanza che fino a un centinaio di anni fa divideva la filosofia dalla sperimentazione biologica. Il collegamento tra eventi mentali e eventi cerebrali è oggetto di intensi studi e sperimentazioni, ma la tradizionale visione dualistica che li vedeva separati viene progressivamente superata dalla consapevolezza di una loro interazione. Così dalla collaborazione tra approcci differenti emergono nuove discipline, come la psico-neuro-endocrino-immunologia: in questo volume il neurofisiologo Fabrizio Benedetti illustra quanto fattori psicologici e sociali complessi come ansia, depressione, aspettative e interazioni sociali possano influenzare l’intero organismo fino a modificare il decorso di eventuali malattie. I meccanismi ormonali e le connessioni neurologiche tra diverse zone del cervello sono, infatti, strettamente connessi con il sistema complesso che viene indicato come psiche, così come le malattie psicosomatiche possono produrre danni rilevabili con indagini cliniche. Queste nuove basi scientifiche portano il medico ad un nuovo modo di considerare il paziente e possono modificare i tradizionali approcci alla cura.

La ricerca presentata in questo libro studia l’efficacia di interazioni terapeutiche che vanno sotto il nome di “effetto placebo” se positive o “effetto nocebo” se negative; entrambe mediate da farmaci-non-farmaci che hanno tuttavia effetto sulle condizioni del paziente, e cerca di individuare le cause di miglioramenti o guarigioni ottenuti con trattamenti che agiscono più sulla mente che sul corpo. Non si tratta di cosa nuova: infatti nel passato più di 17.000 intrugli, bevande e creme erano utilizzate da sciamani e stregoni nelle loro terapie magiche, ma Benedetti commenta anche l’eccentricità, la bizzarria, la stranezza e l’irrazionalità di molta medicina alternativa nel mondo moderno. A cominciare dai più di 400 tipi di psicoterapia attualmente praticati: ed è difficile immaginare che siano tutti efficaci.

Per studiare le proprietà di un farmaco o di un trattamento esistono oggi metodi scientificamente rigorosi che prevedono confronti e studi in doppio cieco: si paragonano così gli effetti di una terapia vera e di una terapia finta, facendo molta attenzione al fatto che queste si presentino come assolutamente identiche. Se questa condizione sperimentale può essere facilmente realizzata nella somministrazione di farmaci, in alcune situazioni il “falso” è particolarmente difficile da mimare: come fare una agopuntura o una psicoterapia finta? Tuttavia, in molte circostanze e considerando inevitabili problemi etici, le varie procedure di controllo permettono di valutare l’effetto placebo e di capire come funziona e come agisce la terapia finta. Nei test si presentano e devono essere affrontati, infatti, importanti problemi etici che emergono proprio dalla somministrazione di placebo: il paziente deve sapere o no cosa realmente gli sta succedendo? Le controversie su questo punto rendono talvolta impossibili delle sperimentazioni significative.

Alcuni dati sono particolarmente interessanti: tre studi scientificamente rigorosi dimostrano che negli Stati Uniti circa il 60% dei medici ha utilizzato placebo, cioè terapie finte; che in Danimarca l’86% dei medici ha ammesso di averlo fatto; che in Israele il 60% dei medici e infermieri le praticano abitualmente, per esempio somministrando farmaci che non servono a nulla per la malattia del paziente.

Psicologi e neuroscienziati sono particolarmente interessati a capire cosa succede nel cervello di chi riceve il placebo e quanto il significato simbolico della terapia e dell’interazione col medico agisca sul paziente. Si cerca di valutare l’effetto del rituale medico sulle aspettative che possono essere positive ma anche negative, e che invece di un effetto placebo generano un effetto nocebo con peggioramento della patologia unita ad altri effetti assolutamente negativi.

Quello che comunque emerge nel funzionamento dei placebo è l’importanza di creare condizioni sia capaci di ridurre l’attività delle regioni del cervello implicate nell’ansia sia capaci di attivare le zone cerebrali che promettono situazioni di ricompensa (ad esempio la cessazione di un dolore), anche se meccanismi del genere possono essere totalmente inconsci. A volte bastano semplici suggestioni verbali, e questo pone nuovi importanti interrogativi. Per esempio somministrando un potente narcotico e inducendo precise aspettative nel paziente ci si domanda cosa gli succede veramente: le parole modificano l’azione del farmaco agendo sulle stesse zone del suo cervello oppure agiscono su una regione diversa e la nuova attività si somma a quella attivata dal farmaco? E come funzionano le parole nella psicoterapia? Hanno la stessa funzione delle medicine alternative? E nello sport un efficace condizionamento psicologico può essere considerato equivalente ad un doping farmacologico? Come funzionano i placebo nelle demenze senili o nei malati di Alzheimer?

Le domande sono tante e ci coinvolgono tutti, direttamente o indirettamente, portandoci a riflettere sulla nostra personale relazione mente-corpo, cioè su come le nostre aspettative influenzino o abbiano influenzato i nostri processi fisiologici o patologici. Una quantità immensa di placebo, conclude Benedetti, pervade la nostra vita e crea false realtà, presenti esclusivamente dentro di noi. Da Babbo Natale ai dogmi di fede, dalla magia al paranormale, la nostra realtà è modulata da aspettative e convinzioni che ci fanno credere quello che non è, e i placebo nell’ambito medico-sanitario sono solo un aspetto particolare di un comportamento generale. Ci imbrogliamo da soli, ma applicando il metodo scientifico alle personali esperienze potremmo – forse – capire meglio perché piace quel che piace e quanto le aspettative più o meno consapevoli modifichino quotidianamente la nostra esperienza del mondo.

 

Fonte: Galileo