Età, genere e storia infettiva permettono di farsi un’idea di come si risponderà ai vaccini e a quali (moderati) effetti si andrà incontro.
Dolore al sito dell’iniezione, stanchezza, mal di testa, brividi e febbre sono alcuni dei più comuni effetti collaterali dei vaccini anti-covid: comuni ma non “obbligati” e – soprattutto – transitori (nulla che non si plachi con una compressa di paracetamolo). La risposta alla vaccinazione è personale e difficile da prevedere, perché legata alle caratteristiche del sistema immunitario. Tuttavia è possibile individuare alcune tendenze generali nelle reazioni in base all’età, al genere, alle condizioni di salute del vaccinato e alla dose di vaccino (prima o seconda) che ci si appresta a ricevere.

SI STA PEGGIO DOPO LA PRIMA O LA SECONDA DOSE? Gli effetti collaterali più comuni dei vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna, da somministrare in doppia dose a distanza di 21 o 28 giorni rispettivamente, sono dolore nel braccio che ha subito l’iniezione, affaticamento, mal di testa, dolore muscolare, brividi e febbre. Per entrambi i vaccini, la reazione più intensa si ha in genere dopo la seconda dose. Anche se questo malessere può creare un comprensibile disagio, il fatto che si manifesti è in realtà un segnale rassicurante. Significa che il sistema immunitario, dopo aver prodotto la proteina Spike in risposta alla prima dose, è ora in grado di riconoscerla e attivarsi in caso dovesse incontrarla.

Il vaccino di Oxford e AstraZeneca sembra al contrario provocare una più intensa reazione immunitaria già dopo la prima dose, come specificato anche dall’EMA. Gli effetti collaterali più frequenti sono dolore nel sito dell’iniezione, mal di testa, affaticamento, brividi, dolore articolare, febbre e nausea. La maggior parte di queste reazioni avverse è di carattere moderato e si risolve nell’arco di 48 ore dalla vaccinazione. Gli effetti riferiti dopo la seconda dose sono in genere più lievi e meno frequenti.

Ricordiamo che il vaccino di AstraZeneca risulta già ampiamente efficace dopo la prima dose (anche se la durata della protezione offerta non è nota): anzi, l’efficacia cresce ritardando il richiamo fino a 12 settimane dalla prima iniezione.

CHI HA GIÀ AVUTO LA COVID HA UNA REAZIONE DECISA GIÀ ALLA PRIMA DOSE. Il sistema immunitario dei guariti ha già incontrato la proteina spike una volta (e nella “versione originale”). Una dose di vaccino è sufficiente per risvegliare le difese e conferire una protezione completa, alla luce del fatto che l’infezione naturale conferisce già una risposta immunitaria specifica per il virus. Anche l’AIFA ha recepito queste indicazioni e sconsigliato in questa fase di somministrare ai guariti una seconda dose vaccinale.

I GIOVANI HANNO REAZIONI IMMUNITARIE PIÙ DECISE DEGLI ANZIANI. La reattività del sistema immunitario diminuisce con l’età: ecco perché in genere i giovani adulti hanno effetti collaterali più intensi ai vaccini anti-covid. La minore sensibilità del sistema immunitario degli anziani, i più a rischio di forme gravi di covid, è stata una delle principali preoccupazioni durante le sperimentazioni di fase 3 dei vaccini, quelle volte a valutare l’efficacia. Fortunatamente, anche il sistema immunitario di chi è più in là con l’età sembra rispondere molto bene ai vaccini disponibili.

LE DONNE HANNO REAZIONI IMMUNITARIE PIÙ DECISE RISPETTO AGLI UOMINI. Il 79% delle reazioni avverse segnalate ai CDC americani dopo le prime 14 milioni di dosi di vaccini di Pfizer e Moderna proveniva da donne. In parte, perché le donne sono più propense a segnalare al medico situazioni di malessere fisico, ma soprattutto, perché il sistema immunitario femminile scatena una reazione più decisa in risposta alle infezioni (non a caso, l’80% delle malattie autoimmuni si manifesta nel genere femminile).

Le donne tendono ad avere reazioni avverse più decise anche ad altri vaccini, da quelli antinfluenzali al vaccino MPR (morbillo, parotite e rosolia). In parte potrebbe dipendere da ragioni ormonali, forse dagli estrogeni, come abbiamo spiegato qui.

CHI HA MALATTIE PREGRESSE NON RIPORTA EFFETTI COLLATERALI PIÙ INTENSI. Le persone con un sistema immunitario indebolito da pregresse patologie non sviluppano difese sufficienti in caso di infezione da CoViD-19 e rischiano più di altre di incorrere in forme gravi della malattia. Per le stesse ragioni potrebbero non reagire in modo così deciso ai vaccini anti-covid (proprio perché il vigore delle reazioni è di fatto un segnale della risposta immunitaria innescata).

Anche chi ha patologie autoimmuni non sembra riportare effetti avversi peggiori rispetto alla media. Allo stesso tempo è prioritario che a chi è affetto da condizioni pregresse che potrebbero determinare un esito peggiore della covid sia data priorità nelle campagne vaccinali.

 

FonteFocus

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