Nuovi vaccini a base di proteine potrebbero cambiare la pandemia

Articolo del 10 Novembre 2021

La probabile prossima autorizzazione per vaccini anti COVID-19 basati su una tecnologia ben sperimentata, a costi contenuti e che ridurrebbe ulterioriomente gli effetti collaterali, potrebbe allargare ulteriormente il bacino dei vaccinati, anche nei paesi poveri.

Pamela Sherry è ansiosa di essere immunizzata contro COVID-19. Ma ha rimandato il vaccino.

“Credo che i vaccini funzionino”, dice. “Voglio la protezione.” Eppure è incline a reazioni immunitarie acute e ha problemi circolatori, quindi nutre delle preoccupazioni riguardo alle iniezioni disponibili negli Stati Uniti, dove vive, quelle basate su tecnologie di RNA messaggero (mRNA) e vettore virale. Anche se sicure per la maggior parte della popolazione, sono state collegate a rari ma potenzialmente gravi effetti collaterali, tra cui infiammazioni cardiache e coaguli di sangue.

Così Sherry ha aspettato che il menu delle opzioni vaccinali a sua disposizione si ampliasse. In particolare, sta aspettando un vaccino costituito da proteine purificate. A differenza delle tecnologie relativamente nuove, a mRNA e vettore virale, su cui si basano i vaccini contro COVID-19, i vaccini proteici sono stati usati per decenni per proteggere le persone da epatite, herpes zoster e altre infezioni virali. Per suscitare una risposta immunitaria protettiva, queste iniezioni forniscono alle cellule di una persona direttamente proteine e coadiuvanti che stimolano l’immunità, invece che un frammento di codice genetico che le cellule devono leggere per sintetizzare le proteine stesse.

Anche se nella lotta contro COVID-19 i vaccini proteici non sono ancora diffusi, finora i dati degli ultimi stadi di sperimentazione clinica sembrano promettenti, dimostrando una forte protezione con meno effetti collaterali rispetto ad altri vaccini anti COVID-19.

Se una iniezione di questo tipo fosse disponibile, “andrei a farla subito”, dice Sherry, che gestisce un’attività di cartoleria a Prosper, in Texas.

L’attesa di Sherry potrebbe presto finire. Dopo mesi di battute d’arresto nel controllo di qualità e ritardi nella produzione, i dirigenti dell’azienda biotecnologica Novavax di Gaithersburg, nel Maryland, dicono che sono pronti a presentare agli enti regolatori dei farmaci negli Stati Uniti la tanto attesa domanda di autorizzazione del loro vaccino a base di proteine entro la fine dell’anno. (Il primo novembre, l’Indonesia ha concesso al vaccino dell’azienda la sua prima autorizzazione d’emergenza, e sono già state presentate domande alle agenzie governative in Australia, Canada, Regno Unito, Unione Europea e altrove.) Nel frattempo, due produttori asiatici di vaccini – Clover Biopharmaceuticals, con sede a Chengdu, in Cina, e Biological E a Hyderabad, in India – sono anch’essi vicini a chiedere l’autorizzazione a varie autorità nazionali nelle prossime settimane e mesi.

Se verrà dato il via libera, questi vaccini potrebbero placare le paure di coloro che aspettano a vaccinarsi, come Sherry, servire come richiamo e, soprattutto, riempire un vuoto nella risposta globale alla pandemia.

Finora, meno del sei per cento delle persone nei paesi a basso reddito sono state vaccinate contro COVID-19. I vaccini a base di proteine – con i loro protocolli di produzione poco costosi e i vantaggi logistici, tra cui la stabilità a un’ampia gamma di temperature – potrebbero aiutare a ridurre il divario di immunizzazione tra paesi ricchi e poveri.

“Il mondo ha bisogno di questi vaccini a base di proteine per raggiungere quelle popolazioni vulnerabili”, dice Nick Jackson, capo dei programmi e delle tecnologie innovative alla Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, che ha investito più di un miliardo di dollari in cinque vaccini a base di proteine contro COVID-19, ora in corso di sviluppo. La parte del leone la fanno i prodotti realizzati da Clover, Novavax e SK-bioscience di Seongnam, in Corea del Sud. “I vaccini proteici stanno per far entrare in una nuova era l’immunizzazione a COVID-19”, dice Jackson.

