Tumori del sangue, così aumentano le speranze di guarigione anche per i malati più gravi

Articolo del 26 Ottobre 2021

CAR-T e anticorpi bispecifici migliorano la sopravvivenza anche in pazienti finora privi di alternative. Sette italiani su dieci che si ammalano di una neoplasia ematologica oggi sono vivi 10 anni dopo la diagnosi.

Ogni anno sono circa 30mila gli italiani che si ammalano di un tumore del sangue e il numero delle diagnosi è destinato ad aumentare insieme all’invecchiamento generale della popolazione, visto che si tratta di patologie tipiche dell’età avanzata. Fortunatamente, però, oggi le speranze di vita sono maggiori e 7 malati su 10 possono aspirare alla guarigione, come ricordano gli specialisti riuniti a Milano per il congresso nazionale della Società italiana di ematologia (Sie). Inoltre, i rapidi progressi della medicina hanno reso croniche molte di quelle che una volta erano considerate malattie mortali e grazie all’arrivo di terapie innovative, come CAR-T e anticorpi bispecifici, si riescono ora a curare (forse persino guarire) adulti e bambini con certi tipi di tumore del sangue che non lasciavano scampo fino al 2015. «Esistono oltre 100 sottotipi diversi di neoplasie ematologiche appartenenti a tre grandi macro-gruppi: leucemie, linfomi e mielomi, che possono manifestarsi in forma acuta (più grave e aggressiva) o cronica — ricorda Paolo Corradini, presidente Sie —. Il mondo dell’ematologia è cambiato profondamente nell’ultimo biennio e la ricerca scientifica condotta nel nostro Paese apre nuove strade per migliaia di malati ai quali prima non potevamo dare risposte».

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CAR-T efficaci, sicure e ben tollerate

La CAR-T therapy utilizza particolari globuli bianchi, i linfociti T, «potenziati» per attivare il sistema immunitario contro le cellule tumorali: i linfociti T del paziente vengono prelevati e poi modificati geneticamente in laboratorio per renderli capaci, una volta re-infusi nel circolo sanguigno, di riconoscere le cellule tumorali ed eliminarle, attivando la risposta immunitaria. Sono due le CAR-T oggi approvate e rimborsate, già disponibili per i malati in Italia, per chi non ha risposto o ha avuto ricadute dopo aver ricevuto le cure standard: axicabtagene ciloleucel per adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B e con linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B; tisagenlecleucel per la leucemia linfoblastica acuta a cellule B nei pazienti pediatrici e fino ai 25 anni di età e per il linfoma diffuso a grandi cellule B negli adulti. «L’esperienza ha dimostrato che le CAR-T sono efficaci, sicure e ben tollerate — spiega Corradini —: oggi la mortalità dei pazienti è stabile a meno del 3% e meno del 5% dei nostri malati va in terapia intensiva dopo aver ricevuto il trattamento. E la ricerca va avanti, testando queste terapie su altre neoplasie ematologiche Aspettiamo poi, per il prossimo anno, l’arrivo di una terza CAR-T». Per esempio, uno studio tutto italiano su 190 pazienti con linfoma non Hodgkin aggressivo ha evidenziato che il 40% guarisce grazie alla terapia cellulare con CAR-T. Un risultato ottenuto con una singola infusione, quindi senza necessità di terapia di mantenimento, in persone prive di ogni alternativa terapeutica.

Allo studio per diversi tipi di tumori

«Le CAR-T sono ora arrivate a una fase avanzata di sperimentazione per chi soffre di linfoma mantellare, leucemia linfatica cronica e mieloma — prosegue Pier Luigi Zinzani, presidente della Commissione attività formative della Sie —. E si studiano anche per i linfomi di Hodgikin e per la leucemia linfoblastica acuta. Là dove abbiamo visto che funzionano, poi, stiamo verificando cosa succede quando le somministriamo prima, in una fase precedente della malattia, senza aspettare che il paziente abbia già fallito tutte le altre cure. Il principio guida è capire se otteniamo un numero maggiore di successi: più il paziente è pretrattato, maggiore risulta per lui la tossicità di una nuova linea di terapia». Per il mieloma, per esempio nello studio KarMMa (condotto su 128 pazienti pesantemente pretrattati) il tasso di risposta globale ha raggiunto il 73% e la sopravvivenza media ha superato i due anni in  pazienti privi di alternative di cura per i quali, prima dell’arrivo delle CAR-T, l’aspettativa media di vita era compresa fra 6 e 9 mesi.

Anticorpi bispecifici

La nuova frontiera dell’immunoterapia è costituita anche dagli anticorpi bispecifici, che stanno rivoluzionando la cura della leucemia linfoblastica acuta, tumore raro dei linfociti, che causa ogni anno quasi 800 nuove diagnosi nel nostro Paese. «È però il più frequente in età pediatrica: rappresenta l’80% delle leucemie e circa il 25% di tutti i tumori negli under 14 — chiarisce Zinzani —. L’incidenza raggiunge il picco tra i 2 e i 5 anni e poi cala con l’aumentare dell’età. Due studi italiani possono cambiare la storia della malattia. Nel primo, su 149 pazienti, grazie alla combinazione della sequenza costituita dalla chemioterapia con un anticorpo bispecifico, è stata evidenziata una risposta completa del 90% e la remissione molecolare è passata dal 73% al 96% dopo l’aggiunta dell’anticorpo. Quest’ultimo parametro indica l’impossibilità di visualizzare una minima quantità di cellule malate con un test molecolare. Il secondo studio — prosegue l’esperto — dimostra che è possibile trattare la malattia senza la chemioterapia, combinando una terapia mirata con l’anticorpo bispecifico. La remissione è stata ottenuta nel 98% dei casi». L’anticorpo bispecifico è alla base di un nuovo principio di cura, una forma innovativa di immunoterapia: crea una sorta di ponte tra due proteine diverse, il recettore espresso sulla superficie delle cellule T e quello sulla superficie delle cellule B. In questo modo il sistema immunitario viene stimolato a riconoscere le cellule tumorali e a combatterle.

Fonte: Corriere della Sera

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