Vaccino di Oxford: niente da fare per la versione spray nasale

Articolo del 18 Ottobre 2022

Deludono i primi test sull’uomo della versione intranasale del vaccino di Oxford e AstraZeneca: gli anticorpi anticovid sollecitati sono troppo pochi.

Chi sperava di avere presto a disposizione, anche nel Vecchio Continente, una formula spray dei più comuni vaccini anti-covid dovrà aspettare. I test clinici sulla versione intranasale del vaccino di Oxford e AstraZeneca hanno subìto una brusca battuta d’arresto dovuta alla scarsa efficacia di questa modalità di somministrazione nell’uomo. Le basse performance del preparato nello scatenare una risposta immunitaria costringeranno a rivedere formulazione e dosaggi o a puntare su strumenti più avanzati di una semplice pompetta per far arrivare il vaccino nelle vie respiratorie profonde.

ARGINARE L’INFEZIONE SUL NASCERE

Anche se i vaccini anti-covid attualmente disponibili (incluso il vaccino di Oxford) sono estremamente efficaci nel prevenire la malattia grave, il ricovero e il decesso, non lo sono altrettanto nel bloccare il semplice contagio. Per questo dall’inizio della pandemia si guarda con interesse ai vaccini intranasali, più facili da somministrare anche senza assistenza medica e potenzialmente in grado di bloccare la trasmissione del virus, perché agiscono proprio nel punto in cui il SARS-CoV-2 attacca l’organismo, prima che il patogeno possa diffondersi. La strada per svilupparli non è però priva di intoppi.

POCHI ANTICORPI

Gli scienziati dell’Oxford’s Jenner Institute hanno testato l’efficacia del vaccino ChAdOx1 (il vaccino di Oxford-AstraZeneca) ridotto in spray su una trentina di volontari ancora non vaccinati. Altre 12 persone l’hanno ricevuto come booster. Questo trial di fase 1 non ha evidenziato problemi di sicurezza: il vaccino è stato ben accettato senza effetti collaterali. Ha però prodotto una risposta immunitaria «debole e inconsistente, insufficiente – scrivono i ricercatori sulla rivista scientifica eBioMedicine – a garantire un futuro sviluppo dell’attuale combinazione formula per device». Significa che, così com’è, non funziona e che occorre intervenire o sulla formulazione stessa del vaccino o sul modo in cui lo si somministra.

INSUCCESSO ANCHE NEL NASO

Il team ha misurato gli anticorpi mucosali (cioè nel tratto respiratorio) e sistemici (nella circolazione sanguigna: quelli normalmente indotti dai vaccini iniettabili). Un singolo “puff” di vaccino intranasale ha avuto scarsa efficacia anche nella produzione dei primi; dopo due spruzzate invece, una manciata di volontari presentava anticorpi mucosali, ma a livelli di poco superiori a quelli sollecitati da una normale infezione da SARS-CoV-2. Quanto agli anticorpi sistemici, ad appena un mese dal vaccino spray sono stati rilevati in pochi volontari, e in quantità decisamente inferiori a quelle scatenate dallo stesso vaccino per iniezione.

CHE COSA È ANDATO STORTO?

Un problema potrebbe derivare dal fatto che le goccioline spruzzate finiscono più che altro in bocca e da lì nello stomaco, dove si degradano velocemente.

Bisognerebbe allora riformulare il vaccino o rivedere il dosaggio in modo che si fermi preferibilmente nelle vie respiratorie, dove gli si chiede di agire. Un’altra strategia potrebbe essere cambiare gli strumenti di “consegna” del vaccino, e provare a somministrarlo con un nebulizzatore che lo faccia arrivare nelle vie respiratorie profonde, direttamente nei polmoni. In un certo senso, quindi, il trial è stato utile, perché ha fornito indicazioni su come proseguire.

I CONCORRENTI NEL MONDO

Di recente sono stati approvati per l’uso due vaccini anti-covid intranasali. La Cina somministra il booster del vaccino CanSino con un nebulizzatore che trasforma la versione liquida iniettabile in una nebbiolina da respirare. Mentre l’azienda farmaceutica indiana Bharat Biotech di Hyderabad ha sviluppato un vaccino intranasale da consegnare in gocce in due fasi.

 

Fonte: Focus

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