Intrinsecamente lento

Fin dai primi giorni della risposta alla pandemia, i ricercatori hanno previsto che i progetti basati sulle proteine sarebbero stati sviluppati più lentamente rispetto alle altre tecnologie vaccinali.

Le aziende sanno come produrre – a partire da cellule geneticamente modificate da mammiferi, insetti o microbi – grandi quantità di proteine purificate, ma il processo coinvolge molti passaggi, ognuno dei quali deve essere ottimizzato per fare una proteina specifica. “C’è una lentezza intrinseca”, dice Christian Mandl, un ex-dirigente industriale che ora lavora come consulente sui problemi di sviluppo dei vaccini. La maggior parte dei vaccini a base di proteine attualmente in fase di sperimentazione sono stati realizzati a partire da qualche versione della proteina spike del coronavirus SARS-CoV-2, che aiuta il virus a entrare nelle cellule.

A parte i ritardi previsti, tuttavia, i produttori di vaccini hanno fatto alcuni errori evitabili. Quando i giganti della farmaceutica Sanofi e GlaxoSmithKline (GSK) si sono uniti in un progetto di vaccino proteico, per esempio, gli osservatori si aspettavano che lo sviluppo clinico procedesse con grande rapidità. Ma le aziende inizialmente si sono affidate a reagenti difettosi per caratterizzare il loro prodotto, che ha comportato un errore di dosaggio. I primi partecipanti alla sperimentazione hanno ricevuto dosi che erano circa un quinto della dose prevista.

L’errore è costato a Sanofi e GSK circa cinque mesi di ritardo nella loro linea temporale di sviluppo, perché hanno dovuto ripetere uno studio pilota per trovare la dose ottimale per i test dell’ultima fase. Il loro vaccino a base di proteine è ora in una sperimentazione di fase III che ha preso il via a fine maggio, coinvolgendo migliaia di soggetti in Africa, Asia e America Latina.

In confronto, le prove su larga scala di Novavax e Clover hanno già prodotto dati di efficacia. Secondo un preprint pubblicato il mese scorso (non ancora sottoposto a peer review), il vaccino Novavax ha offerto più del 90 per cento di protezione contro le forme sintomatiche di COVID-19 in uno studio su 30.000 persone completato all’inizio dell’anno, prima che arrivasse la variante Delta, quando erano in circolazione solo forme più “leggere” del virus.

I vaccini a formulazione proteica i cui studi clinici sono in fase avanzata

Clover ha riportato risultati di efficacia un po’ più bassi per il suo vaccino a base di proteine, mostrando solo il 67 per cento di efficacia contro le forme sintomatiche di qualsiasi gravità; tuttavia quel numero era probabilmente deflazionato perché il vaccino è stato testato su popolazioni alle prese con ceppi più virulenti di SARS-CoV-2, comprese le varianti Delta e Mu. Entrambi i vaccini hanno suscitato livelli di anticorpi pari a quelli indotti dalle iniezioni con vaccini a mRNA, che sono emerse come alcune delle più efficaci nella pandemia.

I risultati mostrano che produrre vaccini contro COVID-19 usando le proteine “non è un approccio inferiore agli standard solo perché ha richiesto più tempo”, dice Ryan Spencer, amministratore delegato di Dynavax Technologies di Emeryville, in California, che produce l’adiuvante [la sostanza aggiunta per potenziare la risposta del sistema immunitario all’antigene e aumentarne la durata, NdR.] del vaccino Clover.

I vaccini sembrano anche essere sicuri. Nessuno dei circa 50 vaccini COVID-19 a base di proteine ora in fase di test clinici in tutto il mondo ha suscitato effetti collaterali importanti. Anche molte delle reazioni tipicamente indotte dai vaccini a mRNA o a vettore virale – mal di testa, febbre, nausea e brividi – si sono dimostrate assai meno comuni con le alternative a base di proteine. Per esempio, negli studi clinici meno dell’1 per cento dei soggetti che hanno ricevuto un’iniezione a base di proteine di Medigen Vaccine Biologics Corporation di Taiwan, a Taipei, ha sviluppato febbre.

“Il profilo di sicurezza è molto simile a quello dei vaccini antinfluenzali”, dice Szu-Min Hsieh, specialista di malattie infettive al National Taiwan University Hospital di Taipei, che ha pubblicato il mese scorso i risultati del trial di fase II.

