Long Covid, come saranno le cure per 160mila italiani malati a lungo termine

Articolo del 11 Giugno 2021

La pandemia da Covid-19 ha generato anche un’altra categoria di pazienti, malati a lungo termine di una sindrome ancora oscura, indicata come «post-Covid o Long Covid». Sono persone che, a distanza di mesi dall’infezione iniziale, presentano una serie di sintomatologie, spesso anche molto debilitanti, e difficoltà nel tornare alla loro vita precedente. Per questo il Governo ha deciso di mettere in pista – stanziando 50 milioni con il decreto Sostegni bis già pubblicato in Gazzetta Ufficiale – un progetto sperimentale per seguire con cure gratuite i più a rischio.

Un protocollo ad hoc per due anni

Il protocollo prevede che tutti i pazienti colpiti da forma grave di Covid-19, dimessi da un ricovero ospedaliero e giudicati guariti – secondo le stime dell’Iss si tratterebbe di circa 164mila italiani (più di un terzo in Lombardia) -, potranno usufruire per due anni, a titolo gratuito e con la totale esenzione del ticket, delle prestazioni diagnostiche e specialistiche ambulatoriali del Servizio sanitario nazionale che rientrano nelle attività di follow-up sulle possibili conseguenze del virus. Un follow-up che servirà anche ad acquisire informazioni sugli esiti di questa patologia, ancora da approfondire ad appena un anno e mezzo dalla sua comparsa.

Le risorse

Saranno stanziati circa 50 milioni di euro fino al 2023, 24 milioni di euro per l’anno in corso, circa 20 milioni per il 2022 e poco meno di 6 milioni di euro per il 2023. Risorse che serviranno appunto per il «Protocollo sperimentale nazionale di monitoraggio», che prevede l’erogazione – esente da ticket – di prestazioni di specialistica ambulatoriale contenute nei Livelli essenziali di assistenza.

Le prestazioni

Nel pacchetto delle prestazioni previste rientreranno quelle per il controllo delle funzioni più interessate dal Covid. E cioè quella respiratoria, cardiaca, renale ed emocoagulativa: si andrà dunque dalle analisi del sangue – esami come l’emocromo, ves, creatinina, solo per citarne alcuni – all’elettrocardiogramma dinamico, dalla spirometria al test del cammino, fino alla tac del torace. Le prestazioni di specialistica ambulatoriale erogabili in regime di esenzione sono contenute in una apposita tabella che indica per ciascuna prestazione la frequenza massima di esecuzione durante il monitoraggio, che durerà appunto per due anni.

I destinatari

I pazienti più interessati da questo protocollo saranno soprattutto anziani, che potrebbero avere conseguenze cardiache e polmonari e nei quali è fondamentale identificare precocemente lo sviluppo di una fibrosi polmonare o di cardiopatie. Sempre per i pazienti più anziani è anche prevista una valutazione multidisciplinare e, in particolare, per quelli sottoposti a terapia intensiva o subintensiva è previsto anche un colloquio psicologico.
«In realtà, negli ambulatori che seguo, già da gennaio scorso abbiamo pazienti di tutte le età», avverte Antonio Pisani, responsabile del Movement Disorder Research Center di Fondazione Mondino Ircss e professore ordinario di neurologia all’università di Pavia.

I disturbi più frequenti

Il Mondino, dopo Pavia e Milano, ha aperto a Roma in collaborazione con l’ospedale Salvator Mundi un ambulatorio neurologico che indaga proprio le conseguenze del Covid sui pazienti. «Dal punto di vista neurologico – avverte Pisani – i sintomi comuni che vediamo sono rappresentati da cefalea, vertigini, senso di fatica, nebbia cognitiva, difficoltà di concentrazione, facili amnesie. A questo si associano disturbi del sonno e dell’umore. Quello che vediamo è un quadro che gli psichiatri definiscono disturbo post-traumatico da stress. Queste persone rivivono questa esperienza come se fossero reduci da una guerra o come se avessero avuto un lutto o un trauma importante. Per questo vanno gestiti».

Fino al Parkinson e all’Alzheimer

Il docente di Neurologia segnala anche come gli effetti a lungo termine siano «ancora in corso di studio ma sembra già evidente che gli strascichi del Covid possono predisporre su terreni fertili anche a patologie degenerative come il Parkinson e l’Alzheimer». «Ho avuto due pazienti – racconta il medico – che prima di marzo 2020 non avevano mai visto un neurologo, anche se magari avevano qualche segnale di rallentamento, e un mese fa sono diventati un chiaro caso di Parkinson e uno di Alzheimer. Quindi è come se il Covid fosse stato una sorta di acceleratore di quello che probabilmente già c’era ma non si era ancora manifestato».
Fonte: 24+ de IlSole24Ore

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