“Questo permetterà a molte persone di non preoccuparsi più di tanto”, aggiunge Cindy Gay, docente di malattie infettive alla University of North Carolina School of Medicine a Chapel Hill, che ha co-diretto i test sul vaccino Novavax.

Differenze nella progettazione

Anche se un vaccino a base di proteine ha successo – sia in termini di prestazioni che di mercato – non c’è motivo di pensare che lo faranno tutti, comunque.

Per prima cosa, la forma della proteina spike usata varia notevolmente da un prodotto all’altro. Alcuni usano proteine singole, altri triadi. Alcuni usano proteine spike a lunghezza intera, altri solo un frammento. Alcune proteine sono liberamente fluttuanti, altre sono impacchettate insieme in nanoparticelle.

Molte di esse sono anche prodotte usando diversi tipi di cellule. Per sintetizzare la proteina Novavax e Sanofi/GSK usano cellule di larva del lepidottero lafigma (Spodoptera frugiperda), un tipo di falena; Clover e Medigen fanno affidamento su cellule dell’ovaio di criceto, un pilastro della produzione di anticorpi terapeutici nell’industria biotecnologica. Inoltre, i candidati principali si basano su diversi adiuvanti, ognuno dei quali stimola il sistema immunitario a modo suo, ottenendo diversi tipi di risposta al vaccino.

Tutto questo potrebbe tradursi in diversi profili di efficacia e sicurezza, dice Thomas Breuer, chief global health officer di GSK. “Posso immaginare che si vedranno delle differenze, ma il tempo e i risultati della sperimentazione di fase III ci daranno la risposta definitiva.”

Questi risultati hanno il potenziale per fare forma ai programmi di richiamo nei paesi ricchi, dove grandi percentuali della popolazione sono già state vaccinate. Anche se i vaccini a mRNA sono attualmente usati come richiami in molti di questi paesi, le preoccupazioni sulla tollerabilità potrebbero spingere le persone a cercare richiami a base di proteine una volta che saranno disponibili.

La tecnologia è collaudata e gli studi hanno dimostrato che una strategia mix-and-match – in cui dopo il primo viene somministrato un diverso tipo di vaccino – è efficace nel prevenire la malattia, nota John Mascola, direttore del Vaccine Research Center al National Institute of Allergy and Infectious Diseases degli Stati Uniti. “Dobbiamo ancora vedere i dati sull’esseri umani” così da confermare che un tale regime di richiamo basato sulla proteina è altrettanto sicuro ed efficace, dice Mascola, ma lui e altri si aspettano che sia così. Le prove che valutano l’approccio sono in corso.

Colmare il divario di equità 

Una volta autorizzate, le iniezioni a base di proteine dovrebbero anche permettere di affrontare rapidamente le carenze di fornitura che hanno frustrato gli sforzi per vaccinare i paesi a basso reddito. Novavax e Clover, per esempio, si sono impegnate a donare il prossimo anno centinaia di milioni di dosi dei loro vaccini a COVAX, un’iniziativa progettata per distribuire i vaccini in tutto il mondo.

La comunità sanitaria globale ha anche sostenuto che un accesso equo ai vaccini contro COVID-19 potrebbe essere raggiunto tramite la produzione locale di vaccini nel sud del mondo. Per raggiungere questo obiettivo, più ricercatori dovrebbero guardare a sistemi di produzione semplici e poco costosi che i produttori nei paesi meno ricchi possono facilmente implementare, dice Christopher Love, ingegnere chimico al Massachusetts Institute of Technology a Cambridge, in Massachusetts.

Biological E sta già approfittando di uno di questi sistemi – il lievito – per produrre il vaccino che ha preso in licenza dal Baylor College of Medicine di Houston, in Texas. Secondo Maria Elena Bottazzi, virologa del Baylor College che ha contribuito a creare il prodotto, questo lo rende “probabilmente il più facile ed economico da scalare” di tutti i vaccini COVID-19 presenti o attualmente vicini a essere immessi sul mercato.

Nei primi giorni della crisi pandemica, le piattaforme tecnologiche per vaccini come quello a mRNA offrivano il vantaggio della velocità, dice Ralf Clemens, veterano dell’industria dei vaccini e consigliere scientifico della Clover. Ma ora che i vaccini a base di proteine stanno recuperando terreno, dice, avranno molto di più da offrire – e nel lungo periodo, quando si tratterà di proteggere il mondo dalle infezioni da coronavirus, “penso che prevarranno”.

 

Fonte: Le Scienze

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